Rimane il fatto che più di una donna su tre non si è sottoposta a screening mammografico (-37,7%). Ma il dato più evidente è quello relativo allo screening del colon retto: mancano all’appello ben 1 milione e 113mila screening colorettali rispetto al 2019 (-46%).
A scattare la fotografia delle regioni alla prova del Covid è l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), in collaborazione con il Laboratorio Management e Sanità (MeS) della Scuola Superiore Sant’Anna che ha presentato nei giorni scorsi uno studio accurato.
Il nostro Servizio sanitario nazionale nel suo complesso ha comunque dimostrato, per quanto riguarda l’erogazione delle prestazioni diverse da quelle imposte dal Covid una notevole capacità di resilienza. Il lavoro dell’Agenzia e del Laboratorio MeS della Scuola Superiore Sant’Anna è un utile strumento di osservazione dal quale trarre spunti per il futuro.
L’indagine ha messo a confronto le prestazioni ospedaliere erogate nel corso del 2019 con quelle di tutto il 2020 (i dati frutto dall’analisi delle SDO sono provvisori al 16 aprile 2021, ma in via di consolidamento), completando l’analisi relativa al primo semestre 2020, presentata nel mese di aprile 2021.
Il verdetto degli analisti?
Più di una donna su tre non si è sottoposta a screening mammografico. Rispetto al 2019 mancano all’appello ben circa 756mila screening mammografici. Se nei primi sei mesi del 2020 mediamente in Italia si era registrato un calo del 30,3% alla fine dell’anno la riduzione ha raggiunto il -37,7%. Con importanti differenze sul territorio: si va dal -63,3% della Calabria, al -59,9% di Trento e circa -56% di Liguria e Campania, passando per un -47,2% della Lombardia e -45,9 del Lazio, a una riduzione più contenuta in Toscana (-20%), Fvg (17%) Emilia Romagna (-16,7%), fino al dato dell’Umbria dove gli Screening mammografici sono diminuiti nel 2020 solo del 9%.Per lo screening del colon retto, lo stop imposto dalla pandemia è stato brusco: – 46%. In numeri ben 1 milione e 113mila screening in meno rispetto al 2019. La Calabria si è quasi fermata: -87%, seguita a ruota dalla Campania (-78,6%). Ma non è andata meglio in Valle d’Aosta (-74,8%), Lombardia (-74%), Liguria (-70%), Basilicata (-68%), Sardegna (-67,6%), Lazio (-61,7%), Sicilia e Molise (rispettivamente -61% e -59,7%). Contenuto il calo nelle Marche (-20,8%), Abruzzo (-19,3%) e in Emilia Romagna (-13,5%). In Umbria gli screening sono aumentati dello 0,2%.Durante tutto il 2020 anche le camere operatorie sono rimaste sbarrate alle donne con tumore alla mammella: -5mila interventi rispetto all’anno precedente. In termini percentuali i volumi di attività sono scesi in media del 10,1.E ancora una volta con gap regionali particolarmente evidenti: si va da una riduzione dei volumi del 30,2% della Calabria,del 25,5 in Basilicata.
Vedi pag. 119 del Rapporto Agenas.
Come UILTUCS abbiamo in solitudine da sempre denunciato il quadro devastante sugli screening in Basilicata che si conferma la maglia nera in Italia ed in contrasto con quanto dichiarato anche da qualche associazione come quella delle pari opportunità su dati forniti dal Crob di Rionero, infatti questi ultimi dati smentiscono chi racconta favole e chi fa finta di nulla, ancora una volta clamorosamente. L’Assessore Leone in una recente dichiarazione televisiva ha finalmente compreso che il problema esiste,ma a parere della scrivente non si possono investire ulteriori risorse pubbliche se non ci si occupa di vigilare sulla gara di appalto degli screening dell’IRCCS CROB, recentemente assegnata ad un nuovo gestore che da Maggio 2021pare non abbia attivato a pieno regime gli screening e che non abbia ancoratuttii mezzi mobili ovvero dei previsti 7 camper. Gli stessi sonoprevisti dal capitolato di appalto per l’effettuazione degli screening oncologici, ma ancora non ci sono tutti. Ecco invitiamo l’Assessore Leone ed il Dipartimento alla Sanità a non investire ulteriori risorse pubbliche,ma piuttosto avigilare su questi accadimenti considerato che la nuova gara costa circa 9 milioni di euro e un servizio” impeccabile”, si chieda al nuovo operatore di ottemperare a quando promesso in gara e si utilizzino nuove risorse per rafforzare il SSR senza sprecare risorse pubbliche.
Occorre che la Regione Basilicata istituisca un organo ispettivo su questa vicenda, nominando degli esperti e che verifichino lo stato dei fatti che ricordiamo è già oggetto di denuncia alla competente magistratura. Solo così facendo si potrà riacquistare la credibilità e la fiducia dei cittadini lucani.