Il Direttore Generale dell’ASM Pietro Quinto ha inviato una nota in cui replica al Tribunale dei Diritti e dei Doveri del Medico rispetto ai criteri di scelta dei responsabili di struttura semplice dipartimentale. Di seguito la nota integrale.
Quinto: la ASM applica criteri di “totale meritocrazia” senza alcuna
discrezionalità. Di seguito la nota integrale.
Ci si augura per l’ultima volta, questa Azienda è costretta a dare riscontro alla pervicace convinzione del Tribunale dei Diritti e dei Doveri del Medico in ordine ai criteri di scelta dei responsabili di struttura semplice dipartimentale. Purché, però, stavolta si prenda buona nota di ciò che la Asm chiarisce.
Ribadito che chiunque, e più ancora il TDMe, ha la totale libertà di dire e di scrivere più e più volte su ogni tema come sullo stesso argomento di cui discutiamo, nonostante chiare, circostanziate risposte già ottenute in merito (e puntualmente obliterate), è bene rimarcare quanto segue:
– si è già detto che il Direttore Generale della Asm non intende esercitare alcuna discrezionalità nell’affidamento degli incarichi, anche quelli di struttura semplice dipartimentale. Da quando l’attuale Direzione ha assunto le redini dell’Asm, la stella polare è stata la “discrezionalità zero”. E’ avvenuto per le strutture semplici, per le strutture dipartimentali, per le Posizioni Organizzative e per i Direttori di Dipartimento. E così avverrà anche per i coordinamenti. Nessun incarico, nemmeno il più basso della scala gerarchica, è o sarà attribuito intuitu personae dal Direttore Generale, perché tutto viene stabilito da commissioni indipendenti.
Per le strutture dipartimentali, le Commissioni sono composte da componenti sorteggiati in seduta pubblica da elenchi altrettanto pubblici predisposti dal Ministero della Salute. E’ davvero impossibile fare di più.
L’errore di fondo che compie il TdMe, dovuto, appare chiaro, a superficiale buona fede nella lettura della norma, è di ritenere che il comma 7 quater dell’art. 15 del D.Lgs. 502/1992 (introdotto dalla c.d. legge Balduzzi) abbia assegnato al Direttore Generale il potere di scegliersi su proposta del Direttore di Dipartimento, chiunque egli ritenga.
Infatti, nella lettera che si riscontra, ripete a piè pari la stessa domanda: perché nella nomina dei responsabili di struttura semplice dipartimentale non si è applicato il famigerato comma 7 quater, ergo perché le nomine nella Asm non sono state fatte -sic et simpliciter- con una bella
proposta del Direttore di Dipartimento e successiva ratifica notarile del Direttore Generale? O, al contrario, perché non farsi proporre formalmente una nomina dal Direttore di Dipartimento, salva a scegliersela prima personalmente?
Perché non v’è nulla di più errato. Si è già detto nelle due precedenti risposte -evidentemente ignorate o non adeguamente comprese- che la norma citata dal Tdme, il famigerato comma 7 quater, non è una monade dell’ordinamento sanitario, poiché va letto insieme all’articolo dov’è stato inserito, cioè l’articolo 15, il quale dice in modo chiaro al comma 1 che “…in sede di contrattazione collettiva…sono previsti…criteri generali per …l’assegnazione…degli incarichi dirigenziali…”. E l’articolo 52 e s.m.i. del CCNL 1994/1997 dei medici aggiunge, giustamente, che “…le aziende ed enti formulano in via preventiva i criteri per l’affidamento e
revoca degli incarichi dirigenziali…”
Chiaro?
Senza che appaia insultante, è bene ricordare che il comma 7 dell’articolo 15 non introduce una previsione sui iuris, ma va letto in modo sistemico col comma 1. Che dice, chiaramente, che tutti gli incarichi dirigenziali si danno in base ai criteri stabiliti dalla contrattazione collettiva.
L’affermazione del Tdme secondo cui il decreto Balduzzi avrebbe superato anche le norme del CCNL 8.6.2000 è, spiace dirlo, errata. Perché altrimenti non si comprende cosa voglia dire il vigente comma 1 dell’articolo 15, proprio quello dov’è stato inserito il rutilante comma 7 quater, quando parla di criteri stabiliti dalla contrattazione collettiva, che a sua volta
rimanda a quella integrativa.
La stessa domanda che il Tdme pone e cioè perché il Direttore Generale non nomini direttamente i responsabili di struttura semplice sulla base della proposta del Direttore di Dipartimento tradisce -spiace rilevarlo- una visione del tutto sbagliata e superata.
