Per la sanità il 2013 è stato un anno perso sia per le promesse di politica sanitaria nazionale che per le aspettative regionali andate deluse. Il dato di partenza è che al di là di enunciazioni di principio e di annunci la sanità è stata esclusa dall’agenda politica nazionale e regionale. A livello nazionale, nessun impegno è stato mantenuto: dalla riforma delle cure primarie (decreto Balduzzi) operativa da gennaio e con scadenze precise, tutte eluse. Al Patto per la Salute che, solo fino a poche settimane fa, si dava ancora per certo entro l’anno e che invece naviga ancora in alto mare ormai appesantito da tante di quelle materie di accordo tra Governo e Regioni da essere diventato una sorta di nuovo e inedito Piano sanitario nazionale. Al palo sono rimasti i nuovi Lea (decreto Balduzzi) mentre l’unica cosa che i governi hanno dimostrato di saper fare è quella di tenere a freno la spesa attraverso tagli lineari e progressivi che restano l’unica traccia visibile e concreta delle politiche sanitarie degli ultimi anni. Il risultato è un taglio senza precedenti al comparto valutabile, a secondo dei calcoli, tra i 25 e i 30 miliardi di euro e che ora potrebbe essere ancora elevato dalla nuova spending review del Governo. Il bilancio è ancor più preoccupante perché quando milioni di persone, come dicono le ultime statistiche, non si curano per mancanza di soldi, siamo di fronte ad una sconfitta. Per noi l’accesso alle cure per tutti rimane una questione fondamentale, la chiave qualitativa su cui misurare il Ssn che vogliamo resti un diritto universale. Nel momento in cui a milioni si allontanano dalle cure siamo di fronte ad un campanello d’allarme che ci fa chiudere l’anno con un grave problema. Tutto ciò mentre aumentano in Italia le disuguaglianze territoriali in merito alle condizioni di salute che, rispetto al 2005, peggiorano al Sud: cresce infatti, dal 13,2% al 15,5%, la quota di multicronici (in particolare fra le donne).
Per il nuovo anno servono atteggiamenti radicalmente diversi, altrimenti il rischio è quello di ripetere gli errori del 2013. Per questo abbiamo teso una mano al Governatore Pittella e al nuovo Assessore Francione ribadendo che la regione e con essa la sanità lucana hanno bisogno di essere governate, di avere risposte concrete ed efficaci e, in primo luogo, hanno bisogno di una svolta nelle relazioni con i soggetti sociali ed imprenditoriali che hanno consentito sinora di mantenere servizi, prestazioni essenziali al diritto alla salute, posti di lavoro, attività produttive. La priorità è un riposizionamento delle politiche sanitarie e del welfare rapido, incisivo, serio, fortemente orientato alla risoluzione veloce dei punti di maggiore criticità. La nostra ricetta si fonda sulla presa in carico di un problema più grande che chiede un approccio interdiscilpinare, fatto di reale semplificazione amministrativa, di formazione professionale, di investimenti nell’implementazione di nuove tecnologie, di innovazione dei processi aziendali, di integrazione con altri mondi produttivi. Partendo – per usare una parola del vocabolario del neo Governatore – da una “piccola rivoluzione”: ridare piena dignità alle imprese della sanità privata accredita, una sessantina in Basilicata per oltre 600 posti di lavoro tra dipendenti, contrattualizzati a vario titolo, lavoratori autonomi e che svolgono un ruolo insostituibile specie per “aggirare” le liste di attesa e garantire sul territorio prestazioni e servizi alla salute dei cittadini.
Michele Cataldi, Giuseppe Demarzio
Sanità Futura Basilicata
Gen 07