“Le esofagiti da farmaci, meccanismi e cause”. E’ il tema scelto dal dottor Nicola D’Imperio, gastroenterologo materano di chiara fama, per il 45° appuntamento del nostro studio medico virtuale all’interno di SassiLive.
E’ questa una patologia quasi sconosciuta, in genere sottostimata e confusa con la gastrite da farmaci, col reflusso gastro-esofageo o con problemi cardiaci o bronco-polmonari, tanto che, spesso, il paziente prima di rivolgersi dal gastroenterologo consulta un cardiologo o un pneumologo, che, non ritrovando problemi di loro competenza, lo indirizzano al gastroenterologo. Ma un elemento è importante per porre la diagnosi di esofagite da farmaci: il rapporto causa-effetto, cioè quello tra l’ingestione del farmaco per via orale e l’esofagite. Purtroppo spesso accade che il paziente per anni ha assunto un farmaco senza alcun problema e che, ad un certo punto, per un insieme di cofattori, questo farmaco gli procura un’esofagite e perciò il rapporto causa effetto, pur essendo reale, svanisce nella sua entità e non viene riconosciuto.
Un altro errore di valutazione che fa sia il medico che la gente è quello di ritenere l’esofagite da farmaci un evento molto raro, per cui vengono trascurate le misure atte a prevenirla. Purtroppo non è così e nelle righe seguenti ne spiegherò le ragioni.
I meccanismi
Questi possono essere diretti, per insulto diretto sulla parete dell’esofago, oppure indiretti perché provocano un reflusso acido, che, a sua volta, arreca un danno alla parete, oppure entrambi. Agiscono per meccanismo indiretto i farmaci calcio-antagonisti ampiamente usati nei pazienti cardiopatici. Ma i farmaci che agiscono per meccanismo diretto sono la maggioranza: 1) per produzione di una soluzione acida ad effetto caustico (come succede per l’acido ascorbico, cioè la vitamina C, o il solfato di ferro, così ampiamente usati), 2) per produzione di una soluzione alcalina ad effetto caustico (come succede per l’alendronato, molto usato nell’osteoporosi), 3) per creazione di una soluzione iperosmotica (come accade per il cloruro di potassio, molto usato anch’esso in varie patologie), 4) per lesione diretta sulla mucosa, lo strato dell’esofago a contatto con quanto si ingerisce (è il caso delle tetracicline, un antibiotico ampiamente usato).
Ci sono anche fattori che riguardano il materiale con cui è rivestito la compressa che può rallentare il suo transito, come gli strati di gelatina o di fibre di cellulosa o di gomma di guar, queste ultime, addirittura, assorbendo acqua possono aumentare di volume rallentando il transito sino a bloccarlo completamente, come è stato registrato in qualche caso fortunatamente raro. Un altro fattore importante è la dimensione della compressa la cui ingestione, in alcuni casi, può essere davvero complicata, specie per le persone anziane. Importante è anche il tempo di permanenza della compressa nell’esofago, da cui dovrebbe semplicemente transitare e non soggiornare: questo allungamento del tempo dà modo alla sostanza lesiva contenuta nella compressa di esplicare la sua azione nociva.
Ci sono dei fattori che predispongono al rallentamento del transito nell’esofago, o addirittura ad uno stazionamento per periodi più o meno lunghi e questi sono di ordine anatomico o motorio, ad esempio: la presenza di diverticoli nell’esofago, la compressione sull’esofago da parte delle strutture anatomiche vicine (malattie cardiache, bronco-polmonari o del mediastino, patologie della colonna vertebrale cervico-toracica), alterazioni della motilità (come nell’acalasia o in alcune patologie neurologiche), restringimenti del canale esofageo per cicatrici, o malformazioni congenite, o neoplasie.
Un altro fattore che favorisce l’esofagite da farmaci è la modalità dell’assunzione della compressa e cioè la posizione supina, la sua assunzione subito prima di andare a dormire, l’utilizzo di una scarsa quantità di liquido, o addirittura, la sua semplice deglutizione senza accompagnamento di liquido.