Ecco perché: senza i preventivi criteri stabiliti dalla Asm in contrattazione, chi il Direttore Generale dovrebbe nominare? Ovvero, chi dovrebbe proporre il Direttore di Dipartimento?
Il medico più anziano, quello più giovane, quello che gli sta più a genio? Di qui l’insostenibilità di una posizione che si limita a ripetere meccanimamente solo una parte dell’articolo 15, obliterando il suo primo comma, che rinvia a sua volta ai contratti collettivi. Ecco perché è
sbagliato dire, come fa il Tdme, che la legge Balduzzi ha superato i contratti collettivi. E’ vero il contrario.
COSA HA FATTO LA ASM
L’Azienda, attuando gli standard regionali sulle strutture organizzative aziendali e dando esecuzione proprio all’articolo 15 del D.Lgs. n. 502/1992,
ha
1) previsto sin dall’Atto Aziendale che il criterio di scelta dei responsabili di struttura semplice sarebbe stata una procedura analoga per quanto possibile a quella di struttura complessa. Alla individuazione del candidato migliore provvede una commissione di esterni sorteggiati in seduta pubblica con il Direttore Sanitario ed il Direttore di Dipartimento. Che in
sede di valutazione dei candidati ha sì, in modo oggettivo, la possibilità di individuare e proporre al Direttore Generale il candidato alla nomina di responsabile (o deve proporre il più simpatico?).
L’atto formale di conferimento dell’incarico è, naturalmente, adottato dal Direttore Generale. E’ già avvenuto per decine di incarichi già conferiti. Tutti previo espletamento di avviso interno pubblico.
2) sottoposto al tavolo sindacale l’Atto Aziendale. Poi formalmente approvato senza rilievi dalla Regione Basilicata.
3) previsto nella bozza di regolamento di graduazione delle funzioni dirigenziali le modalità di nomina di responsabili di S.S.D.
4) sottoposto la bozza al tavolo sindacale, che l’ha approvato.
Né sono arrivati ricorsi, gravami o impugnative di sorta, né all’Atto Aziendale né agli avvisi interni.
Il sospetto è che, con ogni evidenza, la stragrande maggioranza dei dirigenti, oltre i sindacati e la Regione Basilicata (ci si scusa se è poco), ha apprezzato il cambio di passo, sottolineato dalla volontà caparbia dell’Azienda di stabilire ex ante i criteri (come del resto dice proprio la
legge citata dal Tdme), affidando ad esperti, in primis Direttore di Dipartimento e Direttore Sanitario, di valutare chi ha le carte in regola per aspirare legittimamente all’incarico.
Sia detto senz’offesa, ma ritiene questa Direzione che per la prima volta a vincere, oltre al merito, sia la libertà delle persone. Ovvero, nessun dirigente, si ripete, nessuno, doveva o deve “sperare” o “auspicare” o “ingraziare” la benevolenza di alcuno. Né interna né esterna.
Gli anni di servizio, i corsi e i master frequentati, le pubblicazioni su giornali e riviste scientifiche ed un colloquio pubblico (si ripete, pubblico), ha dato al più bravo la possibilità -scrutinata dal Direttore di Dipartimento- di approdare alla nomina. Deliberata dal Direttore Generale. In modo oggettivo, trasparente.
Analizziamo ora la prova contraria: ovvero, cosa sarebbe accaduto se, come chiede il Tdme, si fosse chiesto al Direttore di Dipartimento: “chi nominare?”. Semplice: i “fortunati” 50 responsabili di S.S.D. avrebbero esultato, gli altri 450 dirigenti aziendali rimasti al palo, avrebbero gridato al solito modus operandi. E’ forse stato imprudente ricorrere a
questo tipo di selezione? Meglio la più opaca proposta e successiva nomina?
Ad oggi, si ripete, parrebbe proprio di no. E decine di persone fra rappresentanti sindacali, dirigenti regionali, l’esecutivo regionale, hanno ritenuto che questa piccola rivoluzione fosse un toccasana per la Sanità lucana.
Ecco perché la posizione del Tdme è e sbagliata e, sia detto senza offesa, francamente insostenibile.
E mette in sincero imbarazzo questa Azienda poiché costringe – per la terzavolta, dicasi tre- a spiegare il perché di un operare cristallino e meritocratico.
Fermo restando che questa come altre associazioni o singoli, potranno ripetere le stesse cose all’infinito, come è giusto sia.
Col diritto di questa Azienda a socraticamente soprassedere per il futuro, se non per tutelare il buon nome e l’immagine aziendali.
Il Direttore Generale Dott. Pietro Quinto