Riportiamo l’audizione di Antonio Flovilla, presidente Anisap Basilicata, in Quarta Commissione. Di seguito la nota integrale.
“Non è la prima volta che il governo regionale riordina il SSR di Basilicata. Sono “altresì” convinto che non sarà nemmeno l’ultima. Non voglio fare la storia dei vari riordini, pertanto, mi limito alla cronaca degli ultimi interventi: la legge Regionale n°12/2008 ed il piano regionale integrato della salute 2012-2015. Ricordo che nel corso del dibatto sviluppatesi prima dell’approvazione della legge 12/08 furono fatte una serie di considerazioni che portarono ad intravedere alcune prospettive per anticipare la inversione di tendenza nella produzione di servizi sanitari a disposizione del cittadino, che poi avrebbe trovato completa attuazione con il Piano Regionale Integrato della Salute 2012-2015. In sintesi si sarebbe dovuto realizzare il passaggio dalla concezione Ospedale-centrica, che erigeva gli ospedali ad unico riferimento su cui far convergere le esigenze dei cittadini, ad una concezione utente-centrica che doveva porre i servizi sanitari sociali ed assistenziali accanto al cittadino, diffusi sul territorio, coordinati dal distretto – riferimento e cabina di comando- che si organizza in sistema in grado di soddisfare i bisogni di salute
Tel organizzazione mise in luce una serie di complessità e di nuove figure di coordinamento e controllo. Un sistema così definito era apparso degno di nota e condivisibile nei suoi intenti.
Come pure dobbiamo ricordare che all’epoca emersero una serie di quesiti che riguardavano la traduzione di tale impianto teorico nella concreta realtà del territorio di Basilicata.
Allora mettemmo in evidenza che i percorsi ipotizzati necessitano di una puntuale pianificazione tesa ad indicare presidi, attività territori, competenze e risorse a ciò destinate per realizzare appunto quella che veniva definita una inversione di tendenza, senza lasciarsi prendere dal nuovismo a tutti i costi.
La nuova sanità, dal nostro punto di vista, ha bisogno di una seria e realistica riconversione del ruolo e delle funzioni dell’esistente, con precisa indicazione delle strutture e dei territori coinvolti.
Anche all’epoca evidenziammo l’utilità e la necessità di far precedere tale trasformazione o riconversione da una valutazione di impatto ex-ante, anche economico, poiché convertire non vuol dire chiudere o limitare i servizi. Anzi, è probabile che per migliorare il rapporto con il territori e seguire un percorso il più condiviso possibile sia necessario avvicinare altri e nuovi servizi alla comunità e alla persona.
Come pure occorreva rendere chiaro il mandato regionale attraverso una regolazione intellegibile dei rapporti tra le Azienda Sanitarie Regionali: non accedendo alla tesi dell’unica azienda sanitaria territoriale regionale e dell’unica azienda ospedaliera regionale, fatta eccezione per l’autonomia dell’IRCCS CROB, bisognava stabilire “chi” doveva fare “cosa”, senza alcuna ambiguità. Il san Carlo dal canto suo doveva essere messo in condizione di esercitare il ruolo di indiscusso protagonista dell’”eccellenza sanitaria” della regione, senza invadere campi e territori non più di sua competenza.
Altri interrogativi: quale il ruolo dell’ospedale di Matera, come riorganizzare la rete dell’emergenza-urgenza e tanti altri ancora ad oggi non hanno trovato riposta. Infatti, il tutto, nonostante i due tentativi di riformare il sistema, si è limitato a definire due aziende territoriali, con lo spostamento di qualche ospedale (vedi Pescopagano) dalla Asl al San Carlo(L.R. 12/08). Con il Piano Regionale Integrato della Salute, che dovevaavvicinare la medicina ed i servizi al territorio, non si è raggiunto alcun risultato concreto in tal senso. Le questioni enunciate e non risolte, soprattutto quelle che dovevano caratterizzare il Piano Regionale Integrato della Salute, rimangono ad oggi tutte aperte.
Oggi si pone nuovamente mano al riordino del Sistema Sanitario Regionale,annunciato come riforma definitiva per organizzare il Servizio Sanitario Regionale, adeguando l’assetto strutturale ed organizzativo agli standard qualitativi e di sostenibilità economico-finanziaria, mediante interventi di promozione della produttività e dell’efficienza delle aziende e degli enti del Servizio sanitario regionale, al fine di garantire l’erogazione dei LEA. Tale riforma nella sostanza si limita a definire la governance senza interventi concreti sulle questioni aperte.
Il riordino si limita, per la provincia di Potenza, al passaggio gestionale di alcuni ospedali dall’ASL al San Carlo, senza indicarne modalità e termini riorganizzativi ed economici. Si enunciano le eccellenze del San Carlo, di Chiaromonte, di Maratea, del CROB, senza fare un’analisi critica di tutte le realtà presenti sul territorio regionale e ignorando, o facendo finta di ignorare, che le eccellenze, soprattutto in sanità hanno dei costi notevoli per essere create e per essere mantenute. Non mi pare che la nostra Regione disponga, per vincolo nazionale, mancanza di volontà, ovvero, incapacità a limitare la presenza di strutture ospedaliere, delle risorse necessarie.
Per Matera tutto rimane immutato, salvo a dire che Policoro è integrato con l’altra eccellenza in sanità rappresentata dell’Ospedale di Matera.
