La pancreatite acuta: epidemiologia, cause, meccanismi. E’ il tema scelto dal dottor Nicola D’Imperio, gastroenterologo materano di chiara fama, per il 110° appuntamento del nostro studio medico virtuale all’interno di SassiLive.
Si definisce così una infiammazione acuta del pancreas che può avere un decorso ed un esito variabile, cioè può essere lieve manifestandosi solo con un dolore addominale e un modesto aumento delle lipasi ed amilasi nel sangue che, prodotte dal pancreas per la digestione dei grassi e degli zuccheri, da questo si riversano, in modica quantità, nella circolazione sanguigna; in genere questa forma lieve guarisce spontaneamente e non comporta alcuna sofferenza di altri organi satelliti o a distanza.
In altri casi, al contrario, la pancreatite può essere severa; gli enzimi pancreatici cioè l’amilasi, la lipasi e la tripsina (che serve per la digestione delle proteine) si versano al di fuori del sistema di canalicoli che, convergendo nel condotto principale del Wirsung, si riversano normalmente nel duodeno per contribuire alla digestione degli alimenti. Nella pancreatite acuta severa questi enzimi si riversano nello stesso parenchima pancreatico che li produce provocandone la sua autodistruzione, oppure al di fuori del pancreas causando grave danno o distruzione degli organi adiacenti, oppure possono, entrando nella circolazione sanguigna, causare grave danno in organi distanti. Nelle prime 24-48 ore dall’insorgenza dei sintomi è fondamentale per la salute del paziente riconoscere le forme di pancreatite che diventeranno severe e. a tale proposito, esistono dei parametri basati su esami di laboratorio, dati clinici ed ecografici, che possono predire una forma severa e quindi cercare, se possibile, di correre ai ripari prima che si inneschi il processo irreversibile della pancreatite acuta severa, che si definisce anche necrotico-emorragica.
Nei Paesi occidentali l’incidenza della pancreatite acuta varia da 5 a 38 casi ogni 100.000 pazienti e comporta circa 3000 decessi all’anno nei soli Stati Uniti. L’incidenza della pancreatite acuta è in aumento parallelamente all’obesità e all’incidenza in aumento della calcolosi della colecisti che è la più comune causa di pancreatite. Fortunatamente il 75-80% dei pazienti con una pancreatite acuta hanno delle forme lievi con una risoluzione spontanea, l’altro 25-25% sviluppa forme severe e di questi il 30-40 % decede entro le prime due settimane, un quarto dei quali entro le prime 24-48 ore dall’insorgenza dei sintomi. I pazienti più anziani, o che hanno altre patologie importanti pregresse hanno una più elevata mortalità rispetto a quelli più giovani e senza comorbidità.
I fattori predisponenti più importanti sono, nel 70% dei casi, i calcoli nelle vie biliari e l’abuso di alcool. La pancreatite acuta si definisce biliare quando è causata da calcoli biliari che formatisi nella colecisti migrano verso il coledoco in cui, al suo sbocco nel duodeno, confluisce il condotto di Wirsung, che, come detto sopra, è il condotto principale del pancreas in cui confluiscono i condotti più piccoli. In questo tratto, di pochi millimetri, il calcolo si può fermare o incastrare perché il diametro del coledoco (normalmente di 7-8 millimetri) si restringe e questo comporta un ristagno sia della bile che della secrezione pancreatica nel condotto di Wirsungcol successivo riversarsi degli enzimi sia nel parenchima pancreatico che al di fuori del pancreas portando alla pancreatite. Ma solo i calcoli che hanno un diametro inferiore ai 5 mm., in genere, riescono a superare il dotto cistico (che porta la bile dalla cistifellea al coledoco, come detto sopra) e quindi ad entrare nel coledoco.
Oltre ai calcoli veri e propri anche il cosiddetto fango biliare, o bile densa, nella cistifelleapuò causare una pancreatite acuta. Questo fango è costituito da cristalli di colesterolo o da microgranuli di bilirubinato di calcio che spesso formano microcalcoli di meno di 3 millimetri di diametro. Il fango si produce per una stasi prolungata della bile nella cistifellea, come si viene ad avere nei digiuni prolungati o nella alimentazione parenterale totale o anche negli interventi di chirurgia bariatrica (gli interventi per dimagrire) in cui si forma circa nel 50% dei casi, per cui spesso in questo tipo di chirurgia si esegue anche l’asportazione profilattica della cistifellea.
Come abbiamo già detto altrove la calcolosi della colecisti e il fango biliare o la microlitiasi della colecisti nei paesi occidentali è molto frequente e sembra che almeno il 10 % della popolazione ne sia affetta, con punte anche del 40% nelle donne al di sopra dei sessant’anni ed in alcune etnie, ma di questo solo il 5% è sintomatico e di questo solo lo 0,5 % sviluppa una pancreatite acuta, per cui non si debbono allarmare coloro a cui casualmente durante una ecografia addominale viene riscontrata una litiasi, o microlitiasi o fango nella colecisti in quanto le possibilità di avere una pancreatite acuta sono molto remote. Se il paziente con calcolosi asintomatica della colecisti è giovane avrà, nel corso della sua vita, più tempo per sviluppare delle complicanze, per cui, se in genere non è indicata la colecistectomia nel paziente giovane asintomatico, questa è indicata all’insorgenza dei primi dolori biliari (chiamati impropriamente “coliche”), perché durante queste è più facile che calcoli o microcalcoli inferiori ai 5 mm., possano superare il dotto cistico e riversarsi nel coledoco. Secondo alcuni gastroenterologi l’incidenza della pancreatite biliare è superiore al 40% (tra i soli casi di pancreatite) e probabilmente è più del doppio, vista che l’incidenza dei calcoli o microcalcoli o fango biliari nella popolazione adulta è in media del 10 %. In molti ritengono che le cosiddette pancreatiti idiopatiche, cioè senza una causa apparente e riconosciuta, siano dovute al fango biliare, alla bile densa.
Biografia di Nicola d’Imperio
Titoli di carriera
Laureato in medicina e chirurgia nel 1972 con 110 e lode
Specializzato in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva nel 1978 con 110 e lode
Assistente presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1974 al 1987
Aiuto presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1988 al 1998
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Morgagni di Forlì dal 1998 al 2001
Professore presso la scuola di specialità di Gastroenterologia di Bologna dal 1998 al 2006
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Maggiore di Bologna dal 2001 al 2012
Libero professionista in Gastroenterologia dal 2013 a tutt’oggi presso la Clinica Villalba di Bologna, la Clinica Anthea e la Clinica Santa Maria di Bari e presso il suo studio a Matera.
Titoli scientifici
Direttore della Rivista Italiana di Gastroenterologia organo ufficiale dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Segretario per l’Emilia Romagna dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Presidente per l’Emilia Romagna della Società Italiana di Endoscopia Digestiva
Presidente della Associazione Italiana Malattie dell’Apparato Digerente
Pubblicazioni scientifiche:su riviste straniere 78 e su riviste italiane 124 libri di gastroenterologia ed endoscopia digestiva 12
Indirizzo sito: www.nicoladimperio.it