Riceviamo e pubblichiamo la nota inviata da Sanità Futura su rapporto Ceis Sanità lucana: “La sanità privata non si sottrae all’impegno “curarsi meglio”
Si vorrebbe ridurre il giudizio sulla sanità lucana in due pareri netti: chi “spara” sul modello lucano e chi lo “promuove” a pieni voti. Evidentemente così non si fa giustizia della realtà e, peggio, si rischia di buttarla nell’ennesima rissa.
E invece proprio per rendere merito al nostro servizio sanitario regionale dovremmo porre in luce gli errori e le criticità per convertirli in fattori di successo.
Dunque per noi, il Rapporto CEIS sulla sanità lucana è innanzitutto l’occasione, da non sprecare, per riprendere la fase di concertazione sociale nell’intero pianeta sanità, anche con le associazioni di categoria delle strutture private, tanto più che lo stesso Rapporto contiene alcune lacune sull’attività di specialistica ambulatoriale, (centri di fisioterapia, laboratori di analisi, ecc…), specie in termini di prestazioni erogate. Vorremmo poter sottolineare, senza scandalizzare nessuno, la scelta della concertazione, da non confondersi con la più fredda ed inutile consultazione. Purtroppo dobbiamo registrare che la concertazione è ancora formale e i tavoli tematici, specie con la sanità privata. non sono convocati da troppo tempo.
In troppi casi sul nostro territorio, le piccole strutture sanitarie private accreditate (circa 60 con quasi 600 dipendenti, con un’incidenza sulla spesa sanitaria regionale di appena il 2%, decisamente al di sotto della media Mezzogiorno per non parlare della media nazionale) sono l’unico presidio di tutela della salute pubblica svolgendo compiti e funzioni sostitutivi ed integrativi del servizio sanitario regionale.
A nostro parere, la virtuosità di spesa non può fondarsi sul taglio delle cure ai cittadini e quindi non può essere l’unico parametro per testare l’efficienza e l’efficacia del sistema sanitario regionale. Sicuramente è l’elemento fondamentale per poter ambire al premio, ma rischia di configgere con il “curarsi meglio” che richiede ben altre azioni.
Ma tornando al nostro Sistema Sanitario Regionale bisogna dire che è fondamentalmente sano e va dato merito, questo è semplicemente vero. Nella nostra Regione chi ha governato spesso ha scelto le giuste strade evitando il canto delle sirene degli industriali della sanità e soprattutto preferendo di rifarsi ai bisogni delle popolazioni minimizzando il rischio di gestioni allegre e dissennate.
Facendo sponda sul rapporto CEIS, potremmo comporre una nutrita lista di cose oggettivamente positive ma sappiamo molto bene che non sarebbero sufficienti per tenere in piedi il bilancio sanitario sotto il profilo finanziario ed economico. E allora, se le risorse sono scarse e preziose e se non si deve togliere le cure ai lucani, dovremmo però fare con serenità e sincerità la lista delle cose per le quali non possiamo certo vantarci di far bene. Non si tratta della storiella del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: la salvezza per il nostro sistema sta nel varcare il crinale su cui stiamo in bilico da troppo tempo.
L’invito è semplice: apriamoci al confronto sereno e responsabile senza i trucchi del politichese e con la forza della lealtà confronteremo le nostre soluzioni e scopriremo ulteriori potenzialità finora inespresse. Non stiamo parlando solo del privato, vogliamo parlare di sistema. Ci sono in questa Regione risorse umane del pubblico che sono ormai costitutive del nostro Sistema e che continuano a garantire con abnegazione, con la propria professionalità e con il proprio lavoro quotidiano la vera risposta ai bisogni di salute dei lucani.
Ma sappiamo che purtroppo ciò potrebbe non bastare, la nostra situazione non è tutta rose e fiori, può non essere sufficiente dire che siamo i migliori tra i peggiori d’Italia, siamo ancora in vetta alla classifica nazionale per il saldo di mobilità passiva (leggasi saldo e non semplicemente mobilità passiva), siamo anche tra quelle Regioni che spendono proporzionalmente di più in costi del personale amministrativo, siamo con un livello di sprechi inaccettabile in termini di appropriatezza di sistema (leggasi non solo prescrittiva) e, non per concludere, siamo anche al top in Italia per il caro ticket insieme a Lombardia e Piemonte.
