Silvestro Scotti (FIMMG): “Operazione verità sulla Medicina di famiglia italiana. Stanchi di luoghi comuni e analisi incompetenti, disinformate e disinformanti. Intervenga il Governo”. Di seguito la nota integrale.
Il Segretario Nazionale della FIMMG, Silvestro Scotti, interviene su quanto affermato da Milena Gabanelli nella rubrica DataRoom nel TG LA7 del 24/05/21 e sui giudizi e le opinioni espresse sui Medici di famiglia: “Stupisce, al di là della legittimità della libera espressione delle proprie opinioni, perché tali restano rispetto alla oggettività dei fatti e per quanto sbagliate, che in una rubrica che dal suo nome farebbe presupporre che quanto si divulga si dovesse basare sulla oggettività dei dati, si possano inanellare una serie di luoghi comuni, la cui fondatezza negli anni abbiamo costantemente dimostrato essere priva di qualsiasi presupposto” esordisce Silvestro Scotti.
“Qualcuno ci dovrebbe spiegare il numero di morti e contagiati tra i medici di famiglia, con una età media più bassa delle altre aree mediche coinvolte (64 anni verso 68 anni dell’area ospedaliera), facendo semplicemente i “passacarte”, come ci ha definito, e solo questo meriterebbe maggiore rispetto e decenza nelle affermazioni fatte. Se costei si fosse seriamente informata, avrebbe saputo che l’iniziale utilizzo improprio dell’accesso agli ospedali come gestione della pandemia è stato figlio di un indirizzo dato dagli esperti dei comitati tecnici scientifici (tutti sempre composti da medici di chiara fama ma senza nessuna presenza autorevole del territorio) e il messaggio dato ai cittadini era che in presenza di sintomi simili influenzali si doveva chiamare il servizio di emergenza 118, con il risultato di far saltare le centrali operative e di portare il contagio nei PS e negli ospedali. Se poi si approfondisse, come un giornalista d’inchiesta dovrebbe fare, ci si accorgerebbe che solo a seguito di una proposta del sottoscritto a nome di FIMMG e SIMG, accolta dalla sensibilità in tal senso del Ministro Speranza, siamo stati noi medici di famiglia, auditi dal Governo, a chiedere e ottenere che si cambiasse il messaggio, ovvero che prima di accedere a qualunque presidio sanitario bisognava con quei sintomi contattare il proprio medico di famiglia, cosa che ha cambiato la storia della pandemia in quel periodo ma evidentemente non è servita a superare i preconcetti di un’area elitaria di pensiero. Se si volesse parlare del ruolo della medicina generale durante la pandemia, mentre gli ospedali convertivano tutte le loro attività solo per il Covid, ci si dovrebbe chiedere chi assisteva i cittadini sulle restanti problematiche, ovvero cronicità, assistenza degli stessi Covid meno gravi, che sono stati milioni curati a casa, continuità di cura e accesso a farmaci. Basterebbe portare l’esempio dei piani terapeutici rinnovati automaticamente, in assenza del controllo richiesto per norme regolatorie ancora oggi esistenti, perché indisponibile la risposta specialistica e garantiti dall’assunzione di responsabilità di cura dei propri medici, superando le evidentemente inutili precauzioni di sicurezza che richiedevano in questo caso il ruolo di passacarte, ma non certo riferite a noi. Infine quando si citano i contratti per sentito dire, non mi risultano studi giuslaburisti di tale giornalista, e si analizzano eventi complessi come l’assistenza territoriale o l’attività di Pronto Soccorso partendo dalle aree critiche, senza ripercorrere le cause della loro esistenza, e lo si fa senza tenere conto di una miriade di analisi serie esistenti, forse, si può legittimamente sospettare che quello che interessa del fenomeno è l’indirizzo che si è già deciso di dare all’argomento, ovvero la distruzione del presidio sanitario più gradito ai cittadini da decenni, forse per consegnarlo ad una dipendenza privatistica e di affari.
Non stupisce – continua il Segretario della Fimmg – che allora si santifichi una ipotesi di riforma delle cure territoriali che non ha niente di nuovo, che ripercorre modelli vecchi e fallimentari, che sostituisce al legittimo e condiviso intento di efficientizzare l’assistenza territoriale “l’orgasmo palazzinaro”, che confonde l’assistenza con l’edilizia sanitaria, l’agilità della risposta con la gerarchizzazione della medicina di famiglia, magari dipendente, alla faccia dei collaudati ed arcinoti meccanismi clientelari della politica e dell’intervento di capitali che ha già trasformato e continua a trasformare in privato pezzi di sanità pubblica, che hanno dato così bella prova di sé nei decenni che abbiamo vissuto dovunque siano stati applicati (AASSLL, Ospedali).
“Nella trasmissione si è affermato che si ritornerà sull’argomento, bene, allora invitiamo Milena Gabanelli – conclude Scotti – a confrontarsi anche con noi e con chi rappresenta i cittadini, noi perché siamo la più grande rappresentanza della Medicina territoriale, i cittadini perché con il meccanismo della convenzione sono i veri e unici nostri datori di lavoro. Riteniamo che questi due soggetti non siano delle fonti trascurabili per chi con serietà e puntiglio voglia affrontare questi temi, e a queste condizioni ci mettiamo a disposizione se si vuole superare il monologo da bar a cui abbiamo assistito”.