Sulle vicende legate al Coronavirus per evitare inutili allarmismi senza però perdere di vista le prescrizioni mediche il dottore gastroenterologo materano Nicola D’Imperio, già primario all’ospedale Maggiore di Bologna dal 2001 al 2014, ha inviato alla nostra redazione una nota che contiene alcuni suggerimenti sulla vicenda sanitaria che sta creando il panico anche nella popolazione italiana. Di seguito la nota integrale.
Scrivo queste note perché ho già vissuto, nel 2003, il periodo della SARS che era causata anch’essa da un Corona virus con manifestazioni cliniche molto simili all’ultimo ceppo individuato attualmente, il CoV-2. Questo virus è stato scoperto già negli anni sessanta, in relazione al raffreddore comune, negli ultimi anni le manifestazioni cliniche sono state, oltre ai sintomi respiratori, anche le polmoniti. Questi tipi di virus sono ormai da tempo presenti da noi, cambianoin piccoli particolari ma hanno una storia e un’aggressività molto comune e simile a quelli dei virus influenzali. Nel 2003, al periodo della SARS, ero primario presso l’ospedale Maggiore di Bologna, il più grande ospedale dell’Emilia Romagna dedicato alle urgenze. I numeri degli infetti e dei decessi allora in Cina erano di gran lunga inferiori agli attuali, ma sapevamo bene che erano sottodimensionati, nonostante tutto ci riunimmo immediatamente per organizzare una prevenzione valida e un arginamento dei casi clinici manifesti. Fu quindi costituita una task force formata da tutti i medici, infermieri e tecnici responsabili dei settori sensibili, a cui partecipò anche il sindaco, che è il primo responsabile della sanità cittadina, e alcuni amministratori della città e della Regione, a cui noi sanitari presentammo un piano particolareggiato di prevenzione e contenimento dell’infezione. Oltre a seguire le indicazioni nazionali furono individuati i provvedimenti da mettere in atto localmente di cui elenco solo le principali:
– la definizione esatta del percorso da seguire in caso di sospetta SARS, sia a domicilio che in ambiente ospedaliero.
– la definizione esatta del percorso da seguire in caso di diagnosi accertata
– la stesura immediata di procedure diagnostico-terapeutiche specifiche per il virus della SARS
– la stretta collaborazione con l’osservatorio sanitario regionale e con quello comunale per arginare sia i casi conclamati che quelli sospetti.
– si individuarono nelle strutture sanitarie cittadine tutte le camere a pressione negativa capaci di ospitare i possibili pazienti.
– si dotarono tutti gli operatori sanitari di mascherine M3, capaci di bloccare l’ingresso del virus nelle vie respiratorie e al personale di tutti i reparti sensibili furono fornite tute ad isolamento completo.
– si approntò nel giro di 24 ore un manuale con le informazioni sull’infezione e con le regole igieniche, a disposizione degli operatori sanitari e dei cittadini.
– si suggerì agli amministratori pubblici di evitare ogni forma di discriminazione ed isolamento se non strettamente indispensabile per individui provenienti da aree infette.
Ed altre ancora su cui non mi dilungo.
Insomma eravamo già pronti, avevamo già un piano ben preciso per affrontare il problema se questo si fosse presentato. A luglio del 2003 l’infezione del coronavirus della SARS fu dichiarata conclusa e con esso anche il programma della taske force.
Ritengo utile suggerire a tutti di evitare inutili allarmismi per qualcosa che è poco più di un’epidemia influenzale, ma a condizione che gli organi sanitari ed amministrativi locali si muovano nella maniera più corretta, scientifica e razionale possibile, che abbiano un piano già ben definito nei dettagli in caso di necessità e che vengano messi in disparte gli opportunisti e gli “untori”.