Emergenza Coronavirus in Basilicata, La Basilicata Possibile: “Errare è umano, perseverare è diabolico”. Di seguito la nota integrale.
Fugare i dubbi circa la possibilità di infettarsi al San Carlo (per pazienti e operatori sanitari), dopo il caso recente dell’Ostetricia, sarebbe doveroso, non solo per tranquillizzare i cittadini ma anche per rendere finalmente comprensibili (e dunque credibili) le strategie di prevenzione e di tracciamento che le autorità sanitarie di questa regione e i responsabili delle sue strutture stanno (o intendono finalmente) adottare.
Se le informazioni che circolano insistentemente sulla stampa, nonostante le ripetute smentite, parlano di un focolaio interno – e non semplicemente introdotto dall’esterno – al San Carlo (dove una partoriente denuncia di essere entrata con tampone negativo e di essere uscita con il COVID), se i contagi in famiglia continuano a essere la norma, se, di nuovo, bisogna attendere giorni per ricevere un tampone pur sapendo di essere stati in contatto con un soggetto positivo, se perfino il medico di base ti consiglia di rivolgerti ai privati se vuoi avere una risposta tempestiva, forse bisognerà pur spiegare qualcosa ad una opinione pubblica sempre più sconcertata.
Esiste un piano di controllo sistematico, con ripetizione ciclica dei tamponi, a tutti gli operatori sanitari degli Ospedali delle Aziende Ospedaliere di Potenza e Matera a garanzia di utenti e operatori? Sono stati finalmente realizzati i percorsi sicuri che consentano agli Ospedali COVID di operare in sicurezza senza interrompere le altre fondamentali attività di assistenza e cura? Qual è la reale capacità giornaliera dei diversi laboratori del sistema pubblico di eseguire tamponi? Con quale tempestività di esecuzione e refertazione? Secondo quali priorità? Quanti sono i tamponi (negativi o positivi che siano) eseguiti giornalmente nei laboratori privati, con quali costi per le famiglie? Quali azioni sono state messe in campo per aumentare la capacità del sistema pubblico di rispondere tempestivamente alla crescente domanda di tamponi? Quali quelle per ridurre il costo per le famiglie dei tamponi eseguiti presso i privati? Chi e secondo quale metodo effettua i conteggi? Ricavandone quali indicazioni sulle cause dei contagi?
Questi interrogativi non sono oziosi e non servono a suscitare irresponsabilmente allarme: dalla risposta trasparente e aggiornata a tali quesiti dipende la possibilità di valutare se, e di quanto, è cresciuta in questi mesi la capacità del nostro SSR di tracciare, individuare, isolare i contagiati rispetto alla scorsa primavera e all’inverno che ci attende.
Se il raggiungimento del limite della capacità di accogliere delle terapie intensive non è più un’ipotesi così remota, perché non si sono ancora attrezzati i tendoni “da deserto” piazzati in prossimità degli ospedali? Cosa bisogna attendere perché ciò accada, chi lo deve fare?
Non bisogna essere dei virologi di fama per capire che riempire i mezzi pubblici (come quotidianamente avviene per il trasporto degli studenti e degli operai SATA), stipandoli all’inverosimile è quanto meno imprudente. Chi controlla che non si superino le soglie previste per decreto e che i luoghi di lavoro (tutti!) siano sicuri ed igienizzati al pari delle scuole?
L’impressione sgradevole che si fa strada negli ultimi giorni, a fronte dei dati sempre più allarmanti che hanno visto la Basilicata tra le regioni a maggiore incidenza relativa del contagio, è che dalla scorsa primavera poco sia cambiato nella gestione dell’emergenza e, soprattutto, poco abbiamo imparato. Continuano i ritardi nella esecuzione dei tamponi che rimangono evidentemente insufficienti con un evidente rinvio al privato per chi può permetterselo. Continuano i contagi in famiglia senza che siano state predisposte soluzioni alternative (in alberghi o strutture convenzionate per esempio) per i positivi che non possono (per la mancanza di spazi adeguati) isolarsi efficacemente in casa. Continuano i ritardi nell’affrontare problemi, largamente prevedibili con la ripresa delle attività produttive e delle scuole, come l’insufficienza dei trasporti pubblici che rischia di trascinare con sé la possibilità stessa di continuare a fare scuola in presenza con danni incalcolabili per chi la scuola l’ha già persa, chi non l’ha mai davvero iniziata, per coloro per i quali essa rappresenta l’unica occasione di crescita sociale oppure un tassello fondamentale per la conquista della vita autonoma.
Dovrebbe essere chiaro a tutti che, già nella passata stagione dell’emergenza, la mancanza di spazi e mezzi per poter seguire efficacemente almeno la didattica a distanza, la interruzione dei servizi di assistenza domiciliare o del supporto scolastico ai disabili, la mancanza stessa di servizi pubblici di trasporto sicuri, l’impossibilità di accedere a cure mediche gratuite, l’impossibilità di isolare i positivi in famiglie troppo affollate, hanno rappresentato elementi intollerabili di discriminazione sociale che non può in nessun caso, dopo mesi di tempo che avrebbero dovuto servire a farsi trovare pronti, riprodursi identica anche oggi. Avevamo, fin da fine Marzo, posto pubblicamente le nostre domande, segnalato disfunzioni, presentato proposte, ai responsabili della salvaguardia della salute dei cittadini di questa regione (Presidente e Giunta regionale, Task Force, etc.). Oggi come allora, a maggior ragione in presenza di una maggiore disponibilità di presidi medico-sanitari e del maggior tempo a disposizione per organizzarsi, non è più il tempo del racconto di una realtà che cozza ogni giorno con la esperienza diretta dei cittadini, non è più il tempo nel quale ci si possa distrarre davanti alle necessità degli operai e degli studenti, dei disabili, delle fasce più povere della popolazione che non possono più, ancora una volta, essere invitate a far da sé, perché da sé non ce la fanno.
Errare (soprattutto nell’emergenza) è umano, ma perseverare (nelle condizioni date), sarebbe imperdonabile più che diabolico.
La Basilicata Possibile