Il professore materano Nicola Pavese, in una nota esprime alcune riflessioni sulla servizio sanitario offerto dall’ospedale di Matera a seguito di un’esperienza personale.
Di seguito la nota integrale.
Lo stato di salute di mia madre, scomparsa recentemente, mi ha portato a ricorrere spesso alle strutture sanitarie e assistenziali di Matera, scoprendone luci e ombre. In questa occasione desidero innanzitutto esprimere un sincero pensiero di gratitudine a tutti coloro che presso l’ospedale materano si sono occupati di lei negli ultimi tempi, in particolare i medici Tardi, Bruno, Mastromarco e Nicoletti di geriatria, Dimona di rianimazione, Giannuzzi di geriatria territoriale, la dott.ssa Francione del servizio Adi e il sig. Basile dell’ambulatorio di lesioni cutanee e croniche. Il mio grazie va anche ai loro collaboratori, al personale infermieristico e tirocinanti, agli operatori socio-sanitari (nella maggior parte disponibili e solerti), così come il personale medico e infermieristico del 118, sempre pronti, tempestivi ed efficienti, e della farmacia ospedaliera. Non posso, inoltre, non ricordare il prezioso contributo del Centro Aias di Matera, quindi il dr. Cannone e il personale addetto alla riabilitazione. Tutti si sono prodigati con encomiabile professionalità e con sensibilità, e mi scuso se dimentico qualcuno.
Mentre nella politica regionale che si occupa si sanità si assiste a ripetute schermaglie e polemiche, desidero far pervenire ai politici e a chi gestisce questo delicato settore alcune segnalazioni e riflessioni. L’intento è quello di offrire una testimonianza utile per migliorare il servizio e per stabilire una maggiore organizzazione ed efficienza nei reparti. Certe disfunzioni non si possono spiegare solo con i tagli alle risorse nazionali, che pure pesano nelle regioni e negli ospedali. Mi riferisco, per quanto ho constatato a Matera, alla esiguità del personale medico e infermieristico, che si prodiga per affrontare le varie situazioni al fine di alleviare le sofferenze e le ansie. A volte (e non vuole essere una offesa) questi professionisti sembrano delle “macchinette”, alle prese con le visite in corsia, gli interventi e le terapie urgenti, turni stressanti, oppure sono chiamati in altri reparti per consulti, dovendo inoltre adempiere ad aspetti burocratici indifferibili (ricoveri, dimissioni, richieste di analisi urgenti e altro). In questo stato di cose, il personale risulta a volte “introvabile” o indisponibile e non certo perché si dilegua per evitare i parenti. Spesso ho visto, di giorno e di notte, operatori sanitari stremati ma sempre disponibili e motivati. A volte, questi, vengono trattati male da quegli utenti che, dopo snervanti attese, protestano e imprecano, senza tuttavia conoscere le difficoltà oggettive e le problematiche del reparto dovute soprattutto al numero limitato del personale. Dunque, proteste e rimostranze non sempre a ragione. In questo stato di difficoltà ho visto anziani sofferenti, soprattutto di notte disperati e piangenti in attesa che il personale fosse disponibile.
I politici, i burocrati che stanno negli uffici, dovrebbero essere presenti soprattutto di notte in questi reparti (dove la sofferenza è tangibile) per capire di cosa si sta parlando. Solo in questo modo si metterebbero da parte polemiche, interessi politici e calcoli ragionieristici per risparmiare a tutti i costi.
E non posso non ricordare, tra l’altro, le lunghe attese al pronto soccorso, la pulizia “veloce” nei reparti perché il personale addetto è utilizzato in part-time nonostante spazi enormi di cui occuparsi, ascensori malfunzionanti e la fornitura ai malati, a casa, non proprio ineccepibile di ausili e altre cose.
In questo momento comunque desidero esprimere una considerazione: con tutti i limiti e i problemi esistenti, le corsie dell’ospedale sono piene di ottantenni-novantenni che (ovviamente grazie anche ai progressi della medicina), affrontano le difficoltà affidandosi alla professionalità e all’umanità di medici e infermieri ai quali bisogna essere, nonostante tutto, grati. Ci sono anziani, infatti, che fanno tanta tenerezza e hanno bisogno di vicinanza e amore. Deve essere questo il “faro” che deve orientare tutti, dai politici agli operatori, per una sanità migliore e più civile. Un diritto di tutti i cittadini.