I farmaci coinvolti
Tra gli antibiotici quello più incriminato è la tetraciclina, segue la doxiciclina e, molto più raramente, la penicillina, la clindamicina e la rifampicina, segnalazioni episodiche si hanno per alcuni antivirali. Il danno è per azione diretta corrosiva in quanto la tetraciclina in acqua produce una soluzione molto acida con un pH molto basso. Può indurre delle erosioni diffuse ma anche singole ulcerazioni che, fortunatamente, sono piccole e superficiali per cui sono rare le emorragie o il restringimento del lume dell’esofago. Fortunatamente l’incidenza di esofagiti è molto bassa se confrontata con l’ampissimo uso che si fa di tali antibiotici.
Recentemente si è scoperto che anche i bifosfonati (alendronato, etidronato, pamidronato), così usati nel trattamento dell’osteoporosi, sono potenzialmente lesivi per l’esofago; tra questi ricordiamo che il risedronato non è lesivo a causa del suo rapidotransito attraverso l’esofago. Il danno sulla mucosa esofagea può condurre, in casi estremi, trascurati, o non riconosciuti precocemente, anche a restringimenti del lume, ad emorragie e perforazioni. Il reflusso gastro-esofageo, così frequente nella popolazione, può essere un fattore predisponente ed aggravante. Fortunatamente l’incidenza dell’esofagite da bifosfonati è bassa, se paragonata al largo uso che si fa di questi farmaci per l’osteoporosi, in particolare nelle donne dopo i 50 anni.
I FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei) quali l’aspirina, naproxene, indometacina, ibuprofene, anch’essi ampiamente utilizzati, possono indurre esofagite, ma anche ulcere con complicazioni severe.
Anche altri farmaci, quali i Sali di potassio (KCl), la chinidina, i Sali di ferro, la teofillina, i contraccettivi orali, l’acido ascorbico (vitamina C), alcuni multivitaminici e farmaci chemioterapici, possono arrecare danni all’esofago.
Come si vede sono tutti farmaci ampiamente utilizzati nella pratica medica quotidiana, che nella stragrande maggioranza dei casi non danno problemi, ma, se si ritrovano ad agire insieme ad altri fattori predisponenti o ad altre patologie concomitanti, possono portare a conseguenze anche di una certa importanza. Ciò non vuol dire rinnegare la indubbia efficacia di tali farmaci, ma la conoscenza di queste potenzialità lesive, anche se rare, può essere utile per la gente che potrà quindi mettere in atto una adeguata prevenzione e riconoscerne i sintomi precoci; di ciò parlerò nel prossimo capitolo.
Biografia di Nicola d’Imperio
Titoli di carriera
Laureato in medicina e chirurgia nel 1972 con 110 e lode
Specializzato in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva nel 1978 con 110 e lode
Assistente presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1974 al 1987
Aiuto presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1988 al 1998
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Morgagni di Forlì dal 1998 al 2001
Professore presso la scuola di specialità di Gastroenterologia di Bologna dal 1998 al 2006
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Maggiore di Bologna dal 2001 al 2012
Libero professionista in Gastroenterologia dal 2013 a tutt’oggi presso la Clinica Villalba di Bologna, la Clinica Anthea e la Clinica Santa Maria di Bari e presso il suo studio a Matera.
Titoli scientifici
Direttore della Rivista Italiana di Gastroenterologia organo ufficiale dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Segretario per l’Emilia Romagna dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Presidente per l’Emilia Romagna della Società Italiana di Endoscopia Digestiva
Presidente della Associazione Italiana Malattie dell’Apparato Digerente
Pubblicazioni scientifiche:su riviste straniere 78 e su riviste italiane 124 libri di gastroenterologia ed endoscopia digestiva 12
Indirizzo sito: www.nicoladimperio.it