Il Direttore dell’Asp D’Angola ha tracciato il bilancio degli ultimi due anni durante la presentazione dei versi di Tina Garreffi. Di seguito la nota integrale.
“Un’analisi della pandemia non dal punto di vista meramente tecnico, ma intimistico, personalistico ed umano che ha toccato tutti noi, a prescindere dal lavoro svolto, e che ha avuto ricadute importanti giungendo a modificare lo stile di vita e cambiando psicologicamente il modo di approcciarsi non solo con le persone ma anche con gli eventi”.
E’ questa la lettura che il Direttore Generale Facente Funzione della Asp Basilicata Luigi D’Angola ha dato della pandemia da Covid 19 che dal 23 gennaio 2020 ai tempi recenti ha modificato la quotidianità della collettività. Un’analisi accurata che è venuta fuori nel corso della presentazione de “I versi di una pandemia” della dipendente Asp di Potenza Tina Garreffi che ha voluto “conservare nella memoria” gli eventi che, partiti da Wuhan, hanno interessato e coinvolto il mondo intero.
D’Angola, nominato alla Direzione Sanitaria della Asl potentina pochissimo tempo prima degli eventi pandemici, ha ricordato “la dimensione surreale che soprattutto nella prima fase dell’ondata del virus ha modificato abitudini, stili di vita, ha tagliato i contatti umani e ci ha costretti a vivere nella solitudine osservando inermi il cambiamento brusco della natura delle cose”.
Il Direttore Generale e Direttore Sanitario ha ricordato come anche chi opera in sanità abbia vissuto l’inizio della pandemia “con lo stesso stato d’animo di ogni cittadino: con preoccupazione, con incertezza, ma con la determinazione e la consapevolezza di dover esserci per gli altri pur sapendo che tutto si sarebbe modificato e che non saremmo stati più quelli di prima”.
Un pensiero D’Angola lo ha dedicato a chi non c’è più, a chi per causa del Covid è deceduto in solitudine, lontano dagli affetti: “Qualche errore lo abbiamo commesso, non per inerzia, ma perché non eravamo adeguati ad affrontare un sistema imposto da qualcosa che nessuno poteva immaginare e che non si conosceva”. Poi ha ricordato i risvolti psicologici che la pandemia ha causato: “i giovani in particolare, si sono ritrovati
soli, impossibilitati a condividere attimi goliardici con gli amici, impossibilitati a stringersi le mani, ad abbracciarsi, a rinunciare a momenti di socialità fondamentali per la crescita. Una rinuncia irrecuperabile dettata dai sacrifici a cui siamo stati chiamati tutti”. Nel ripercorrere le tappe della pandemia, il Direttore ha ricordato “l’importanza della rete dei Sindaci che si è costituita quasi spontaneamente e che è stata fondamentale per affrontare un nemico di questa portata supportando il lavoro dell’Asp e creando una sinergia tale da unire le istituzioni alla collettività che chiedeva aiuto e che aveva bisogno di risposte”. Catapultati in un contesto che nessuno immaginava, gli operatori sanitari hanno vissuto una condizione drammatica che dovevano affrontare con determinazione pur se mancavano le risorse: “eravamo strutturati per non poter fare nulla- ha detto D’Angola. Avevamo le nostre mani nude ma dovevamo aiutare le persone. Pur se in modo scadente qualcuno oggi ci censura sui profili operativi, la verità è che siamo stati in grado di non perdere tempo”. Con grande spirito di squadra, condiviso anche con la precedente Direzione Strategica, a fine marzo 2020 la Asp si era strutturata creando le U.S.Co ma nell’immediatezza dell’esplosione del virus era costretta a lavorare con un team di appena quattro infermieri volontari che giravano su tutto il territorio di competenza dell’Azienda Sanitaria Locale. “Eravamo in emergenza, non avevamo presidi come guanti o mascherine eppure nessuno si è nascosto dietro l’indice. Tutti in guerra si sono rimboccati le maniche e si sono sporcati le mani senza distinzione di gradi. Quando si è in guerra, i Generali combattono come i Fanti. Così si sono posti tutti gli operatori sanitari a cui va la riconoscenza per il lavoro svolto e per aver continuato, nonostante le difficoltà, a gestire le emergenze-urgenze”.
Due anni di pandemia in cui le certezze granitiche che ognuno aveva “si sono rivelate solo mere illusioni chiuse nei nostri egoismi, nelle nostre visioni limitate delle cose e dei rapporti con persone. La pandemia ci ha insegnato a trarre spunto e ripensare in ogni istante alla nostra vita, al nostro modo di essere. E’ stata ed è un’occasione da non disperdere e da cogliere perché ci permette di rimettere i piedi per terra come uomini, a prescindere dai nostri ruoli tecnici e istituzionali. Il ricordo, lo strumento della memoria- ha concluso D’Angola- deve portare a custodire una situazione paradossale e non comune da cui trarre insegnamento e ritrovarci migliori di quanto già non lo fossimo prima, recuperando nelle relazioni con gli altri maggiore contenuto e valenza per riproporre una prospettiva di futuro”.