La FIMMG nazionale non accetterà mai che i medici di famiglia siano distolti dall’attività clinica per dedicarsi, come impiegati di stato, alla stampa dei Green pass. È quanto dichiara in una nota il dottor Silvestro Scotti, segretario nazionale FIMMG, al termine della riunione con i rappresentati sindacali di tutte le regioni italiane.
Di seguito la nota integrale.
Silvestro Scotti: “Non si può comprimere il diritto all’assistenza e mortificare così la professionalità. Siamo medici non stampanti”.
«Non accetteremo una visione della medicina generale di carattere “impiegatizio”, una medicina generale che si vorrebbe costringere a sottrarre altro tempo all’assistenza dei pazienti per adempiere a funzioni amministrative che nulla hanno a che fare con la pratica medica». È perentorio Silvestro Scotti, segretario generale FIMMG, nello stigmatizzare la scelta del Governo e soprattutto di qualche funzionario governativo che comprime ancor più il diritto alla salute dei cittadini, riversando sui medici di medicina generale l’onere di stampare copie cartacee dei “green pass” Covid. «Un compito che mortifica la professionalità di un medico – prosegue Scotti – ma che soprattutto andrebbe a gravare un’attività di studio già molto complessa per la gestione ordinaria del virus e la necessaria presa in carico delle cronicità che, forse qualcuno lo dimentica, è determinante in termini di salute». Scotti si fa dunque portavoce di un dissenso profondo, emerso con voce unanime dalla riunione di ieri della Segreteria nazionale FIMMG. «Come si può immaginare, in un momento nel quale la medicina generale sta cercando di sostenere enormi carichi legati all’assistenza ordinaria, alle vaccinazioni, alla gestione dei pazienti Covid e post Covid e soprattutto al recupero della prevenzione primaria e secondaria delle cronicità – chiede il segretario generale FIMMG – di demandare al medico di famiglia un compito di questo tipo che sarebbe ben più opportuno venisse svolto altrove e da altre figure. È evidente che i funzionari che avrebbero il compito di suggerire alla politica soluzioni a questi problemi, non conoscono neanche i concetti di base legati alla responsabilità connessa alla funzione medica, nonché la distinzione tra questa e tra una funzione amministrativa». Ciò che desta sconcerto nell’ambito della segreteria nazionale FIMMG è che simili decisioni nascano persino senza un minimo di condivisione o confronto.
«Se vi fosse stato un dialogo – prosegue Scotti – avremmo almeno potuto spiegare che un compito simile non può essere demandato neanche ad un collaboratore di studio, ove presente, perché questo costringerebbe il medico ad un abuso, cedendo le proprie password del sistema prescrittivo e certificativo al quale, ricordiamo, bisognerà accedere per rilasciare il green pass. E le stesse password servono per produrre le prescrizioni e le certificazioni, tipici atti (questi sì) collegati alla funzione medica. Sono quindi credenziali che il medico non può cedere perché commetterebbe un illecito penalmente rilevante».
È insomma una sonora bocciatura quella che arriva dai medici di medicina generale della FIMMG, che sin qui, hanno portato avanti una linea “istituzionale”, ma che adesso si vedono costretti ad agire in difesa del diritto alla salute dei cittadini e della professionalità stessa dei medici di medicina generale.
FIMM Basilicata: “Il contrasto all’infezione da coronavirus: l’evoluzione della specie del medico di famiglia”. Di seguito la lettera appello inviata dal dottor Antonio Santangelo segretario regionale FIMMG di Basilicata ai responsabili della sanità lucana nella quale denuncia le conseguenze del ruolo marginale riservato ai medici di famiglia nella campagna vaccinale.
Fra gli effetti della pandemia, fra qualche anno sarà evidente l’evoluzione di una figura professionale quale il medico di medicina generale, già medico della mutua, già medico di famiglia. Nonostante l’alto gradimento del cittadino comune per il proprio medico di fiducia, la politica in senso lato e l’amministrazione sanitaria in particolare ha deciso che in effetti può fare a meno della figura del medico come l’abbiamo conosciuto finora, trasformandolo in un addetto terminale di processi amministrativo-burocratici. Il compito della stampa e della consegna del GREEN-PASS è l’ultimo esempio di una progressiva dequalificazione del medico di famiglia. Eppure nel corso degli studi in Medicina non ci è stato insegnata l’informatica, non abbiamo sviluppato competenze di tipo burocratico-amministrative. Siamo partiti anni fa con l’invio telematico dei certificati di malattia, abbiamo continuato con la dematerializzata della ricetta medica, che di dematerializzato ha solo il cambio di colore della ricetta, da rossa (e non per tutte) a bianca. Ma la vera rivoluzione copernicana è stata avviata dalla pandemia da Covid-19. La necessità di un sistema di potenzialmente contagiati, ha fatto sì che tutte le regioni hanno predisposto una piattaforma informatica. Ogni regione ha messo su una propria piattaforma che purtroppo non interagisce fra con quelle delle altre regioni. Anche per la piattaforma web, dove viene richiesto il numero di cellulare e l’eventuale indirizzo mail del cittadino, a chi è stato affidato il compito di comunicare al cittadino l’esito dei tamponi ed eventualmente il rilascio dell’attestato? Ma chiaramente al medico di famiglia !!! Conseguenza di questo compito è che il cittadino, giustamente in ansia per l’esito del proprio tampone, tempesta il proprio medico con contatti 365 giorni all’anno 24 ore su 24. Ma l’apice della trasformazione è stata la campagna vaccinale. Pur avendo sollecitato la partecipazione attiva alla campagna vaccinale anticovid, firmando un accordo con i medici di medicina generale (una delle prime regioni a farlo), di fatto la Regione ha deciso di affidarsi dopo la vaccinazione degli over80, ad un modello vaccinale che privilegia il centro vaccinale, ubicato nei comuni più grandi o agli open day, affidando ai medici di famiglia dosi residuali di vaccini e soprattutto ASTRA-ZENECA. Questo tipo di scelta però ha sì prodotto numeri importanti, ma a spese di una fetta di popolazione più a rischio (allettati, fragili, fascia d’età compresa tra 60 e 79 anni) che non potendo o non volendo andare ai centri vaccinali di fatto sono stati esclusi dall’opportunità di ricevere la vaccinazione anti-covid. D’altronde è fuori da qualsiasi logica che un giovane trentenne di Muro Lucano per potersi vaccinare si vede prenotato dalla piattaforma delle Poste Italiana il 28 agosto a Matera (prima data utile) e quindi costretto a percorrere 275 km nonostante il suo medico di famiglia abbia lo studio a 50 mt dalla propria abitazione. E che dire di quel cittadino 71enne, fragile che non volendo andare presso il centro vaccinale di Potenza, rifiuta la vaccinazione con Astra-Zeneca offerta dal proprio medico di famiglia, si prende l’infezione da Covid e purtroppo viene ricoverato per l’aggravarsi del suo quadro clinico? E allora siamo certi che queste scelte populiste garantiscono il rispetto dell’art. 32 della Costituzione: La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…, a noi non sembra. E allora ribadiamo per l’ennesima volta, questa volta con un appello pubblico, metteteci in condizione di poter esprimere ciò che siamo (con tutti i nostri limiti) ma soprattutto per quello per cui abbiamo investito (noi e le nostre famiglie) in tanti anni di studi.