“Rettocolite ulcerosa: epidemiologia, cause”. E’ il tema scelto dal dottor Nicola D’Imperio, gastroenterologo materano di chiara fama, per il 76° appuntamento del nostro studio medico virtuale all’interno di SassiLive
Questa malattia fu scoperta nel 1859 da Samuel Wilks, ulteriori contributi furono apportati da Hawkins nel 1909, che ne descrisse il suo andamento cronico, fatto di remissioni e recidive, con andamento ben diverso dalle dissenterie bacillari che imperversavano in quell’epoca. L’etiologia è stata e resta ancora controversa, ma, verosimilmente i fattori determinanti sono molteplici ed essenzialmente genetici, immunologici ed ambientali. Fortunatamente negli ultimi decenni sono stati fatti notevoli progressi sia nella diagnosi che nella terapia. Rispetto alla malattia di Crohn, a cui è molto simile, la Rettocolite Ulcerosa resta limitata al colon, al contrario della malattia di Crohn che predilige l’ileo terminale e, pur se in minore misura, tutti gli altri segmenti dell’apparato digerente.
L’incidenza (cioè la percentuale dei casi di Rettocolite Ulcerosa, RCU, insorta rispetto a una determinata popolazione in anno) e la prevalenza (cioè la percentuale dei casi di RCU rispetto alla popolazione normale nel momento in cui si fa la rilevazione), è molto variabile con le aree geografiche e i raggruppamenti etnici. La sua diagnosi può essere difficile nei paesi meno sviluppati, per cui va tenuto conto anche di questa variabile nell’analisi degli aspetti epidemiologici, comunque, in linea di massima, essa oggi, grazie alla diffusione della colonscopia e dell’istologia, viene riconosciuta in quasi tutto il mondo; i dati su questa malattia provengono, comunque, nella stragrande maggioranza dei casi, dal nord America e dall’Europa. E’ proprio in questi paesi, compresa l’Australia, che si ha l’incidenza più alta (raggiungendo i 20,3 casi per 100.000 abitanti) e la prevalenza più elevata (che raggiunge i 243 casi per 100.000 abitanti). In Europa un tempo si pensava che fossero colpiti più i paesi del nord rispetto a quelli del sud, ma ora si è ormai acclarato che non esiste differenza. In Asia la RCU è notevolmente a più bassa incidenza e prevalenza. Un tempo la malattia era più rara nei neri rispetto ai bianchi, ma ora, con la globalizzazione, non c’è più differenza, ciò probabilmente a dimostrazione che i fattori ambientali hanno un ruolo importante. L’etnia ha la sua importanza, infatti gli Ebrei hanno una incidenza e prevalenza maggiore; negli USA, tra gli Ebrei ci sono 13 casi ogni 100.000 abitanti contrariamente ai 3,8 della popolazione normale.
Anche i fattori socio-economici e gli stili di vita giocano un ruolo di una certa importanza: si è appurato che nei paesi occidentali, più industrializzati e con un livello di vita medio-alto, la malattia è più diffusa, così come è più diffusa nei centri urbani che nelle comunità rurali, a dimostrazione che i fattori ambientali giocano un ruolo determinante nell’insorgenza, nello sviluppo e nel corso della malattia.
La causa della RCU è sicuramente multifattoriale e tre sono quelle coinvolte: la predisposizione genetica, il sistema immunitario del paziente e i fattori esterni ambientali. Che la genetica fosse importante lo si era supposto sin dalla prima metà del secolo scorso perché si era notato che gli Ebrei erano più soggetti alla malattia, che circa il 20% dei pazienti con RCU avevano familiari consanguinei di primo grado affetti dalla stessa malattia e che nei gemelli monovulari l’incidenza fosse ancora più elevata. E’ stato solo negli ultimi decenni, con il progresso che ha fatto l’ingegneria genetica, che si sono scoperti i cromosomi, i geni e i siti alterati che portano allo sviluppo della patologia: in particolare il cromosoma 12 e il locus IBD2 hanno un forte legame con la RCU. Questi, arrecando una alterazione nella barriera cellulare difensiva, e\o un’alterazione del sistema immunitario, rendono la parete del colon particolarmente sensibile ai germi normalmente presenti nell’intestino, virus, batteri e funghi, che da uno stato di equilibrio simbiotico con l’organismo umano, passano ad essere offensivi per esso. La prova ne è il fatto che la RCU si sviluppa nel colon che è la regione dell’intestino a maggiore concentrazione di germi e che alcune terapie antibiotiche, in alcuni casi, possono essere utili, ma non certo da sole, nel controllo della malattia. L’importanza del microbiota intestinale, che normalmente vive in simbiosi ed è utile per l’organismo umano, nel determinismo dell’RCU è un dato di fatto; questo è composto da circa 35.000 specie di batteri presenti in quantità di centinaia di migliaia di miliardi. Quindi, per schematizzare e rendere più chiare le cose possiamo esemplificare così il meccanismo: prima fase) l’alterazione dei geni che sono deputati a mantenere l’integrità della parete dell’intestino, seconda fase) la rottura della barriera costituita dalla parete dell’intestino, terza fase) l’ingresso e l’aggressione, attraverso la breccia, da parte dei germi normalmente presenti nell’intestino, quarta fase) l’infiammazione della parete e la risposta del sistema immunitario, quinta fase) le manifestazioni cliniche tipiche della malattia.
I fattori tossico-ambientali, alcune sostanze, alcuni alimenti, gli stili di vita, possono, per così dire, “piovere sul bagnato” e fare da cofattori condizionando la gravità della malattia. Si è visto che la RCU è frequente tra i fumatori di sigarette da due a sei volte di più rispetto ai non fumatori, e si è anche constatato che, anche se il paziente smette di fumare, il rischio permane alto nei due anni successivi. Inoltre la gravità della malattia è proporzionata al numero di sigarette. Il fumo di sigarette è dannoso perché agisce sulla produzione di muco attraverso la parete dell’intestino e altera il flusso sanguigno e la motilità dell’intestino. Altri cofattori possono essere i cereali, il latte di mucca, alcuni additivi alimentari, le paste dentifricie, i contraccettivi orali. Nel prossimo capitolo parleremo dei fattori immunologici e dei sintomi.
Biografia di Nicola d’Imperio
Titoli di carriera
Laureato in medicina e chirurgia nel 1972 con 110 e lode
Specializzato in Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva nel 1978 con 110 e lode
Assistente presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1974 al 1987
Aiuto presso il Servizio di Gastroenterologia dell’ospedale Bellaria di Bologna dal 1988 al 1998
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Morgagni di Forlì dal 1998 al 2001
Professore presso la scuola di specialità di Gastroenterologia di Bologna dal 1998 al 2006
Primario presso l’UOC di Gastroenterologia dell’ospedale Maggiore di Bologna dal 2001 al 2012
Libero professionista in Gastroenterologia dal 2013 a tutt’oggi presso la Clinica Villalba di Bologna, la Clinica Anthea e la Clinica Santa Maria di Bari e presso il suo studio a Matera.
Titoli scientifici
Direttore della Rivista Italiana di Gastroenterologia organo ufficiale dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Segretario per l’Emilia Romagna dell’Associazione Italiana dei Gastroenterologi Ospedalieri
Presidente per l’Emilia Romagna della Società Italiana di Endoscopia Digestiva
Presidente della Associazione Italiana Malattie dell’Apparato Digerente
Pubblicazioni scientifiche:su riviste straniere 78 e su riviste italiane 124 libri di gastroenterologia ed endoscopia digestiva 12
Indirizzo sito: www.nicoladimperio.it