La psichiatra bernaldese Liliana Dell’Osso, direttore della clinica psichiatrica dell’Università di Pisa e vicepresidente della Società Italiana di Psichiatria, l’unica lucana presente nella banca dati online con i profili di cento esperte nelle aree scientifiche, secondo il progetto “100 donne contro gli stereotipi aree scientifiche, ha fatto il suo ingresso fra le “Top Italian Women Scientists”. Il gruppo, promosso dell’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (Onda), riunisce 76 eccellenze al femminile, scienziate italiane impegnate nella ricerca biomedica, nelle scienze cliniche e nelle neuroscienze. La loro testimonianza di donne e ricercatrici è adesso in un e-book, edito sempre da Onda, e scaricabile gratuitamente dal sito dell’osservatorio. Nel volume emergono i profili di scienziate selezionate a partire dalla classifica dei Top Italian Scientists (TIS), un censimento degli scienziati italiani di maggior impatto in tutto il mondo. Donne di “impatto” quindi non solo perché attraverso il loro lavoro si sono conquistate una posizione di tutto rilievo in questa sorta di hit parade della scienza, ma anche perché il loro operare incide in modo fondamentale sulla società e sui progressi della conoscenza. Ecco una sintesi della sua storia.
E’ difficile tirare le fi la di una vita, di un percorso umano e professionale . Se guardo indietro, la prima immagine che ricordo di me stessa è quella di una bambina che, con le labbra serrate e l’espressione troppo seria, tornata a casa da scuola orgogliosa di un bel voto, riusciva a fatica durante il pranzo a strappare la parola ai fratelli maggiori – che non la cedevano facilmente a uno dei più piccoli, donna per giunta. Ricevevo in cambio non soltanto l’attenzione, ma soprattutto la stima e la credibilità dei genitori. Già allora sapevo che, per essere presa sul serio, avrei dovuto impegnarmi a fondo, senza risparmiarmi.
E così, quando diciottenne decisi di intraprendere gli studi di medicina – invece di quelli di lettere, considerati più indicati per le ragazze nel Sud in quegli anni ‘70 – ottenni il permesso di studiare a Pisa, anche grazie al prezioso sostegno dei miei fratelli . Sapevo che il trasferimento, gli studi universitari, sarebbero stati per me la prova del fuoco: mi trovavo in un ambiente nuovo, pieno di possibilità, ma anche molto competitivo . Io non mi sono fatta scoraggiare, e ho combattuto tenacemente per rendere il
futuro aderente alle mie aspettative . Così facendo ho scoperto che il mondo non era, in realtà, poi tanto diverso dalla tavola della mia infanzia: la gente mi avrebbe ascoltata .
Dopo la laurea (conseguita con il massimo dei voti e la dignità di stampa), ho avuto la fortuna di avere maestri e colleghi, come il Prof. Pietro Sarteschi, il Prof. Giovanni Battista Cassano, il Prof. Luciano Conti, che
mi hanno incoraggiata e guidata, fino al conseguimento della posizione di professore ordinario: grazie al loro sostegno, ho scoperto che, al di là della competizione serrata, della fatica, delle sfide e a volte delle delusioni, si nascondevano anche grandi gioie: esperienze professionali ed umane di immenso valore.
Oggi considero la Clinica Psichiatrica dell’Università di Pisa la mia seconda casa . E i miei collaboratori, i miei studenti e specializzandi, i miei maestri sono i membri di una grande famiglia, con cui condivido un universo di saperi, esperienze, idee, sogni.
Ho avuto la fortuna e l’onore di partecipare, da giovane ricercatrice, allo “Spectrum Project”: un progetto internazionale partito nel 1995 dalle Università di Pisa e Pittsburgh (che poi ha coinvolto la Columbia di New York e San Diego) basato su un modello dimensionale della psicopatologia inizialmente guardato con scetticismo ma che in seguito è stato accolto favorevolmente dalla comunità scientifica . Recentemente nel contesto di questo progetto ho validato il modello dello spettro autistico sottosoglia . Ogni anno, durante le Giornate Pisane di Psichiatria e Psicofarmacologia Clinica, presentiamo ai colleghi il lavoro che svolgiamo in clinica . Ma dopo tanti anni di ricerca, ho capito che non basta, come non basta pubblicare sulle riviste scientifiche: da accademici, siamo chiamati ad impegnarci anche nella divulgazione. Verso questo tentativo di divulgare un messaggio in modo comprensibile vanno anche i due libri di cui sono coautrice: L’altra Marilyn, edito da Le Lettere, e L’abisso negli occhi, edito da ETS, entrambi del 2017.