“L’adenocarcinoma dell’esofago: cause e prevenzione”. E’ il tema scelto dal dottor Nicola D’Imperio, gastroenterologo materano di chiara fama, per il 51° appuntamento del nostro studio medico virtuale all’interno di SassiLive.
Parliamo, in questa seconda parte dedicata ai tumori dell’esofago, di adenocarcinoma, sempre inquadrato sotto l’ottica della prevenzione, tralasciando gli aspetti diagnostico-terapeutici che sono di stretta competenza medica, quindi per dare informazioni utili alla gente al fine di evitarlo.
È un tumore che ha origine dalle cellule che non sono tipiche dell’esofago, ma dell’organo che è in continuità con esso, lo stomaco, oppure l’intestino. Queste cellule, che costituiscono la parete interna dello stomaco (la mucosa), a volte possono, per così dire, “trasbordare” in alto verso l’esofago e costituire un terreno favorevole, insieme ad altre concause, allo sviluppo di un tumore che, in tal caso si chiama adenocarcinoma, mentre quello insorto dalle cellule proprie dell’esofago, come detto nel precedente capitolo, si definisce squamo-cellulare. La sede è quindi sempre nella sezione di esofago più bassa, quella che è più vicina allo stomaco.
Le cause dell’adenocarcinoma sono differenti da quelle del tumore esofageo squamo-cellulare, pur essendo uguale la sintomatologia, la diagnosi e buona parte della terapia, esse, sostanzialmente sono: fattori dietetici e nutrizionali, alcol e tabacco, obesità, reflusso gastro-esofageo, esofago di Barrett, fattori genetici ereditarie altre condizioni preesistenti.
Una dieta povera di scorie, di frutta, verdura, pesce, di acido folico, vitamina C, E, B6, oppure ricca di grassie proteine animali, è dimostrato predisporre all’adenocarcinoma esofageo. Anche l’alcol e il tabacco sono fattori predisponenti, anche se in grado inferiore al tumore squamo-cellulare. L’obesità, specie quella addominale, è un fattore predisponente e le più recenti ipotesi affermano che l’obesità addominale aumenta la pressione addominale favorendo quindi il reflusso gastro-esofageo e quindi l’esofago di Barrett e di qui l’adenocarcinoma. Numerosi studi hanno provato che il reflusso gastro-esofageo, sintomatico, non curato, e che dura da molto tempo, può essere un’altra concausa, perché provoca un’infiammazione cronica su cui si può instaurare una devianza delle cellule, anche se c’è da notare che ci sono casi di adenocarcinoma esofageo che insorgono in pazienti senza pregressi sintomi di MRGE (Malattia da Reflusso Gastro-Esofageo).
Abbiamo già accennato all’esofago di Barrett come possibile causa di adenocarcinoma esofageo, spieghiamo di cosa si tratta, perché conoscere i meccanismi aiuta a valutare l’eventuale rischio e quindi a prevenirlo.
L’esofago di Barrett è la presenza in esofago di cellule della parete interna (o mucosa) che hanno le caratteristiche tipiche di quello dello stomaco o dell’intestino. L’infiammazione cronica dell’esofago distale, causata dal reflusso di acido cloridrico dallo stomaco, comporta la apoptosi (morte) di alcune cellule della mucosa esofagea che vengono sostituite con cellule che hanno le caratteristiche di quelle dello stomaco, o dell’intestino (metaplasia gastrica, o intestinale), che è tipica del Barrett, ma non pre-neoplastica; solo quando queste cellule incominciano a deviare verso aspetti anormali si determina l’aspetto pre-neoplastico che viene definita displasia, che, a sua volta può essere lieve o severa. La displasia è rarissima nello short Barrett, frequente nel long Barrett, per questo il controllo istologico è consigliato in quest’ultimo.Tra gli adulti che hanno sintomi da reflusso, nei paesi occidentali, la prevalenza di Barrett è dell’1.6-6,8 %, quasi tutti costituiti da short Barrett. Se la migrazione è inferiore ai 3 centimetri, viene definito “short Barrett”, a rischio molto basso, se superiore si definisce “long Barrett”, a rischio più alto. Recenti studi hanno dimostrato, tuttavia, che il long Barrett, a rischio più alto, presenta una degenerazione solo dello 0.5 % all’anno, tutto sommato molto bassa. Tuttavia il grande aumento della malattia da reflusso gastro-esofageo (MRGE) che si è avuto negli ultimi anni ha comportato di conseguenza un aumento dei casi di adenocarcinoma dell’esofago, il che suggerisce di non abbassare la guardia.
