Antonio Flovilla, ANISAP Basilicata e presidenza nazionale FEDERANISAP commenta i dati di OsservaSalute 2013 e sottolinea la crescita esponenziale dal 2000 ad oggi del consumo di farmaci antidepressivi”.
Dal rapporto Osservasalute 2012, curato dall’Università Cattolica di Roma, emerge la conferma che i cittadini gravati dalla crisi finanziaria e da una tassazione troppo forte non possono pagarsi non solo le prestazioni, ma neanche i ticket, come sosteniamo da circa due anni con la richiesta di rimodulazione in Basilicata dei ticket. C’è dunque la conferma della grave sofferenza in cui versa il Servizio Sanitario nazionale e il cui maggiore pericolo è soprattutto quello di “non essere più alla portata di tutti”, con la crescita sempre più delle diseguaglianze nell’accesso ai servizi. Il dato sicuramente più allarmante è, però, quello relativo allo stato di salute mentale degli italiani, che risultano essere sempre più depressi e sempre più dipendenti dall’uso di farmaci antidepressivi. E’ stato infatti evidenziato come negli ultimi anni il trend di utilizzo di antidepressivi si sia mostrato in continua crescita, addirittura si è quadruplicato in dieci anni e difficilmente vedrà un’inversione di tendenza. Una situazione molto delicata che riguarda direttamente la Basilicata : solo nel 2011 il consumo di farmaci antidepressivi è stato di 28,95 per mille al giorno (media nazionale 36,1) , contro un consumo di 7,61 (media nazionale 8,1) nel 2000. Secondo stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità emerge che, nel 2020, la depressione sarà la seconda causa di morte nei Paesi occidentali, con crescente e continuo utilizzo dei farmaci correlati. Anche i disturbi psichici rilevati con degenze ospedaliere sono in aumento però solo tra la popolazione femminile lucana (al 2010 riguarda il 41,89 per 10.000, più 3%, contro il 39,71 per 10.000 per gli uomini). Ancora più inquietante e preoccupante è l’incremento, osservato negli anni più recenti, dei suicidi, soprattutto tra gli uomini e in particolare tra i 65 e i 74 anni con un tasso in Basilicata pari a 14,69 per 100.000 che subito dopo la Sardegna è il più alto in assoluto, mentre è pari al 19,04 per 100.000 tra i 15-18 e oltre 75 anni è del 9,93 per 100 mila. Il dato è allarmante poiché l’incremento è stato di circa il 30% dal 2006 ad oggi e, il fatto che il tasso di suicidi sia considerevolmente aumentato solo in questi ultimi anni, in concomitanza con la crisi economica, fa pensare che le cause non siano da imputare tanto a patologie psichiatriche, quanto ad un crescente disagio sociale ed economico. Questo quanto rilevato dal Rapporto, dove si aggiunge che tale disagio “deve essere monitorato con attenzione anche al fine di prevedere un rafforzamento delle attività preventive e della presa in carico sanitaria e sociale di soggetti a rischio”. Alla luce dei risultati si rende perciò necessaria una riflessione che miri a trovare i giusti supporti nelle strutture territoriali per la diagnosi e la cura delle patologie depressive in modo da migliorare, laddove possibile, l’appropriatezza prescrittiva.
Già a fine marzo uno speciale pubblicato dalla rivista Lancet sulla salute dell’Europa aveva evidenziato che in tutto il vecchio continente si era registrato un aumento delle “cure da cavallo” per affrontare i sempre più crescenti casi di malattie (mentali e infettive) dovute alla crisi. La rivista riportava le seguenti cifre: il tasso dei suicidi nei 15 paesi che facevano parte dell’Ue prima del 2004 era in calo, ma poi dal 2008 ha ricominciato a salire, e ora è del 20% più alto rispetto al minimo toccato nel 2007. La peggiore situazione si è registrata in Grecia (+40%), ma anche l’Italia non aveva cifre confortanti, infatti dai 2828 casi del 2008, nel 2010 si è arrivati a 3028. Lo stesso direttore dell’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane, Walter Ricciardi, che ha curato il Rapporto Osservasalute 2012, sostiene che “nel nostro paese ormai nove milioni di persone ha rinunciato a curare disturbi di piccola e media entità o per le liste d’attesa troppo lunghe, o perché non riesce a pagare le terapie”. Quindi la crisi sta facendo aumentare non solo il numero di persone che non riescono più a vedere una soluzione, una via d’uscita, e decidono di uccidersi, ma anche in modo più che massiccio, il numero di persone che è costretta a rinunciare alle cure mediche perché non più in grado di poterle pagare.
