Disoccupati per il dolore causato dal danno articolare: sono circa 200mila gli italiani costretti ad abbandonare il lavoro o che non trovano piu’ un’occupazione perche’ affetti da patologie reumatiche invalidanti. Si tratta soprattutto di pazienti con malattie come l’artrite reumatoide, l’artrite psoriasica o la spondilite anchilosante, che nell’arco di 5 anni dalla diagnosi in quattro casi su dieci si ritrovano senza impiego perche’ per colpa del dolore non possono piu’ svolgere le loro abituali mansioni di impiegati, commercianti, artigiani, operai. I costi sociali complessivi solo per queste tre malattie ammontano a 4 miliardi perche’ alle perdite dovute al calo di produttivita’ e ai 23milioni di giorni di lavoro persi ogni anno, stimate in oltre 2,8 miliardi, si aggiungono i costi di disoccupazione, le spese per il trattamento della malattia, e gli assegni di inabilita’ e di invalidita’, che crescono al ritmo di 4000 nuove richieste all’anno e che sono inferiori solo a quelli erogati per neoplasie e malattie cardiocircolatorie. E’ questo il prezzo che l’Italia deve pagare per la carenza di posti letto, di strutture reumatologiche assistenziali e di una rete assistenziale reumatologica adeguata che permetta una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo e appropriato delle malattie reumatiche, specie di quelle piu’ invalidanti. L’allarme – segnalano Michele Cataldi e Giuseppe Dimarzio di Sanità Futura – arriva con la Giornata Mondiale contro le Malattie Reumatiche che ha come tema centrale “la prevenzione cura e rassicura”. Uno slogan che pone l’attenzione proprio sulla necessità di non sottovalutare certi sintomi. Un appello rivolto ai cittadini, ma anche ai medici e alle istituzioni.
L’importanza della diagnosi precoce in Reumatologia – evidenzia Sanità Futura alla quale aderisce la struttura Polimedica di Melfi con servizio specialistico di reumatologia – è confermata da un dato drammatico: se si considerano le patologie potenzialmente invalidanti, nel 10% dei casi si registra uno stato di invalidità lavorativa totale e permanente dopo solo 2 anni dall’insorgenza, nel 30% dopo 5 anni e nel 50% dopo 10 anni. “Ciò significa che la progressione delle malattie reumatiche, se non opportunamente controllata e contrastata, incide pesantemente e in maniera progressiva sulla qualità della vita, sulla frequenza dei ricoveri e sulla produttività”.
Non solo. I costi indiretti legati alle malattie reumatiche sono infatti enormi e a sostenerli sono soprattutto le famiglie, che vedono ridursi le entrate perche’ il lavoratore malato o il familiare che lo assiste non possono piu’ lavorare, ma anche lo Stato che negli ultimi 10 anni ha erogato oltre 165.000 assegni di invalidita’ a pazienti con malattie reumatiche. Soltanto nel 2012 l’INPS ha speso oltre 104 milioni di euro per questi pazienti; la cifra e’ per giunta in crescita del 10 per cento rispetto a tre anni prima, a indicare che i costi indiretti legati alle patologie reumatiche sono in continua crescita. Questo problema e’ riconducibile in larga misura alla mancanza di un’efficiente rete reumatologica che possa assicurare diagnosi precoci e garantire trattamenti appropriati e tempestivi.
Anche per questo è importante costituire una rete nazionale assistenziale che preveda la organizzazione di appositi servizi o “ Work Unit” in grado di effettuare una diagnosi precoce e favorire l’accesso alle terapie innovative. Una rete finalizzata – evidenziano i dirigenti di Sanità Futura – sia al recupero delle capacità lavorative del malato che a favorire un più rapido e fluido passaggio di informazioni dal medico di medicina generale allo specialista. In tal modo si accelererà anche la comunicazione con il datore di lavoro per aiutare e utilizzare al meglio il lavoratore affetto da malattie reumatiche gravi. La difficoltà ad attuare una diagnosi precoce per carenza o mancanza della rete assistenziale reumatologica infine accresce la percentuale di severità di queste patologie e conseguentemente incide fortemente sulla produttività dei lavoratori in ragione dell’assenteismo e del presenteismo passivo: aumentano le giornate perse a causa della malattia e diminuisce la produttività di quei pazienti, che pur essendo funzionalmente compromessi, sono comunque presenti al lavoro.