Interessante è il rapporto tra l’infezione da Helicobacter Pylori e reflusso gastro-esofageo e quindi Barrett e quindi carcinoma esofageo. L’ Hp a livello della parte più alta dello stomaco, quella confinante con l’esofago, produce dei sali di ammonio alcalini che, in un certo modo, neutralizzano l’acido cloridrico che risale in caso di malattia da reflusso, inoltre è stato dimostrato che la stessa infezione da Hp comporta una diminuizionedi produzione di acido cloridrico da parte dello stomaco. Le terapie che, negli ultimi due decenni, hanno portato alla quasi risoluzione del problema dell’ulcera gastro-duodenale, con l’eliminazione dell’Hp, sembrano aver avuto un effetto paradosso: l’aumento della MRGE e dell’adenocarcinoma esofageo.
Recenti studi hanno dimostrato che, come nel tumore esofageo squamo-cellulare esiste una familiarità, almeno in una percentuale di casi, il 7%, in cui sembra che ci sia un disordine genetico nel determinare l’esofago di Barrett e quindi di qui l’adenocarcinoma esofageo.
Ma ci sono anche dei fattori protettivi come la vitamina C, E, B6, e antiossidanti come l’aspirina.
Come in tante altre patologie, in particolare le neoplastiche, le cause dell’adenocarcinoma dell’esofago sono tante e solo sommandosi possono dare dei problemi.
Per questo tipo di tumore la prevenzione primaria si farà con l’alimentazione preferendo mangiare cibi ricchi di scorie, frutta, verdura, legumi, pesce, ricchi di vitamina C, E, B6, olio extravergine di oliva, evitando i cibi ricchi di grassi, di colesterolo, le proteine animali, specie le carni rosse. Anche se il rischio è inferiore al tumore esofageo squamo-cellulare è bene fare attenzione all’alcol e al tabacco.
Ma nell’adenocarcinoma esofageo, vista l’importanza che ha tra le cause la MRGE e il conseguente esofago di Barrett, è importante la prevenzione secondaria che si attua con la EGDS (Esofago-Gastro-Duodeno-Scopia) che, nei casi di long Barrett, si accompagnerà a biopsie con esame istologico.Per lo short Barrett, la maggioranza dei casi, può essere sufficiente un controllo endoscopico ogni tre anni, senza biopsie; per il long Barrett utile è un controllo endoscopico ogni 1-3 anni con biopsie sui 4 quadranti; quando l’esame istologico mostra una displasia lieve il controllo endoscopico con biopsie va effettuato a 6 mesi di distanza; quando l’esame istologico mostra una displasia severa, va ripetuta subito un’ulteriore EGDS con biopsie non solo per conferma ma anche per verificare l’esistenza di altri focolai di displasia severa o addirittura di cellule già neoplastiche. Alla conferma di una displasia severa alla seconda istologia, si indirizzerà il paziente alla chirurgia, compatibilmente con l’età o eventuali comorbidità.
E’ stato anche dimostrato che, in alcuni casi, le terapie con PPI ad alte dosi, per lunghi periodi, possono portare, con la diminuzione dell’infiammazione da acido cloridrico, alla regressione, o almeno al ridimensionamento, dell’esofago di Barrett e quindi del rischio di displasia e conseguentemente di adenocarcinoma esofageo.
Se il paziente ha una displasia severa e non è operabile, o molto anziano, una terapia con PPI ad alte dosi sembra sortire effetto di rallentamento dell’evoluzione, così come possono essere tentate alcune terapie endoscopiche, ancora in fase di validazione.
Identikit di un paziente ad alto rischio di sviluppare un adenocarcinoma esofageo: paziente con malattia da reflusso da più di 10 anni, con obesità addominale, con familiarità per tumore esofageo, che mangia molti grassi e carne rossa,poca frutta, verdura e pesce, bevitore e fumatore. Questo paziente necessiterà di sorveglianza con EGDS.
Biografia di Nicola d’Imperio
Titoli di carriera
Laureato in medicina e chirurgia nel 1972 con 110 e lode
Specializzato in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva nel 1978 con 110 e lode
Assistente presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1974 al 1987
Aiuto presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1988 al 1998
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Morgagni di Forlì dal 1998 al 2001
Professore presso la scuola di specialità di Gastroenterologia di Bologna dal 1998 al 2006
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Maggiore di Bologna dal 2001 al 2012
Libero professionista in Gastroenterologia dal 2013 a tutt’oggi presso la Clinica Villalba di Bologna, la Clinica Anthea e la Clinica Santa Maria di Bari e presso il suo studio a Matera.
Titoli scientifici
Direttore della Rivista Italiana di Gastroenterologia organo ufficiale dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Segretario per l’Emilia Romagna dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Presidente per l’Emilia Romagna della Società Italiana di Endoscopia Digestiva
Presidente della Associazione Italiana Malattie dell’Apparato Digerente
Pubblicazioni scientifiche:su riviste straniere 78 e su riviste italiane 124 libri di gastroenterologia ed endoscopia digestiva 12
Indirizzo sito: www.nicoladimperio.it