Medicina Live con Nicola D’Imperio: “L’alimentazione nella malattia celiaca e nel colon irritabile”. E’ il tema scelto dal dottor Nicola D’Imperio, gastroenterologo materano di chiara fama, per il 95° appuntamento del nostro studio medico virtuale all’interno di SassiLive
E’ ormai noto a tutti che i cereali e le loro relative proteine sono responsabili della malattia celiaca (v. capitolo dedicato), ma forse non tutti sanno che non tutti i cereali sono responsabili di celiachia, lo sono: il grano con la relativa proteina che è la gliadina, l’orzo con l’ordeina, l’avena con l’avenina, la segale con la secalina. Tali alimenti hanno un’azione tossica a causa della loro origine comune.
Non sono responsabili di malattia celiaca il riso, il mais, il sorgo e il millett (un cereale coltivato nei paesi più caldi e più poveri).
Ovviamente, nelle fasi acute di malattia o quando la celiachia non è ancora nota, essendoci una infiammazione del piccolo intestino a causa della celiachia, anche altri cibi, cosiddetti “irritanti” sono controindicati, quali il caffè, gli alcolici, le spezie. A volte, sempre nelle fasi manifeste ed acute di celiachia, anche le fibre contenute nella frutta, verdura e legumi possono esplicare un’azione irritativa meccanica sul piccolo intestino.
L’ALIMENTAZIONE NEL COLON IRRITABILE
In tale patologia un grande ausilio terapeutico è quello dietologico. In genere nel colon irritabile ad impronta prevalentemente stitica, una dieta ricca di fibre (almeno 15-20 g. di fibre al giorno in totale, rappresentate da frutta, verdura, legumi, pane e pasta integrali, o anche semplicemente dalle fibre presenti in commercio) può essere un buon ausilio.
In quello ad impronta diarroica bisogna stare molto attenti perché le fibre potrebbero accentuare la diarrea e il meteorismo, quindi la frutta, le verdure, i legumi e le fibre grezze andrebbero, in tali casi, evitate perché non solo possono accentuare i movimenti di un colon che ha già una peristalsi molto attiva, ma potrebbero accentuare il meteorismo che è un sintomo frequentissimo nei pazienti affetti da sindrome del colon irritabile.
Per migliorare la tollerabilità delle fibre, nei casi di colon irritabile ad habitus stitico, esse possono essere introdotte gradualmente, ad esempio 3 g. di fibre ogni 1-3 settimane, sino a raggiungere i 15-20 g. al giorno, ricordo a tale proposito, per avere un punto di riferimento, che 100 grammi di pane integrale nero o di pane cosiddetto ai cereali, contiene circa 6 grammi di fibre. Non è necessario rivolgersi da un nutrizionista per calcolare 20 g. di fibre al giorno perché il calcolo è possibile farlo anche da se.
Ovviamente nei pazienti con intolleranza al lattosio, dimostrata laboratoristicamente, ma anche solo empiricamente con il rapporto causa-effetto, bisogna evitare latte e latticini freschi, come vanno evitati i cereali in coloro che riferiscono intolleranza a questi, pur in assenza di una malattia celiaca con test di laboratorio negativi.
Ricordo che l’intolleranza al lattosio è un fenomeno parafisiologico, cioè al limite con la normalità, perché in tal caso c’entra la lattasi che è l’enzima che metabolizza il lattosio. Tale enzima nel primo anno di vita è presente in grande quantità nel bambino lattante, ma dopo, passando il bambino progressivamente ad una alimentazione varia, la lattasi diventa sempre meno necessaria e quindi diminuisce con il passare degli anni, sino a raggiungere livelli così bassi da rendere difficoltosa e a volte impossibile, nell’adulto, la metabolizzazione del latte e dei suoi derivati freschi; si sviluppa così l’intolleranza al lattosio che, in particolare nel colon irritabile, è così frequente e determina, di conseguenza, meteorismo, diarrea e dolori addominali alla ingestione di latte o latticini freschi. Il rimedio sta nell’evitare il latte ed i latticini freschi, pur essendo in commercio dei farmaci che contengono lattasi e quindi sopperiscono a tale carenza, ma io personalmente li sconsiglio. Infine c’è da evidenziare che l’insorgenza dei sintomi di intolleranza al lattosio è anche dipendente dalle quantità, infatti le piccole quantità di lattosio, spesso presenti come eccipienti di molti farmaci, sono così modeste da non risvegliare alcuna sintomatologia.
A volte nella sindrome da colon irritabile si può manifestare anche una lieve intolleranza al glutine, contenuto nei cereali, pur in assenza di segni laboratoristici specifici per tale tipo di intolleranza, per cui i pazienti stanno meglio dopo la sospensione del glutine dalla dieta, ma sono forme che non possono essere classificate come celiachia.
Voglio ricordare che le intolleranze al lattosio e al glutine sono le sole ad essere riconosciute, tra gli alimenti, come intolleranze; tutte le altre cosiddette intolleranze, così diffuse ormai nella cultura comune, non sono tali, tutt’al più sono allergie alimentari che si manifestano con ben altra sintomatologia e, a tale proposito si rimanda al capitolo specifico di questa serie di “Gastroenterologia per tutti”. Voglio precisare che sono ormai numerosi i test ematici di intolleranze alimentari, diffusi nelle farmacie o nei laboratori di analisi, che non hanno alcun valore scientifico perché non approvati dalle società scientifiche internazionali.
Nel colon irritabile vanno evitati, inoltre, tutti quei cibi, o bevande, che hanno azione sui movimenti del colon o ne irritano le pareti, quali le spezie, specialmente il pepe ed il peperoncino, gli alcolici, la cioccolata, il caffè.
Voglio sottolineare che il paziente non ha bisogno di una dieta personalizzata prescritta dal nutrizionista, tranne che in rari casi indicati dal gastroenterologo, ma è sufficiente che si attenga a questi consigli.
Solo nei casi più refrattari si può procedere con una “dieta di esclusione”, che deve essere seguita dal nutrizionista (e dal gastroenterologo contemporaneamente), che, da un elenco di cibi precostituito, deve escludere, di volta in volta, un cibo per almeno 15 giorni, sino a trovare quello, o quelli, la cui esclusione arreca un miglioramento dei sintomi. Si può immaginare la complessità e il tempo necessario per attuare una dieta di esclusione su decine di cibi, per cui questo metodo, per le sue difficoltà intrinseche, è divenuto quasi obsoleto.
Biografia di Nicola d’Imperio
Titoli di carriera
Laureato in medicina e chirurgia nel 1972 con 110 e lode
Specializzato in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva nel 1978 con 110 e lode
Assistente presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1974 al 1987
Aiuto presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1988 al 1998
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Morgagni di Forlì dal 1998 al 2001
Professore presso la scuola di specialità di Gastroenterologia di Bologna dal 1998 al 2006
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Maggiore di Bologna dal 2001 al 2012
Libero professionista in Gastroenterologia dal 2013 a tutt’oggi presso la Clinica Villalba di Bologna, la Clinica Anthea e la Clinica Santa Maria di Bari e presso il suo studio a Matera.
Titoli scientifici
Direttore della Rivista Italiana di Gastroenterologia organo ufficiale dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Segretario per l’Emilia Romagna dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Presidente per l’Emilia Romagna della Società Italiana di Endoscopia Digestiva
Presidente della Associazione Italiana Malattie dell’Apparato Digerente
Pubblicazioni scientifiche:su riviste straniere 78 e su riviste italiane 124 libri di gastroenterologia ed endoscopia digestiva 12
Indirizzo sito: www.nicoladimperio.it