Quale risposta alla ingiustificata tendenza a raggiungere gli ospedali del Nord Italia per trattamenti sanitari, in molti casi con risposte inadeguate ai bisogni di salute espressi, è opportuno segnalare ripetuti esempi di cittadini lucani dichiarati ‘non trattabili’ e condannati alla inesorabile evoluzione della malattia in blasonati nosocomi extraregionali e che, invece, sono stati presi in carico con successo dall’Azienda ospedaliera regionale ‘San Carlo’. Di recente, ad esempio, il team multidisciplinare composto dalla Chirurgia generale dell’ospedale ‘San Giovanni di Dio’ di Melfi e dall’Oncologia medica dell’ospedale ‘San Carlo’ di Potenza ha effettuato con successo complessi interventi su pazienti rientranti in detta tipologia.
Il direttore generale dell’Azienda Giuseppe Spera rende noti questi casi “frutto di un costante lavoro di questa direzione volto da un lato a innovare tecnologie e a reclutare professionalità di indubbio valore, dall’altro a far conoscere il livello di eccellenza nelle prestazioni espletate dai nostri professionisti. Si assiste ad una inversione di marcia che negli ultimi tempi sta indirizzando pazienti alle nostre strutture per attività di elevata complessità e, frequentemente, anche per rimediare a prestazioni non ineccepibili ricevute in altri ospedali. Rammentando come si tratti di sofferenza e di importanti problematiche di salute -conclude il Dg Spera- occorre sottolineare ancora una volta la qualità dei nostri ospedali e la continua dedizione allo studio e alla ricerca che, come in questi casi, sono decisivi per salvare la vita delle persone, oltre a rappresentare uno stimolo per l’Azienda a fare sempre meglio”.
L’assessore regionale alla Salute e Politiche della Persona, Francesco Fanelli, ha formulato i propri complimenti a tutta l’equipe medica per gli ottimi risultati ottenuti ricordando l’importanza degli investimenti effettuati sia in termini di potenziamento del parco tecnologico dei presidi ospedalieri del territorio, sia in termini di grandi professionalità. “La programmazione sanitaria messa in campo ha permesso di intensificare i successi in ambito clinico delle strutture lucane che si confermano altamente capaci e qualificate nell’erogazione dei servizi di cura. Le nostre strutture non hanno nulla da invidiare a quelle del resto d’Italia, anzi. Siamo capaci di offrire risposte efficienti al pari di altri e con il giusto sostegno, quello che da parte mia non mancherà mai a tutti i nosocomi territoriali, continueremo ad intensificare questa tendenza affinché i cittadini lucani si sentano sempre più al sicuro nell’affidarsi ai nostri centri di cura e rifuggire l’idea di curarsi altrove”.
“Gli ultimi casi riguardano una donna ed un uomo, rispettivamente di quarantanove e cinquant’anni, ai quali era stato diagnosticato un carcinoma del colon con estese metastasi epatiche”, precisa la dottoressa Maria Lucia Izzo, direttore della Chirurgia generale dell’ospedale di Melfi. “In entrambe le circostanze -continua il chirurgo- per i medici degli ospedali ai quali si erano rivolti i pazienti risultavano inoperabili. Grazie alla biologia molecolare, che ha evidenziato l’assenza di mutazioni genetiche, i pazienti sono stati arruolati in due diversi studi clinici condotti dal dottor Gerardo Rosati, dell’UOC di Oncologia diretta dal dott. Domenico Bilancia, e successivamente sottoposti ad una terapia che, discretamente tollerata, ha consentito in entrambi i casi una importante riduzione numerica e dimensionale delle metastasi epatiche e reso possibile la rivalutazione chirurgica in stretta collaborazione con lo staff anestesiologico, in particolare i dottori Giuseppe Griesi e Eulalia Tudisco, che ha condotto alla rimozione delle metastasi epatiche residue e del tumore. A queste due persone se ne è aggiunta una terza che, affidandosi ai positivi esiti dello studio condotto in oncologia, ha Il percorso multidisciplinare, con l’interazione fra oncologi chirurghi, radiologi ed endoscopisti, perseguendo un trattamento mirato -conclude la dottoressa Izzo- può assicurare i pazienti alla guarigione, come è successo anche in un terzo caso simile, la cui Tac di controllo a quaranta giorni dall’intervento ha decretato, oggi, la fine della malattia”.