Il trapianto di fegato. E’ il tema scelto dal dottor Nicola D’Imperio, gastroenterologo materano di chiara fama, per il 129° appuntamento del nostro studio medico virtuale all’interno di SassiLive.
Nonostante i progressi continui nel trattamento delle malattie croniche del fegato quali le nuove terapie antivirali, il trattamento delle complicazioni, quali l’ascite e l’emorragia da varici esofagee, con metodiche endoscopiche o radiologiche, il trapianto di un altro fegato resta ancora l’unica prospettiva di sopravvivenza per i pazienti che hanno esaurito l’80-90\100 di riserva funzionale del proprio fegato malato.
Le indicazioni principali al trapianto di fegato sono: a) la cirrosi epatica scompensata, b) il tumore primitivo maligno del fegato (non quello secondario detto anche metastatico), c) l’insufficienza epatica acuta in cui si prevede che sia impossibile la guarigione coi normali presidi terapeutici a nostra disposizione, come può accadere in alcune infezioni virali acute, o nelle intossicazioni alimentari o industriali.
Nonostante lo squilibrio che esiste tra la richiesta di fegati sani e l’offerta da parte dei donatori, il trapianto di fegato continua tuttora ad essere sempre più diffuso grazie al progressivo superamento delle difficoltà tecniche e di quelle inerenti il donatore e il ricevente e grazie al miglioramento dell’apparato organizzativo.
L’esperienza, ormai trentennale, nel campo del trapianto del fegato ha permesso alle Società Scientifiche che si interessano dell’argomento di approntare dei precisi protocolli nazionali ed internazionali che affrontano i numerosi problemi e che sono in continua evoluzione. A causa dell’estrema complessità della materia in queste righe, allo scopo di dare un’informazione utile alla gente comune, non addetta ai lavori, accennerò, solo sommariamente, sperando di essere il più chiaro possibile, a quanto viene previsto dalle regole in atto.
Il candidato a ricevere un trapianto di fegato viene attentamente analizzato da un team di medici, presente nei Centri Trapianti, composto da gastroenterologi che si interessano in modo specifico di epatologia, da chirurghi specializzati in trapianti, da anestesisti e rianimatori anch’essi preparati sulla specifica materia e da psicologi (a causa delle ripercussioni psicologiche determinate sia dal lungo e laborioso iter che il paziente deve affrontare che dal fatto di ospitare nel proprio corpo l’organo di un’altra persona). Questo team, in funzione delle cause, della gravità della epatopatia del paziente, della sua età e di altre malattie concomitanti, secondo i numerosi parametri specifici dei protocolli, stabilisce l’idoneità al trapianto e anche l’ordine di priorità. Tutti questi dati, raccolti nei Centri Trapianti presenti nel territorio nazionale, vengono messi in rete in modo che quando c’è un fegato di un donatore a disposizione, immediatamente questo viene trapiantato nel ricevente giusto ed appropriato. I dati vengono periodicamente aggiornati per tutti i pazienti perché la malattia del fegato può peggiorare nel periodo di attesa del trapianto e, a tal punto, un paziente può diventare prioritario rispetto ad un altro paziente in cui è stazionaria.
Poiché la maggior parte di questi pazienti sono portatori del virus B o C dell’epatite, le moderne terapie antivirali aiutano molto nell’estendere l’indicazione, anche se la terapia immunosoppressiva necessaria dopo il trapianto può avere un effetto a vantaggio del virus in causa, ma, a tal punto, l’epatologo calcolerà il rapporto rischi-benefici in modo che gli ultimi siano sempre prevalenti sui primi. Nelle cirrosi epatiche da alcool, o da altre sostanze, è necessario essere sicurissimi che il paziente non assuma più alcol o droghe, che danneggerebbero il fegato trapiantato e vanificherebbero tutto il lavoro fatto precedentemente.
Il candidato donatore deve avere innanzitutto un fegato che sia il più sano possibile e quindi si deve sottoporre a periodici controlli che ne confermino la idoneità, questo se è iscritto ad una associazione di donatori d’organo. Se il donatore, invece, è un soggetto che ha perso la vita per un incidente, sono i rianimatori che lo hanno avuto in cura che, in funzione della sua età e di esami di laboratorio appropriati, verificano le buone condizioni del suo fegato e che ne propongono ai suoi familiari più stretti la donazione, in genere insieme ad altri organi trapiantabili. Se si ottiene l’assenso si mette in moto un meccanismo che deve essere velocissimo per ritrovare nella banca dati il primo ricevente idoneo e per effettuare l’espianto, il trasporto e il trapianto nel più breve tempo possibile.
Come si può intuire il problema più grande è la sproporzione esistente tra riceventi in attesa di trapianto e donatori. Questo aspetto negli ultimi tempi viene, solo in parte, attutito dalle campagne di educazione pubblica per la donazione degli organi e dai crescenti consensi dei familiari stretti di persone decedute per cause accidentali.
Grazie ai progressi scientifici si è anche allungata l’età dei donatori, mettendo così a disposizione più fegati da trapiantare. Anche le donazioni da viventi hanno apportato un notevole contributo; qualcuno ricorderà il mito di Prometeo il cui fegato, mangiato di giorno dall’aquila di Zeus, ricresceva di notte. Anche gli antichi Greci sapevano che il fegato ha le proprietà di ricrescere; la medicina moderna ha confermato queste proprietà per cui trapiantando uno o più lobi epatici di un donatore vivente a un ricevente, questo pezzo di fegato riformerà un fegato intero sufficiente al fabbisogno del ricevente. Per farmi comprendere ho banalizzato l’argomento, ma non è così semplice perché bisogna salvaguardare anche la salute del donatore vivente, che, in genere, è un figlio, o un fratello, dell’ammalato. A ciò si aggiungono le migliorate tecniche di conservazione degli organi espiantati e il notevole miglioramento della macchina organizzativa.
Ma, nonostante tutto, ancora oggi solo una piccola parte dei pazienti delle liste d’attesa sopravvive, perché sono riusciti a ricevere un fegato nuovo.
Biografia di Nicola d’Imperio
Titoli di carriera
Laureato in medicina e chirurgia nel 1972 con 110 e lode
Specializzato in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva nel 1978 con 110 e lode
Assistente presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1974 al 1987
Aiuto presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1988 al 1998
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Morgagni di Forlì dal 1998 al 2001
Professore presso la scuola di specialità di Gastroenterologia di Bologna dal 1998 al 2006
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Maggiore di Bologna dal 2001 al 2012
Libero professionista in Gastroenterologia dal 2013 a tutt’oggi presso la Clinica Villalba di Bologna, la Clinica Anthea e la Clinica Santa Maria di Bari e presso il suo studio a Matera.
Titoli scientifici
Direttore della Rivista Italiana di Gastroenterologia organo ufficiale dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Segretario per l’Emilia Romagna dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Presidente per l’Emilia Romagna della Società Italiana di Endoscopia Digestiva
Presidente della Associazione Italiana Malattie dell’Apparato Digerente
Pubblicazioni scientifiche:su riviste straniere 78 e su riviste italiane 124 libri di gastroenterologia ed endoscopia digestiva 12
Indirizzo sito: www.nicoladimperio.it