Sanità Futura Basilicata commenta l’accordo interregionale sulla mobilità sanitaria: Si metta fine definitivamente a discriminazioni regionali nel trattamento dei pazienti “extra regione”. Di seguito la nota integrale.
L’accordo interregionale sulla mobilità sanitaria – vale a dire la compensazione tra la spesa sostenuta dalle Regioni per prestazioni e servizi erogati ai propri cittadini utenti del SSR presso strutture di altre Regioni e viceversa – sottoscritto in sede di Conferenza delle Regioni e quindi anche dalla Basilicata, rende finalmente chiara la discriminazione operata nel trattamento dei pazienti “extra regione” e al tempo stesso conferma il comportamento “strabico” assunto dalla nostra Regione e più volte evidenziato da Sanità Futura.
E’ il caso di ricordare che la Regione Basilicata è l’unica Regione d’Italia ad aver introdotto norme che hanno previsto il “respingimento” di utenti di altre regioni, in assenza di accordi interregionali, disconoscendo di fatto che la mobilità sanitaria è un diritto di ogni cittadino italiano ed è il vero strumento in grado di ridurre il nostro saldo passivo (differenza tra mobilità passiva e mobilità attiva) che si aggira tra i 30-40 milioni di euro l’anno e che la nostra Regione riceve in meno dal fondo nazionale attraverso la compensazione della mobilità sanitaria.
Per questa ragione, ancora una volta, ci troviamo costretti a censurare la gestione locale della sanità pubblica: sostanzialmente la questione è attinente ai rapporti tra le diverse Regioni, da sempre legata alla capacità di attrazione che ogni Regione mette in campo proprio per garantire la massima libertà di cura dei cittadini, che possono decidere dove recarsi per ricevere prestazioni sanitarie.
Già nel 2014, in conformità al Patto per la salute 2014 – 2016, veniva sancita la reciproca fiducia tra le varie Regioni, prevedendo la compensazione regionale per le prestazioni effettuate in favore di cittadini residenti in altre Regioni, impostando come unici limiti la tariffazione e l’appropriatezza, ossia il costo delle singole prestazioni e la loro coerenza con la patologia del paziente. In pratica, dunque, per tutte le prestazioni che i centri pubblici e privati accreditati, effettuano nel territorio della Basilicata in favore di pazienti residenti in altre regioni, la nostra Regione avrebbe percepito il rimborso della somma anticipata attraverso i trasferimenti del fondo sanitario nazionale. Va da sé che l’assoluta fiducia tra le Regioni, come sancito nel citato Patto della salute, non impone alcun limite in assenza di accordi tra regioni e di fatti fino a tutto il 2015 il tetto era fissato, peraltro conformemente alla riduzione di spesa sanitaria prevista dal Governo, solamente per le prestazioni effettuate verso i cittadini residenti, al pari di come operato dalle altre Regioni.
Tuttavia nel 2016 la Regione Basilicata, animata da non si sa quale interesse sicuramente non trasparente, decide in piena autonomia ed unilateralità, di rivedere la sua posizione, assunta in sede di Conferenza permanente Stato-Regioni-Province autonome, imponendo alle strutture accreditate private, nel mese d’agosto, un tetto annuale anche per le prestazioni rese in regime di mobilità sanitaria attiva. Un comportamento che, poi, è stato riconfermato nel successivo mese di Novembre, quando il Dipartimento Politiche della Persona ha formulato una bozza di contratto tra l’Azienda Sanitaria Locale ed i Centri Accreditati, che effettuano prestazioni all’interno del circuito del servizio Sanitario Regionale.
Il paradosso di tutta questa vicenda è che nel febbraio di quest’anno, la stessa Regione Basilicata ha sottoscritto l’accordo, con le altre Regioni, finalizzato alla totale compensazione, senza tetti, della mobilità sanitaria.