Ci saremmo aspettati, prima di procedere ad un ulteriore riordino del SSR, un’analisi del perché della evidente crisi dell’azienda ospedaliera San Carlo, il cui ruolo già è stato svilito quando il programmatore si è preoccupato di aggiungere piccoli servizi inconsistenti dal punto di vista strategico, pur di recuperare (?) una centralità ormai perduta anche e nonostante il tentativo dannoso di farla diventare colonia o, peggio, Centro di raccolta di patologie complesse a vantaggio di strutture extra regionali, ancorché prestigiose.
Per quanto riguarda l’IRCCS CROB, si è chiesto qualcuno qual è il ruolo strategico che svolge nel campo della ricerca? Che tipo di ricerca si fa? E se si fa? Quale ruolo dovrà avere o continuare ad avere in coerenza con li riconoscimento ministeriale di IRCCS nella lotta ai tumori?
Nel riordino non si parla del destino della riabilitazione e delle strutture territoriali ad essa dedicata, che hanno una notevole incidenza sulla spesa sanitaria e che sfuggono continuamente ad un’attenta valutazione,in assenza dell’attivazione di un sistema di monitoraggio e controllo. Così,nell’ambito della revisione del numero di posti letto,mentre si programma una riduzione degli stessi, si pensa a costruire nuovi ospedali per acuti.
Tutto sembra destinato al mantenimento dello status quo, con qualche piccola modifica.
Ovviamente non vi è una parola sul ruolo da assegnare al privato accreditato e lo spazio da riservare alla libera iniziativa. L’idea di una sua possibile integrazione a pieno titolo nel sistema pubblico di erogazione dei servizi e prestazioni sanitarie, di un suo possibile coinvolgimento nella riduzione delle liste di attesa e nella capacità di agire sul territorio per sopperire alle tante carenze del sistema pubblico, non viene nemmeno sfiorata.
E poi vi è tutto il tema della “distrettualizzazione” dei servizi, ovvero, a distanza di oltre 8 anni ancora non sono stati costituiti e resi organizzativamente visibili i Distretti.
In conclusione, sembra che in questa Regione, sicuramente nella sanità, serpeggi una sindrome gattopardiana per la quale “si cambia tutto per non cambiare niente”, citando il famoso Giusseppe Tomasi di Lampedusa”.
Antonio Flovilla, presidente Anisap Basilicata
Chiediamo alla Quarta – ha detto Cataldi – almeno un “gesto di buon senso”: si prenda atto di questa situazione e si proponga alla Giunta di adottare un atto integrativo alla delibera che ci riguarda per correggere le profonde distorsioni che la rendono di fatto inapplicabile visto che le risorse sono già finite. Un gesto di trasparenza estrema, che ridia la certezza di essere remunerati per le prestazioni che vengono erogate agli utenti lucani come a quelli extraregionali, ridando dignità al nostro lavoro. La Quarta Commissione (Problemi Sociali) del Consiglio Regionale potrà promuovere al contempo un’indagine per accertare responsabilità nella situazione paradossale che si è venuta a determinare per la fisiochinesiterapia, laddove le risorse previste in delibera per la competitività non ci sono più, sono già finite. Una situazione per la quale la delibera pretenderebbe di far sottoscrivere i contratti alle strutture a far data dal 1 gennaio 2016, quando oggi siamo al 13 di ottobre, quasi come una forma di estorsione visto che in mancanza della sottoscrizione sarebbero fuori dal sistema. E’ la richiesta che Michele Cataldi ha fatto a nome di Sanità Futura nel corso dell’audizione in Quarta dedicata al ddl della giunta sul riordino del sistema sanitario.
Cataldi ha ricordato che è stato introdotto, per la prima volta, raccogliendo le sollecitazioni dell’organismo consiliare condivise da Sanità Futura, un criterio di competitività per uscire da una situazione bloccata da anni sullo storico. In realtà il criterio della sana competizione ne risulta incredibilmente azzerato e le indicazioni della IV commissione solo un mero gesto formale privo di qualsiasi sostanza. I fondi, specie per le prestazioni di fisiokinesiterapia, sono esauriti e pertanto – ha detto – ogni buona volontà di introdurre una svolta a favore della sanità privata accreditata resterà solo un principio tradito in partenza.
Nel sottolineare che la specialistica ambulatoriale lucana è agonizzante, come dimostrano i numeri presentati ai commissari con una tabella riepilogativa, il presidente di Sanità Futura ha riproposto la questione della mobilità extraregionale, che è stata addirittura indicata nella relazione del dipartimento regionale alla salute come una delle voci positive. Anche su questo aspetto si registra invece che la regione Basilicata è stata quella che per prima ha bloccato la mobilità attiva a vantaggio delle regioni limitrofe. A Matera i tagli di spesa e le norme sull’immigrazione sanitaria sono particolarmente sentiti dagli operatori in quanto la città è una sorta di avamposto per la tutela della salute al servizio di utenti pugliesi che vengono qui per utilizzare le prestazioni dei centri accreditati evidentemente soddisfatti dei livelli di qualità garantiti da tecnologie avanzate e dalla professionalità degli operatori. E oggi il risultato è sotto gli occhi e nella vita delle persone a rischio di “respingimento”.
Infine, il presidente di Sanità Futura ha ricordato l’introduzione del “tariffario etico” per permettere ai non residenti in Basilicata l’accesso alle prestazioni senza ricetta del SSN a costi contenuti molto vicini a quelli del Servizio Sanitario Nazionale, un’iniziativa che si aggiunge in corsa alla campagna “Non siamo un numero” iniziata l’estate scorsa che sui social ha raggiunto, in un paio di mesi, oltre 100mila persone con 12mila interazioni e ha visto circa 500 cittadini iscriversi Sanità Futura che ha aperto l’associazione direttamente agli utenti.