Antonio Flovilla, ANISAP Basilicata e presidenza nazionale FEDERANISAP (nella foto in basso=
Michele Cataldi di Sanità Futura commenta il rapporto OsservaSalute 2012: Altro che Basilicata virtuosa e modello. Di seguito la nota integrale.
Altro che Regione virtuosa per spesa sanitaria e modello di qualità di prestazioni e servizi. Il Rapporto 2012 Osservasalute, pubblicato dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle regioni italiane che ha sede all’Università Cattolica di Roma e presentato nei giorni scorsi, quantifica in 1.817 euro pro-capite la spesa sanitaria pubblica in Regione (al netto della mobilità è più alta, pari a 1.865 euro pro-capite) con un incremento del 20,5% tra il 2005 e il 2011, mentre il disavanzo pro-capite è di 62 euro nel 2011 che, cumulato nel periodo 2002-2011, arriva a 420 euro pro-capite. Ma oltre ai costi – che per il personale dipendente del Servizio Sanitario Regionale, al 2010, è di 670,9 euro pro-capite – la novità assoluta del Rapporto 2012 è nell’analisi delle performance delle Regioni sulla base di alcuni parametri di efficienza (offerta di servizi con la spesa minima possibile), efficacia (esito delle prestazioni erogate), appropriatezza, che valuta gli atti medici in relazione ai costi, alle risorse disponibili e ai risultati auspicabili, qualità per il cittadino (cioè accessibilità e soddisfazione, che il sistema sanitario assicura alla popolazione).
E se ancora una volta dalla valutazione emerge il divario tra Nord e Sud, per la Basilicata i livelli di “efficienza” e di “appropriatezza” sono classificati “bassi” mentre nei parametri “soddisfazione ed accessibilità” ed “efficacia” il SSR lucano merita il livello “medio-alto”. Questo significa che le spinte verso l’efficienza della spesa spesso hanno conseguenze poco desiderabili come risultati, sia in termini di esiti di salute che di appropriatezza, accessibilità e soddisfazione da parte dei cittadini.
Il quadro che emerge dal rapporto Osservasalute 2012 è in netta regressione sul piano della salute: gli stili di vita delle generazioni più giovani peggiorano vistosamente e tutti i principali comportamenti a rischio, responsabili di quasi l’80% delle patologie di cui si ammalano gli italiani, sono negli ultimi anni in aumento e fanno correre il rischio di una «inversione di tendenza che potrebbe portarci per la prima volta nella storia del Paese ad avere un’aspettativa di vita che non aumenta o che, addirittura, decresce». Ma, soprattutto, le prospettive sono negative per il SSN, anzi per i 21 SSR regionali e provinciali autonomi «che sono anch’essi vittime dello stallo politico generale e della crisi finanziaria, che ormai fa dell’Italia un Paese in rapido, speriamo non irreversibile declino».
Dal confronto tra i livelli di efficienza e di efficacia registrati nelle Regioni emerge che Bolzano e Abruzzo, a fronte di bilanci di spesa positivi, fanno registrare livelli bassi e medio-bassi di efficacia. Si tratta, quindi, di casi in cui una buona gestione della spesa non concorda con altrettanti buoni risultati in termini di salute. Al contrario, Regioni con i conti in rosso come Liguria e Basilicata, possono vantare livelli medio-alti di efficacia del sistema sanitario.
I dati sono quelli del 2011, quindi sono più un’istantanea del recente passato che un collegamento in diretta su quel che sta succedendo oggi. Ma sono utili a mettere a fuoco la direzione intrapresa dalla salute italiana.
E’ il caso di sottolineare che l’ “Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane” ha lo scopo di monitorare, secondo criteri di scientificità, l’impatto dei determinanti organizzativi e gestionali su cui si fondano attualmente i Sistemi Sanitari Regionali e trasferire i risultati della ricerca ai responsabili regionali, aziendali e alla comunità scientifica nazionale ed internazionale. Dunque un organismo “neutro” rispetto a quello prescelto dalla Regione per commissionare il rapporto che ha determinato la parola d’ordine “Ammalarmi meno, curarsi meglio” alla base dei “famosi” Stati Generali della Salute e che deve sollecitare tutti i soggetti della sanità ad un’attenta verifica e riflessione, senza occultare dati e responsabilità.
Michele Cataldi, Sanità Futura