Stride che proprio nella ricorrenza del decimo anniversario del riconoscimento del Crob quale Istituto di ricerca a carattere scientifico non vengano tempestivamente riconfermate scelte strategiche che hanno consentito negli ultimi anni al Crob di assumere il ruolo di polo attrattivo a livello non solo regionale, ma anche interregionale, per la diagnosi e la cura delle patologie tumorali.
Abbiamo appreso con grande stupore che le prestazioni libero professionali nella forma di attività aggiuntiva per il contenimento dei tempi di attesa delle unità operative Diagnostica per immagini, Radioterapia e Medicina nucleare dell’Irccs Crob di Rionero in Vulture sono attualmente sospese per una valutazione di nuove proposte progettuali.
Riteniamo una scelta sbagliata l’interruzione, seppur temporanea, di progetti di così importante valenza nella diagnosi e cura di patologie tumorali e di così strategico impatto sulle cure e servizi offerti all’utenza, convinti che qualunque tipo di valutazione dovesse essere messa in atto in tempo utile per non interrompere un processo virtuoso che ha portato in questi anni l’Irccs Crob ad abbattere le liste di attesa, diventando un modello anche per le altre aziende sanitarie regionali, riuscendo ad invertire nell’Istituto la tendenza regionale della migrazione sanitaria, attirando pazienti delle regioni limitrofe.
Una situazione paradossale ed emblematica quella della radioterapia. Gli operatori sanitari, per puro spirito deontologico e professionale, al solo fine di non impattare sulle terapie radianti dei pazienti in cura e già programmati, prestano a tutt’oggi ore aggiuntive, senza autorizzazione e certezze. Il tutto in una situazione in cui non vi è alcun calo della domanda di cura.
La riduzione dei tempi d’attesa per l’accesso alle prestazioni sanitarie oltre ad essere una priorità su tutti i fronti dei livelli essenziali di assistenza, di cui costituiscono un’apposita voce di valutazione in base al patto per la salute sottoscritto da governo e regioni, secondo le direttive ministeriali è l’obiettivo primario che i direttori generali devono raggiungere.
L’appropriatezza delle prestazioni sanitarie non può esulare da una risposta in tempi rapidi e certi ai bisogni di salute dei cittadini, soprattutto quelli con patologie oncologiche, rappresentando un punto di inizio per assicurare quella equità e universalità di cui il sistema sanitario pubblico deve essere garante, in quanto luogo privilegiato di incontro tra i bisogni sociali e qualità del lavoro.
È indispensabile continuare a creare le condizioni favorevoli per la presa in carico del paziente, anzitutto oncologico, sin dal sospetto diagnostico, tracciando da subito il migliore e più celere percorso terapeutico, essenziale per il successo contro questo tipo di patologie, riducendo altresì la mobilità passiva.
È stato di 38 milioni e 371mila euro il costo per le casse regionali del saldo di mobilità sanitaria relativa al 2018, ossia la differenza tra quanto la Basilicata spende per i lucani che vanno a curarsi fuori regione e quanto incassa dalle altre regioni per coloro che vengono a curarsi nelle nostre strutture sanitarie. Un dato che parla da solo, essendo la mobilità sanitaria la cartina al tornasole dell’efficacia dell’assistenza di salute che le regioni sono in grado di garantire ai cittadini, spesso costretti a cosiddetti viaggi della speranza in cerca non solo di cure migliori ma spesso erogate in maniera più tempestiva, con costi maggiori non solo per le casse regionali, ma anche per gli stessi pazienti trasformando la sanità in un “bene di lusso”.
La mobilità sanitaria interregionale è un business pubblico del valore nazionale di oltre 4,6 miliardi di euro, nel quale a guadagnarci attualmente sono solo 7 regioni, tra le quali primeggiano la Lombardia e l’Emilia Romagna; l’unica regione del sud con un saldo attivo è il Molise, che ha investito in eccellenze così come dovrebbe continuare fare, senza stop e cambi di rotta, la Basilicata.
Auspichiamo, pertanto, che si provveda con immediatezza a ripristinare i progetti sospesi. Il Crob deve continuare ad essere un modello virtuoso, un esempio per l’intero sistema sanitario regionale, che continua, nonostante le sollecitazioni e gli accordi sindacali, a restare al palo con tempi di attesa troppo lunghi e inaccettabili.