Nelle ultime 24 ore in Italia si sono registrati 42.976 nuovi casi e 161 decessi. Ieri c’erano stati 45.621 contagi e 171 vittime. Il tasso di positività in leggero calo: dal 17,8% al 17,7%. In diminuzione i ricoveri: quelli ordinari sono 9.734 (-272), quelli in terapia intensiva 362 (-34).
Gli italiani positivi sono attualmente 1.175.294, ovvero 26.149 in meno rispetto a ieri. In totale sono 21.213.559 i contagiati dall’inizio della pandemia, mentre i morti salgono a 172.729.
Il maggior numero di casi si è registrato in Lombardia (5.369), Veneto (4.960), Campania (3.650), Lazio (3.561) ed Emilia Romagna (3.530).
Agenas, l’occupazione dei reparti è al 16%, in calo in 13 regioni
Resta stabile al 16% la percentuale di posti occupati per Covid nei reparti ordinari (un anno fa era al 4%), ma cala in 13 regioni o province autonome: Abruzzo (al 20%), Basilicata (19%), Calabria (31%), Campania (15%), Emilia Romagna (18%), Lazio (16%), Liguria (27%), Marche (19%), provincia autonoma di Bolzano (11%), provincia autonoma di Trento (14%), Toscana (13%), Umbria (37%), Valle d’Aosta (24%). A livello nazionale è stabile al 4% anche la percentuale di terapie intensive occupate da pazienti Covid (un anno fa era al 3%). E’ la rilevazione dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas) sui dati del 3 agosto.
Cartabellotta (Gimbe): 1.165 morti in una settimana con Omicron 5
In 7 giorni, fra il 27 luglio e il 2 agosto, i morti per Covid in Italia sono stati 1.165, in aumento rispetto ai 7 giorni precedenti. E’ il dato contenuto in un grafico diffuso via Twitter dal presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, che commenta: “Effetti dell’ondata Omicron 5 sui decessi”, postando l’immagine che mostra una crescita che va avanti da 6 settimane. Il grafico indica infatti come tra il 15 e il 21 giugno i morti Covid fossero in calo rispetto alla settimana precedente (337 contro 416). La settimana dopo è iniziata la risalita dei numeri, prima più lenta (dai 392 del 22-28 giugno ai 464 della settimana dopo) e poi più veloce, passando da 692 decessi conteggiati il 6-12 luglio a 1.019 nel giro di 2 settimane (quest’ultimo dato è del 20-26 luglio), fino all’ultimo bilancio settimanale di 1.165 morti.
Andreoni: “Con una nuova ondata dovremmo rimettere le mascherine”
“Se a settembre-ottobre dovesse esserci una nuova ondata Covid dovremmo essere pronti al ritorno di misure di contenimento e anche dell’obbligo della mascherina, anche a scuola e al chiuso” sostiene Massimo Andreoni, primario di infettivologia al Policlinico Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali (Simit).
“E’ chiaro che nell’attuale situazione epidemiologica non mi sembra il caso di mettere in atto misure restrittive. Ma il virus circola molto, la possibilità che arrivino altre varianti è elevata e i decessi sono ancora tanti. Ecco che dobbiamo farci trovare preparati quando, con il cambio del clima, il virus troverà una situazione ambientale più favorevole con il ritorno delle vita sociale al chiuso. Oltre a mantenere una attività di sequenziamento del virus sarà necessario nel caso di una impennata della curva adottare in tempi stretti anche le misure che fino a qualche mese fa abbiamo sopportato per il bene delle comunità”.
Bassetti: “Il Covid diventerà una delle tante cause di morte, tra 8° e 10° posto”
“In prospettiva Il Covid è destinato a diventare una delle molte altre cause di morte, posizionandosi tra l’ottavo e il decimo posto”. Lo sottolinea in un post su Instagram Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, commentando uno studio dei Cdc americani “che dimostra come la mortalità per Covid negli Usa è stata importante negli anni 2020-21, raggiungendo la terza causa di morte dopo le malattie cardiovascolari e i tumori. Balza agli occhi però – prosegue Bassetti – che la mortalità per altre malattie respiratorie (che normalmente sono tra il terzo e il quarto posto) sia stata incredibilmente bassa nello stesso periodo. Come se – osserva – nel biennio 2020-21, il Covid avesse sostituito da solo il ruolo di tutte le malattie respiratorie che probabilmente non sono più state adeguatamente diagnosticate”.
I rischi per il cuore restano alti per mesi, dopo la guarigione
Il rischio di problemi cardiovascolari, come un infarto o un ictus, rimane elevato anche molti mesi dopo l’infezione da Sars-CoV-2. A dirlo sono diversi studi e ora i ricercatori stanno iniziando a definire la frequenza di questi problemi. Su Nature compare una rassegna dei principali studi attualmente disponibili sul tema.
Uno degli sforzi più ampi per caratterizzare ciò che accade al cuore e al sistema circolatorio dopo la fase acuta del Covid-19 è l’analisi di Ziyad Al-Aly, epidemiologo della Washington University di St.
Louis, Missouri e dai suoi colleghi. I ricercatori hanno confrontato più di 150 mila veterani che si erano ripresi da Covid-19 acuto con i loro coetanei non infetti, nonchè con un gruppo di controllo pre-pandemia.
I ricercatori hanno scoperto che le persone che avevano avuto la malattia hanno affrontato rischi sostanzialmente maggiori per 20 condizioni cardiovascolari nell’anno successivo all’infezione con il Sars-CoV-2. I ricercatori affermano che queste complicazioni possono verificarsi anche in persone che sembrano essersi completamente riprese da una lieve infezione.