Ci sono dei momenti in cui le ingiustizie, i privilegi e le disuguaglianze hanno il sapore della tirannide e non sono più sopportabili: i più forti sottraggono risorse e diritti ai più deboli, infischiandosene dei danni procurati nell’immediato e ancor più delle conseguenze future.
Non si deve commettere l’errore di pensare che affermazioni come questa riguardino solo la storia dei popoli e delle nazioni, hanno a che vedere invece con la vita di ogni singolo che ne paga il prezzo sia in termini di vera e propria sopravvivenza, sia in termini di dignità personale.
Anche il nostro sistema sanitario regionale non è fuori da questa affermazione. Il riferimento è alla ripartizione dei fondi destinati alla specialistica ambulatoriale che non rispecchia la distribuzione della popolazione della Regione Basilicata e di conseguenza le prestazioni sanitarie da erogare.
E’ quanto evidenzia Sanità Futura alla vigilia di un incontro dei partiti di maggioranza che il Presidente Pittella ha convocato per la definizione dei tetti di spesa da affidare alle strutture ambulatoriali accreditate. A sostenere la tesi dell’ingiustizia e della conseguente negazione del diritto alla salute per tutti i lucani Sanità Futura ha diffuso una tabella di dati: su un totale di poco più di 25 milioni di euro di fondi destinati alla specialistica ambulatoriale la media pro-capite è di 43 euro. Ci sono però chiare, evidenti ed ingiustificate situazioni di privilegio a danno di altre: in provincia di Potenza (17,8 milioni complessivi) la media è di 47 euro pro-capite, ma ben 99 euro per i cittadini residenti a Potenza e solo 16 euro per tutto il resto dei cittadini residenti negli altri comuni della provincia; in provincia di Matera (7,6 milionicomplessivi) la media è di 37 euro ed anche qui con 81 euro per il Comune di Matera e 16 nei rimanenti comuni. Una fotografia di diritti negati che non può reggere tenendo conto oltretutto che in città come Potenza e Matera ci sono già servizi sanitari avanzati dovuti alla presenza degli ambulatori ospedalieri. Ciò significa che i pazienti di tutta Basilicata si dovranno spostare per forza di cose a Potenza e Matera.
Ma – è l’interrogativo di Sanità Futura – ciò accade forse perché sul territorio non esistono altri centri in grado di offrire le medesime prestazioni? No, non è così: i centri ci sono, di alta qualità (tanto che molti pazienti da Potenza si spostano verso la periferia), ma non possono erogare tutte le prestazioni di cui ha bisogno il bacino di utenza in quanto i fondi sono tutti dirottati verso altri lidi. Tra l’altro se andiamo ad analizzare in dettaglio, troveremo che anche all’interno delle città ci sono grosse disparità di distribuzione dei fondi. In pratica la discriminazione che ricade sulla pelle dei cittadini e delle persone che lavorano nei centri convenzionati, nasce dal crudo fatto che in Basilicata esistono “strutture più uguali di altre” che fagocitano tutte le risorse disponibili senza alcuna giustificazione in termini di necessità territoriali legate alla numerosità del bacino d’utenza.
Sanità Futura non chiede maggiori risorse finanziarie alla Regione, bensì una loro equa distribuzione, per offrire eguali servizi a tutti i cittadini e per una questione di giustizia ed eticità, perché le medesime prestazioni costino la stessa cifra indipendentemente dal centro in cui vengono erogate.
Per questo – si legge nella nota – ci battiamo contro un’ingiustizia che abbiamo definito tirannide, contro una situazione che richiede una vera e propria rivoluzione, una “rivoluzione democratica”. Per fortuna proprio in questi giorni verranno ridefiniti i termini che danno vita a questa sperequazione. Ci sarà la possibilità finalmente di iniziare questa rivoluzione tanto sbandierata e che Sanità Futura non potrà far altro che accogliere favorevolmente, ovviamente se i criteri saranno quelli della trasparenza e della giustizia sociale, del risparmio “intelligente”, con una riformulazione del sistema sanitario secondo una logica di efficienza e non di tagli che colpiscano solo i più deboli in quanto tali, lasciando intatti vecchi privilegi.
Stiamo parlando – conclude la nota – di come determinate scelte, operate secondo logiche che sembrano essere lontane dal buon senso e da qualsivoglia volontà di agire per il bene comune, ricadano su persone (non numeri) con nome e cognome, con famiglie, che vedono il loro diritto alla salute fortemente ostacolato e discriminato, nonché su persone e strutture che rischiano di vedere andare in fumo i sacrifici lavorativi di un’intera vita.