La spesa degli italiani per i ticket sanitari è aumentata del 53% in 3 anni ma il valore delle prestazioni mediche ricevute è rimasto inalterato. Mentre la spesa sanitaria nazionale, nel suo complesso è aumentata del 60% in dieci anni. Questo il quadro che emerge dal rapporto di Compendio Sic Sanità in cifre 2011, presentato da FederAnziani, proprio quando il presidente del Consiglio Mario Monti ha lanciato l’allarme sulla futura insostenibilità del sistema sanitario nazionale. Sono dati che allarmano di più in Basilicata che è tra le tre regioni con il ticket sanitario più caro e con la rimodulazione dello stesso finita, dopo un anno dalla decisione del Consiglio Regionale, in un “vicolo cieco” a seguito della bocciatura del Governo in merito all’indicatore Isee. E se non bastassero le parole del Premier, il ministro Balduzzi sottolinea che nel caso in cui non si intervenisse attraverso una riorganizzazione complessiva del Ssn “dal primo gennaio del 2014, sulla base di scelte effettuate nel 2011 dal precedente governo, noi avremo due miliardi di nuovi ticket aggiuntivi”.
Per le strutture sanitarie private accreditate che hanno già “dato” in termini di sacrifici diretti con l’applicazione della norma prevista dalla legge sulla Finanziaria Regionale 2012 all’art. 23 (riduzione dello 0,5% per il 2012, dell’1% per il 2013 e del 2% per il 2014) la strada per coniugare diritto alla salute, prestazioni di impresa, occupazione diretta (almeno 600 operatori nelle 63 strutture private accreditate) e riduzione di spesa è stata da tempo indicata della lotta “senza quartiere” agli sprechi che si annidano nel Servizio Sanitario Regionale evitando l’errore di tagliare in modo indiscriminato (i cosiddetti tagli lineari) ma anzi scegliendo di investire nei punti di efficienza soprattutto se tali scelte attengono più ad una questione di rimodulazione delle regole che non all’impatto sulla spesa pubblica.
Persistono gli sprechi per alcuni parametri di bilancio delle Asl, (pulizia e lavanderia, alimenti e mensa, utenze telefoniche, spese legali, riscaldamento e assicurazioni, che nel triennio 2007-2009 – secondo dati Osservatorio Salute – hanno depauperato le casse dello Stato per circa 4,5 miliardi di euro in sprechi ingiustificabili, contribuendo così alla diminuzione dell’erogazione dei Lea e inficiando pesantemente il diritto alla salute dei cittadini.
È largamente auspicabile, perciò, che il nostro governo regionale imbocchi una strada diversa, abbandonando finalmente la “zona di bilico” sulla quale indugia da troppo tempo e che costringe a continue manovre ripetute e frettolose per rincorrere gli equilibri di cassa. Il prossimo appuntamento ravvicinato è rappresentato dalla manovra finanziaria di fine anno che varrà per il 2013 nella quale immancabilmente ritroveremo il ripiano dei disavanzi delle Aziende Sanitarie, dell’A.O. San Carlo e del Crob-Irccs di Rionero (45,5 milioni di euro contenuti nella Finanziaria 2012) e persino una nuova posta finanziaria per il mega-ospedale progettato a Lagonegro. Per questi motivi noi non rinunciamo a dare il nostro contributo propositivo su come tagliare inefficienze e sprechi e, specie adesso che la “coperta statale” è sempre più corta, non ci siamo tirati indietro dal fare la nostra parte di sacrifici poichè siamo convinti della necessità di una interazione pubblico-privato che sia sana, corretta e senza inquinamenti ideologici. Noi insistiamo nel modello sinergico pubblico-privato, non rinunciando alla competizione su qualità e costi, con una condizione di base: dare piena dignità al sistema privato a cominciare dai suoi operatori e dai titolari delle imprese. A nostro parere, la virtuosità di spesa non può fondarsi sul taglio delle cure ai cittadini e quindi non può essere l’unico parametro per testare l’efficienza e l’efficacia del sistema sanitario regionale. Sicuramente è l’elemento fondamentale per poter ambire al premio, ma rischia di configgere con lo slogan adottato dalla Giunta Regionale – “ammalarsi meno curarsi meglio” – che richiede ben altre azioni.
Michele Cataldi, Sanità Futura