“Epatopatie da sostanze tossiche”. E’ il tema scelto dal dottor Nicola D’Imperio, gastroenterologo materano di chiara fama, per il 126° appuntamento del nostro studio medico virtuale all’interno di SassiLive.
Rispetto alle epatopatie da farmaci, queste da sostanze tossiche per il fegato sono più prevedibili, legate al dosaggio e, in genere, il danno è determinato da una tossicità diretta sulla cellula epatica.
Queste sostanze possiamo suddividerle in tre gruppi:a) le sostanze anestetiche, b) le sostanze chimiche di uso industriale, o domestico o agricolo, c) i prodotti derivati dalle erbe della medicina alternativa. Prendiamoli in esame singolarmente.
Gruppo a) sostanze anestetiche: il Cloroformio, abbandonato a fine anni ’40 e sostituito dall’Alotano negli anni ’50, è tuttavia ancora utilizzato per alcuni farmaci vermifughi e, in alcune parti del mondo, è utilizzato come reagente nei prodotti dell’igiene domestica. Il cloroformio era una sostanza che, frequentemente, arrecava danni al fegato anche di notevole entità e fatali. Anche l’alotano, un anestetico molto usato sino alla fine degli anni ’70, arrecava, in alcuni casi, distruzione delle cellule epatiche : tra gli anni ’60 e ’70 sono stati registrati circa 1000 casi di gravi epatopatie, anche mortali, in genere queste dopo ripetute esposizioni. Alcuni casi si sono avuti anche nel personale medico e infermieristico di sala operatoria, dovuti all’inalazione dell’alotano, gas assorbito per via respiratoria. Questo gas anestetico è stato bandito dalle sale operatorie ai primi degli anni ’80 ed è stato sostituito da anestetici, da esso derivati, definiti Aloalcani, molto più sicuri, riguardo alla epatossicità, ma che hanno conservato una seppur minima tossicità sul fegato, per cui anche oggi va tenuta sotto osservazione la funzionalità epatica. C’è tuttavia da considerare che dal 25 al 75% dei pazienti che vengono sottoposti ad intervento chirurgico presentano un’alterazione dei test biochimici epatici e questo per molteplici fattori che includono l’uso degli anestetici, degli antibioticie, infine, nella chirurgia addominale, una alterazione, seppur momentanea al piccolo circolo che dall’apparato digerente porta il sangue al fegato.
Gruppo b) sostanze di uso industriale, agricolo o domestico. L’assorbimento di tali sostanze avviene per inalazione o per assorbimento dalla cute o, più raramente, per ingestione. Alcune sostanze causano dei danni epatici acuti, come il tetracloruro di carbonio e il fosforo, altri danni cronici, come il PVC (policloruro di vinile). Il tetracloruro di carbonio, sostanza utilizzata ampiamente come sgrassante sia nell’industria che in alcuni detersivi domestici, è un tossico per il fegato molto più pericoloso dell’alotano e derivati e può determinare la necrosi, cioè la distruzione delle cellule epatiche.
Un cenno al PVC, cloruro di polivinile, ampiamente utilizzato, sino a qualche tempo fa, nell’industria della plastica, la cui azione è determinata dal suo monomero , il VCM (vinil cloruro monomero), che esplica la sua azione non in modo acuto ma nel tempo, infatti provoca, dopo un’esposizione prolungata e dopo un periodo di latenza di circa 25 anni, un angiosarcoma del fegato, nel 15-25 % dei lavoratori esposti. Si è supposto, ma non c’è evidenza scientifica, che ciò possa avvenire anche per i consumatori di alimenti contenuti in recipienti di plastica contenenti PVC o VCM. I lavoratori di queste aziende che producono plastica debbono essere periodicamente sottoposti a controllo. Il fatto sta che più del 50% dei lavoratori esposti ad alti livelli di VCM , non obesi e non alcolisti, hanno una steatosi epatica (v. capitolo su steatosi epatica).
Un’altra sostanza è la nitroglicerina, che, nell’industria bellica della prima guerra mondiale ha mietuto molte vittime in Inghilterra, Germania e negli Stati Uniti, e viene assorbita per lo più per via percutanea determinando una necrosi epatica, anche massiva e letale. Altre sostanze tossiche per il fegato si riscontrano nei trasformatori elettrici, condensatori, materiali isolanti per cablaggi elettrici, fluidi industriali. Infine ricordiamo alcuni insetticidi, erbicidi, definiti pesticidi. Il primo è stato il DDT (diclorodifeniltricoloroetano), che è stato bandito dall’utilizzo già negli anni ’60, che provocava, in alcuni casi, gravi danni al fegato, ricordiamo poi l’Agent Orange, un defogliante ampiamente utilizzato nella guerra del Vietnam e il Paraquat, un fitofarmaco diserbante usato in agricoltura, vietato dalla CE, che però viene tranquillamento prodotto anche in Italia (che è uno dei maggiori produttori ed esportatori) ed inviato in Paesi in cui non è stato messo a bando. Ricordiamo, inoltre l’arsenico inorganico, un tempo usato a scopi suicidi o omicidi, per cui dosi superiori ai 3 grammi possono provocare distruzione delle cellule epatiche, e complicanze a livello gastrointestinale, cardiologiche, neurologiche e vascolari che portano alla morte in 1-3 giorni; alcuni casi di intossicazione da arsenico si riscontrano ancora nei lavoratori dei vigneti, negli agricoltori e nei minatori di miniere d’oro, attività in cui si utilizza tale sostanza. Anche il ferro, il fosforo, il rame, a dosi superiori a quelle usualmente terapeutiche, possono indurre danni al fegato, acuti o cronici.
La cocaina è lesiva per il fegato nel 60 % per consumatori! Può arrecare, specie se in dosi elevate, danni acuti non solo al fegato, ma anche al sistema nervoso, ai reni, alla coagulazione del sangue, come anche alcuni derivati dalle anfetamine, come l’”Ecstasy” e l’”Angel dust” diffuse nelle discoteche.
Biografia di Nicola d’Imperio
Titoli di carriera
Laureato in medicina e chirurgia nel 1972 con 110 e lode
Specializzato in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva nel 1978 con 110 e lode
Assistente presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1974 al 1987
Aiuto presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1988 al 1998
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Morgagni di Forlì dal 1998 al 2001
Professore presso la scuola di specialità di Gastroenterologia di Bologna dal 1998 al 2006
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Maggiore di Bologna dal 2001 al 2012
Libero professionista in Gastroenterologia dal 2013 a tutt’oggi presso la Clinica Villalba di Bologna, la Clinica Anthea e la Clinica Santa Maria di Bari e presso il suo studio a Matera.
Titoli scientifici
Direttore della Rivista Italiana di Gastroenterologia organo ufficiale dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Segretario per l’Emilia Romagna dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Presidente per l’Emilia Romagna della Società Italiana di Endoscopia Digestiva
Presidente della Associazione Italiana Malattie dell’Apparato Digerente
Pubblicazioni scientifiche:su riviste straniere 78 e su riviste italiane 124 libri di gastroenterologia ed endoscopia digestiva 12
Indirizzo sito: www.nicoladimperio.it