I Segretari Generali di Cgil, Cisl e Uil Basilicata, Summa, Gambardella e Tortorelli hanno inviato una lettera aperta al go vernatore Bardi, all’assessore regionale alla Salute, Rocco Leone e al responsabile della Task Force regionale, Ernesto Esposito “per far ripartire con estrema urgenza i servizi socio-assistenziali e socio-educativi interrotti nella prima fase dell’emergenza covid19”. Di seguito la nota integrale.
Occorre far ripartire con estrema urgenza i servizi socio-assistenziali e socio-educativi interrotti nella prima fase dell’emergenza covid19.
Le famiglie più fragili e in difficoltà in queste hanno subito un duro contraccolpo, vedendosi abbandonate a se stesse, e gli stessi lavoratori operanti nel privato sociale sono stati lasciati a casa. Il comma 1 dell’art. 47 del Cura Italia stabilisce che sull’intero territorio nazionale, allo scopo di contrastare e contenere il diffondersi del virus e tenuto conto della difficoltà di far rispettare le regole di distanziamento sociale nei Centri semiresidenziali a carattere socioassistenziale, socio-educativo, polifunzionale, sociooccupazionale, sanitario e socio-sanitario per persone con disabilità, l’attività è sospesa. Tuttavia il comma 2 precisa che l’Azienda sanitaria locale può, d’accordo con gli enti gestori dei centri diurni socio-sanitari e sanitari, attivare interventi non differibili in favore delle persone con disabilità ad alta necessità di sostegno sanitario.
La sospensione, pertanto, non ha mai significato fermare “tout court”, come è stato fatto, i servizi ma, come specificato nel successivo art. 48 del decreto, si dovessero “variare” le modalità di erogazione degli stessi, utilizzando il personale già impiegat. Ovvero: poiché non erano possibili le modalità “tradizionali”, bisognava fare uno sforzo progettuale per ridefinire le prestazioni da erogare agli utenti.
Con l’inizio della fase 2 e l’allentamento del lockdown diventa più che mai indispensabile procedere celermente alla predisposizione e sottoscrizione di un protocollo di intesa tra Regione, comuni capofila nell’ambito socio assistenziale, organizzazioni datoriali e organizzazioni sindacali al fine di facilitare a livello territoriale l’attuazione delle disposizioni di cui al citato articolo 48, creando le condizioni per dare risposte urgenti ai bisogni delle famiglie degli anziani, dei disabili e delle persone in difficoltà e salvaguardare al contempo la continuità lavorativa e retributiva degli operatori di tali servizi.
Bisogna far ripartire con immediatezza i servizi di assistenza domiciliare e implementarli.
Bisogna riattivare i servizi sad che hanno l’obiettivo di aiutare la persona nel disbrigo delle attività quotidiane sollevando in parte la famiglia dal carico assistenziale e i servizi adi, che permettono ai pazienti un’assistenza a casa con programmi personalizzati al fine di evitare, ove possibile, il ricovero ospedaliero. E’ necessario superare l’attuale visione ospedalocentrica in favore di un rafforzamento della rete territoriale che ci faccia affrontare in maniera migliore la sfida della cronicità, liberando i nosocomi di quel carico accessorio che, spesso in modo inappropriato, ne impegna le strutture in un’attività a prevalente vocazione ambulatoriale. In quest’ottica l’assistenza domiciliare ha un ruolo prioritario.
Ovviamente basilare è la sicurezza dei lavoratori cui vanno forniti congrui e adeguati dispositivi di protezione individuale, che al contempo servono a tutelare la sicurezza degli stessi pazienti, rientranti in una fascia di popolazione fragile considerata più a rischio di altre in questa pandemia di sarscov2.
E’ imprescindibile che la Regione Basilicata attivi il confronto con le organizzazioni sindacali e datoriali ed emani delle linee guida ai comuni capofila, perché la gestione dei servizi alla persona non può essere lasciata ai singoli territori, creando disuguaglianze tra i fruitori del servizio e di riflesso tra i lavoratori, minando ancor più la tenuta dei livelli essenziali di assistenza e del welfare locale.
Occorre invece ricostruire un sistema di welfare e di convivenza sociale fondato sul diritto a vivere in modo autonomo e libero, possibilmente a casa propria, e comunque contrastando le tendenze ad istituzionalizzare in strutture le persone anziane e disabili. La drammatica emergenza in atto ha dimostrato che, al di là delle intenzioni e dell’impegno dei singoli operatori, occorre ripensare e superare le forme di “residenzialità pesante” a favore di nuove forme di assistenza domiciliare e di welfare di comunità.