Facendo seguito a precedenti note con le quali sono stati segnalati errori contenuti nella delibera di giunta con la quale la Regione ha provveduto alla distribuzione dei cosiddetti risparmi di settore verso le strutture del comparto, Sanità Futura, in una lettera inviata oltre che al direttore generale del Dipartimento Salute, al Presidente della Regione e ai capigruppo, anche alla Procura della Repubblica e alla Corte dei Conti, evidenzia un errore, definito “di portata fondamentale”, che attiene al calcolo del valore complessivo (risparmio di settore) oggetto di redistribuzione verso quelle strutture che hanno superato il tetto contrattuale assegnato.
La vicenda, conosciuta come “risparmi di settore” – sottolinea Sanità Futura – trae origine da una deliberazione di giunta regionale (la n. 25 del 15 gennaio 2014) che inserendosi nel blocco, fino al 31 dicembre 2014, dei tetti di spesa, dovrebbe riassegnare gli eventuali risparmi prodotti dallo stesso settore, verso quelle strutture che per soddisfare i maggiori fabbisogni richiesti dai cittadini sono state costrette a erogare prestazioni senza la indispensabile copertura finanziaria. Sanità Futura ricorda in proposito la sentenza del Consiglio di Stato che salva il modello adottato dalla Regione Puglia per la distribuzione delle risorse alle strutture private, attraverso un metodo decisamente innovativo che ristabilisce ruolo e funzioni del sistema sanitario privato e pertanto diviene un positivo esempio anche per la Basilicata. Il ‘rivoluzionario’ criterio introdotto da una delibera della giunta pugliese – sottolinea Sanità Futura – riguarda la redistribuzione del budget di spesa assegnato ai privati su base territoriale, rivedendo i criteri anacronistici di assegnazione del tetto di spesa su base storica lontano dai concetti di equità di accesso per i cittadini e di sana concorrenza tra le strutture private accreditate.
Dall’analisi delle tabelle di calcolo allegate alla delibera si evince che la nostra Regione sostiene di aver rilevato il cosiddetto risparmio fondandosi sulle norme contenute nella DGR 2105/ 2006 e nella DGR 689/2007, ebbene se così fosse – è questa la posizione di Sanità Futura – il calcolo è errato in partenza. Infatti, il risparmio di settore complessivo riportato in delibera (per anno) è nettamente inferiore al valore risultante dall’applicazione delle citate norme, ragion per cui vi sono ancora risorse rivenienti da risparmi di settore erroneamente non distribuite.
La rimozione dell’errore richiamato – è scritto nella lettera di Sanità Futura – è di natura e portata fondamentale per evitare gravi danni a quelle strutture che non venissero soddisfatte – e quindi danneggiate – in un loro legittimo diritto ma soprattutto è fondamentale per evitare la disparità di trattamento verso queste ultime, con l’inevitabile abuso da parte della pubblica amministrazione regionale.
Alla luce della fondatezza delle argomentazioni, nell’ottica di alimentare un rapporto costruttivo con le istituzioni regionali e per evitare inutili e costosi contenziosi oltre che possibili responsabilità sotto il profilo dell’abuso d’ufficio, Sanità Futura ribadisce la propria disponibilità ad un confronto che possa dirimere in senso positivo la questione ancora aperta.
Sanità Futura – precisa il presidente Michele Cataldi – non chiede maggiori risorse finanziarie alla Regione, bensì una loro equa distribuzione, per offrire eguali servizi a tutti i cittadini – per una questione di giustizia ed eticità – e perché le medesime prestazioni costino la stessa cifra indipendentemente dal centro in cui vengono erogate. Di qui la diffusione di un rapporto specifico con alcuni dati: su un totale di poco più di 25 milioni di euro di fondi destinati alla specialistica ambulatoriale la media pro-capite lucana è di 43 euro. Ci sono però chiare, evidenti ed ingiustificate situazioni di privilegio a danno di altre: in provincia di Potenza (17,8 milioni complessivi) la media è di 47 euro pro-capite, ma ben 99 euro per i cittadini residenti a Potenza e solo 16 euro per tutto il resto dei cittadini residenti negli altri comuni della provincia. Una fotografia di diritti negati che non può reggere tenendo conto oltretutto che in città come Potenza ci sono già servizi sanitari avanzati dovuti alla presenza degli ambulatori ospedalieri. Ciò significa che i pazienti di tutta Basilicata si dovranno spostare per forza di cose a Potenza. È quindi di efficienza che si vuole parlare e non di tagli che colpiscono solo i più deboli in quanto tali, lasciando intatti vecchi privilegi.
Stiamo parlando – conclude Cataldi – di come determinate scelte, operate secondo logiche che sembrano essere lontane dal buon senso e da qualsivoglia volontà di agire per il bene comune, ricadano su persone (non numeri) con nome e cognome, con famiglie, che vedono il loro diritto alla salute fortemente ostacolato e discriminato, nonché su persone e strutture che rischiano di vedere andare in fumo i sacrifici lavorativi di un’intera vita.