Dopo aver letto la nota dei consiglieri regionali di Basilicata, Carmela Carlucci del Movimento 5 Stelle e Giovanni Vizziello di Fratelli d’Italia, nella quale si accusa l’ospedale di Matera di non effettuare le interruzioni volontarie di gravidanza arrecando grave pregiudizio alla salute delle donne e dei loro diritti, Remo Cavicchini, presidente del Centro di Aiuto alla Vita di Matera, ha inviato alla nostra redazione le sue considerazioni in merito.
La questione aborto sollevata pubblicamente lamentando la quasi impossibilità di accedervi contrasta la statistica nazionale che indica come il numero dei non obiettori sia rimasta costante negli anni da 1607 a 1538 (2018) a fronte di un calo degli aborti da 234.000 a 76.328 del 2018 da cui si evince che se ogni non obiettore praticasse aborti nelle 44 settimane lavorative ne farebbe poco più di uno a settimana. La nostra Regione, vi ricordo, è ai primi posti nella graduatoria nazionale per il numero di aborti praticati. Uscendo dalla antilingua necessita dare senso semantico alla parola aborto: da abortus, derivato da “aboriri”, “perire”, composto di “ab” “via da” e “oriri” “nascere” che esprimono l’interruzione della gravidanza eliminando l’embrione, ovvero il bambino concepito, dall’utero materno. Eliminare è del tutto un eufemismo che nasconde la realtà della uccisione di una vita. E’ urgente, piuttosto, e coerente da parte Vostra impegnarvi, abbandonando le ideologie, perché la legge 194/78 sia applicata interamente, Art. 1 e Art. 2 comma “C” e comma “D”, offrendo concreto sostegno alle donne che vogliono abortire per le sole ragioni economiche. Penso sappiate che i Consultori e le strutture pubbliche preposte possono avvalersi di idonee associazioni di volontariato qualificato, a oggi del tutto ignorato o non letto nelle righe della legge.
Vi racconto un mio incontro. Una mattina ero alla diga S. Giuliano quando un pastore si avvicinò “Buon giorno a signorì, mi disse, sono Camillo e vedi, sto con le pecore al pascolo e JoJo, lu masculu, iev sus a Cenzina, iet iemp damore. Mo, penso, sach, se figlierà na pecura o nu masculo, moaggia aspettà solo u tempu suo”. L’uomo e la donna, invece, non sanno se il concepito è un bambino o una cosa.