Al rapporto CEIS dovrebbe essere affiancato un altro piccolo rapporto che però evidenzi i costi dell’enorme contenzioso generato in sanità (con i cittadini, con i dipendenti, con i fornitori, con le strutture accreditate, ecc…), i volumi e i livelli di spreco di risorse pubbliche, i livelli di soddisfazione/insoddisfazione dei cittadini lucani.
Riteniamo che la riorganizzazione federalista dello Stato trovi nella sanità ( L 42/2009) uno dei più importanti banchi di prova. Il federalismo, soprattutto nell’erogazione di servizi e prestazioni di tutela della salute, non può giustificare un’ulteriore divaricazione nel Paese, differenze strutturali esistenti tra i sistemi sanitari delle Regioni e ancor più giustificare sperequazioni tariffarie a carico degli utenti-cittadini, come nel caso dei ticket sulla specialistica ambulatoriale.
I profondi cambiamenti di assistenza, la reintroduzione del ticket mettono il Sistema Sanitario Regionale, oggi più che mai, al centro di un importante dibattito che coinvolge un po’ tutte le fasce di popolazione. La Regione Basilicata, a fronte delle 13.000 firme raccolte dal Comitato delle Associazioni di categoria della sanità privata, da dicembre (Finanziaria Regionale) ha aperto alla possibilità di rivedere l’applicazione dei ticket, che non potrà essere sospesa completamente questo è chiaro a tutti – poiché vi è una normativa nazionale specifica che lo impone – ma dovrebbe essere sostituita con “misure di partecipazione economica equivalenti sotto il profilo del mantenimento dell’equilibrio finanziario”. Il rinvio del nuovo Patto della Salute ad ottobre ci preoccupa non poco.
La sanità privata di questa Regione ha da tempo indicato alcune strade per risolvere alcune ataviche questioni e migliorare in termini sistemici le situazioni di spreco ed è pronta a scommettere e quindi a investire sul miglioramento del nostro Servizio sanitario regionale. Abbiamo progetti per passare da un saldo di mobilità passiva (accentuata con il super ticket) ad un saldo di mobilità attiva, progetti per integrare l’energia pulita all’interno del pianeta sanità lucana, progetti per allungare il ciclo di vita delle attrezzature elettroniche ed abbattere i costi di smaltimento improprio, per certificare le strutture sanitarie con le norme europee sulle imprese socialmente responsabili (CRS), progetti infine, per convertire le strutture territoriali in moderni e nuovi itinerari verso le strutture ospedaliere regionali in un momento in cui i sistemi sanitari delle regioni limitrofe stanno drasticamente riducendo i livelli di assistenza.
I curatori del Rapporto hanno evidenziato che solo il passaggio dall’eccessiva ospedalizzazione ai servizi ambulatoriali e territoriali può rappresentare quella svolta di cui c’è bisogno per incidere maggiormente sugli sprechi che sono annidati soprattutto sull’eccessiva frantumazione della rete ospedaliera con doppioni o strutture che non hanno più alcuna funzione e sono in fase di riconversione. Razionalizzazione della spesa, investimento nei territori, trasparenza sui dati, e concertazione. Questi dovrebbero essere i capisaldi della politica di riforma del sistema sanitario regionale.
Il sistema sanitario regionale può farcela? Le strutture private della nostra regione sono ancora sanità di “serie b” ? Noi che non siamo né tra quelli che “sparano” sul modello lucano della sanità e né tra quelli che lo promuovono a pieni voti gradiremmo essere messi tra quelli che possano partecipare al suo miglioramento.
Il futuro inizia sempre oggi, banale ma vero. E oggi alla luce del Rapporto CEIS rinnoviamo al governo regionale l’appello all’ascolto e al confronto.
Michele Cataldi, Sanità Futura