Ferma restando, ora, l’attuazione di una pessima politica amministrativa, essendo quanto meno assurdo che da un lato si sottoscrive un accordo nazionale per compensare mobilità passiva con mobilità attiva e successivamente, nel più totale disprezzo del buon senso e del diritto di strutture e pazienti, si delibera autolimitando le proprie entrate, salvo poi, alla fine, riassumere l’impegno ultraregionale di pagare la totalità delle prestazioni ricevute dai propri cittadini in altre regioni. Non si capisce quali possano essere le ragioni che hanno spinto la nostra Regione verso una scelta così autolesionistica se non ricorrendo a logiche carrieristiche e di potere che avrebbero come fine vantaggi di cassa immediati a fronte di un danno certo ma spostato nel futuro. Ma se non si volesse cedere alle supposizioni, resterebbe la inadeguatezza sul piano professionale che imporrebbe quanto meno la rotazione dei dirigenti regionali che così facendo si rendono responsabili di una diminuzione della mobilità attiva di circa 7 milioni di euro. Si badi che tale valore in realtà è costituito da prestazioni sanitarie spesso salva vita nonchè di lavoro di professionisti e strutture.
Ci si chiede, ora, se i dirigenti, operanti all’interno dei vari livelli, si rendono conto del doppio danno arrecato dalla loro condotta alla Regione Basilicata, quindi anche ai cittadini lucani. In effetti la deliberazione di agosto ha comportato che i residenti in altre Regioni non venissero accolti nelle strutture lucane, ma al contrario i cittadini lucani hanno continuato a recarsi nei presidi di altre Regioni, con l’effetto, da un lato, che i lucani hanno perso milioni di euro per tutte le prestazioni che sarebbero (ma non sono) state effettuate da Agosto a Dicembre, dall’altro sono costretti a pagare le altre Regioni. Così facendo il tanto decantato, sia dalla Regione che dalle Asl di Matera e di Potenza, risparmio di spesa, si traduce, di fatto, in un aumento del saldo di mobilità passiva. Inoltre questa scellerata politica ha indotto le due Aziende Sanitarie lucane, pur non esenti da responsabilità per il loro sguardo acritico su tutta la vicenda, a non pagare le prestazioni che sono state erogate dai “presidi” privati accreditati del servizio sanitario nazionale. Questa violazione contrattuale, censurabile in ogni sede, senza la possibilità, per le due Asl, di addurre valide difese, ha creato un altro problema per la nostra Regione: da un lato riceverà il pagamento delle prestazioni dal fondo sanitario nazionale e dall’altro, non pagandole alle strutture che le hanno erogate, configurerà un illecito arricchimento che produrrà maggiori costi per spese di contenzioso.
Come potrà uscire da questo “falso” in bilancio la nostra Regione? Il tutto avviene solo a danno dell’intera utenza lucana, la quale continua a vedersi tagliare risorse per le cure, a causa di politiche amministrative illogiche ed insensate, che trovano la loro origine non certo nel pubblico interesse. A questo punto non resta che fare appello alla massima Istituzione politica della nostra Regione, il Consiglio regionale, così come al management delle due Aziende sanitarie locali, affinché inizino una politica riparatrice ed operosa, dando più attenzione proposte delle associazioni di categoria e non perdendosi in interpretazioni legislative acritiche e fantasiose, ma attenendosi alle norme vigenti e al buon senso.
Non si sottovaluti che l’accordo interregionale sulla mobilità sanitaria è un accordo di solidarietà in quanto – come non mancano di spiegare i numerosi Governatori delle Regioni virtuose – i pazienti che provenienti da fuori Regione, hanno patologie vere e l’urgenza di ricevere prestazioni sanitarie adeguate, non si affermi perciò che alcune Regioni guadagnano o speculano curando i cittadini di altre Regioni. Quel che è certo è che il Piano nazionale mobilità – come si legge nel documento – dovrà superare la dimensione squisitamente finanziaria che ha caratterizzato il tema negli ultimi anni per garantire effettivamente il diritto alla salute uguale per tutti gli italiani, siano residenti in una regione o in un’altra, del nord, del centro, o del sud di questo paese indivisibile chiamato Italia.
Sanità Futura Basilicata