Antonio Flovilla, vice presidente nazionale FederANISAP e Roberto Cicchetti, presidente regionale ANISAP Basilicata in una nota congiunta chiedono impegni chiari a candidati e partiti in vista delle elezioni politiche del 4 marzo 2018. Di seguito la nota integrale.
Prima della composizione delle liste per le elezioni politiche del 4 marzo, “a bocce ferme”, prendendo spunto dal programma #salviamoSSN (Servizio Sanitario Nazionale) della Fondazione Gimbe, Fondazione che ha lo scopo di promuovere e realizzare attività di formazione e ricerca in ambito sanitario, vorremmo che i candidati di qualsiasi partito e qualsiasi coalizione assumano impegni precisi e soprattutto chiari per la sanità.
La fine della XVII legislatura, per la sanità, è stata caratterizzata da un insolito paradosso. Da un lato, un’intensa attività legislativa e programmatoria ha posto numerose pietre miliari: dal decreto sui nuovi Lea alla legge sulla responsabilità professionale, dal decreto sull’obbligo vaccinale all’albo nazionale per i direttori generali, dal patto per la sanità digitale ai fondi per i farmaci innovativi, dal Piano nazionale della Cronicità a quelli della Prevenzione e della Prevenzione vaccinale, dagli standard ospedalieri al decreto sui piani di rientro degli ospedali, dal biotestamento all’approvazione al fotofinish del Ddl Lorenzin. Dall’altro, la legislatura è trascorsa sotto il segno di un imponente definanziamento che, oltre a determinare una progressiva retrocessione rispetto ad altri Paesi europei, sta mettendo seriamente a rischio l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza, ma soprattutto testimonia uno scollamento tra le esigenze di finanza pubblica e la programmazione sanitaria. Inoltre, dopo la bocciatura del referendum costituzionale, nessun passo in avanti è stato fatto per migliorare la governance di 21 differenti sistemi sanitari, anzi si sono moltiplicate le richieste di maggiore autonomia da parte delle Regioni.
Per questo condividiamo l’invito della Fondazione Gimbe a tutte le forze politiche impegnate nelle imminenti consultazioni elettorali a mettere nero su bianco proposte convergenti per la sanità pubblica utili a tutte le forze politiche:
• mettere sempre la salute al centro di tutte le decisioni politiche;
• offrire ragionevoli certezze sulle risorse destinate alla sanità, mettendo fine alle periodiche revisioni al ribasso e rilanciando in maniera graduale e costante il finanziamento pubblico;
• avviare un piano nazionale di prevenzione e riduzione degli sprechi, per disinvestire e riallocare almeno 1 dei 2 euro sprecati ogni 10 spesi
• attuare un riordino legislativo della sanità integrativa
• potenziare le capacità di indirizzo e verifica del ministero della Salute sulle Regioni
• destinare almeno l’1% del fondo sanitario nazionale alla ricerca comparativa indipendente
La domanda che si pongono gli operatori della sanità pubblica, privata accreditata e gli utenti è: il sistema “universalistico” in Italia è ancora concretamente sostenibile? Il parere è unanime. La riforma costituzionale del 2001 non funziona più sulla Sanità e le asimmetrie, i conflitti, le incertezze sul territorio sono insostenibili. Una governance unitaria non esiste. Figuriamoci a livello regionale alle prese con i piani di riorganizzazione di Aziende Sanitarie ed ospedali. La progressiva contrazione delle risorse ha fatto sì che ogni Regione ha riorganizzato come poteva il proprio sistema chiudendo presidi, togliendo servizi, per presentare bilanci in ordine. E il meccanismo non ha funzionato. Lo dimostra un indicatore fra tutti: la mobilità sanitaria fra le Regioni, che vale qualcosa come 4 miliardi di euro. L’Italia è tagliata in due. alcuni attrattori d’eccellenza: Lombardia, Emilia Romagna e Veneto, dove ci si va a curare. E al sud soprattutto, tanti luoghi da cui è meglio “emigrare”.Per questo il riordino dei Sistemi Sanitari Regionali non si può limitare ad adeguare l’assetto strutturale ed organizzativo agli standard qualitativi e di sostenibilità economico-finanziaria, mediante interventi di promozione della produttività e dell’efficienza delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, al fine di garantire l’erogazione dei LEA, limitandosi nella sostanza a definire la governance senza interventi concreti sulle questioni aperte.
Orami il modello di cura lineare – il paziente si rivolge prima al medico di famiglia, poi allo specialista e se ne ha bisogno all’ospedale o casa di cura, ha fatto il suo tempo. Quello a cui bisogna pensare sono i percorsi di cura integrati che puntino a riabilitare il paziente e soprattutto a prevenire l’insorgere di altrepatologie.Perciò occorre ripensare il ruolo da assegnare al privato accreditato e lo spazio da riservare alla libera iniziativa. L’idea di una sua possibile integrazione a pieno titolo nel sistema pubblico di erogazione dei servizi e prestazioni sanitarie, di un suo possibile coinvolgimento nella riduzione delle liste di attesa e nella indiscussa capacità di agire sul territorio per sopperire alle tante carenze del sistema pubblico, deve essere assunta come principale nella riorganizzazione della medicina del territorio.Sullo sfondo per noi resta il ruolo centrale della sanità distrettuale protagonista della riforma in fieri e per dare la migliore assistenza al minor costo. Il distretto è fondamentale per garantire continuità di cure nel post ospedaliero, nel governare la zona di confine tra assistenza sanitaria e sostegno sociale, per definire percorsi omogenei di cura, organizzare le cure domiciliari, ridurre le diseguaglianze e assolvere agli impegni sui nuovi Lea. Noi riteniamo che un modello di sanità anche in Basilicata debba essere modificato. Il modello esistente non è più adeguato e non è stato attualizzato rispetto a un mondo che negli ultimi anni da un punto di vista socio economico si è radicalmente trasformato. Va pensato in tale contesto anche un modello di Sanità privata, che deve essere, come è sempre stato caratterizzato, dalle peculiarità del territorio e dalle dimensioni regionali. Non può essere allineato a realtà nazionali e metropolitane. La Sanità lucana è sempre stata definita “particolare” e lo deve restare anche nel modello di erogazione dei servizi. Oggi abbiamo una fortepresenza del pubblico certamente all’altezza da un punto di vista qualitativa ma non sufficientemente in grado di essere vicina ai bisogni di salute del cittadini. Per noi la soluzione è la “formula della medicina a 4 P”: partecipativa, personalizzata, preventiva, predittiva”.