LA PROTESTA PER L’OSPEDALE DI TINCHI ARRIVA NEL PROGRAMMA DI OLIVIERO BEHA “BRONTOLO”.
Lunedì 15 novembre a partire dalle ore 10,00 su Rai tre, puntata interamente dedicata alla Sanità nel programma di Oliviero Beha, “Brontolo”.
La troupe del programma è venuta a realizzare ampi servizi sulla “battaglia di Tinchi”, l’ospedale pubblico fiore all’occhiello della Basilicata, ristrutturato con fondi pubblici e chiuso per essere “regalato” ai privati.
Saranno trasmesse anche le interviste ai semplici cittadini asseragliati dal 1° luglio (137 giorni con oggi) sul suo tetto più alto
OSPEDALE DI TINCHI: STUPRO ALLA GIUSTIZIA!
Quando la giustizia è negata ai cittadini per difendere i potenti lo stato di democrazia vacilla e inevitabilmente i diritti si confondono con le logiche di palazzo. E’ chiaro tutto ciò deve avvenire con una parvenza di legalità almeno formale in modo che niente desti sospetti.
Tanto è quanto avviene al Comitato difesa per l’Ospedale di Tinchi che da mesi si batte per l’innegabile diritto alla salute e che da vittima si è magicamente trasformato in carnefice (per fortuna solamente per quella negata giustizia a cui si faceva riferimento). Ma veniamo ai fatti: in data 17/06/2010 veniva presentata da parte del Comitato difesa Ospedale di Tinchi una denuncia – querela nei confronti del Direttore sanitario della ASM dott. Gaetano Annese e del Direttore generale della ASM dott. Vito Gaudiano per fatti avvenuti fino alla data del 15/06/2010, giorno in cui si raggiungeva l’apice dell’indecorosità in quanto a seguito di un ordine firmato dal Direttore Sanitario Annese venivano trasferiti tutti i dottori dall’Ospedale civile di Tinchi a quello di Policoro e veniva dato ordine di trasferire anche tutti i pazienti ricoverati presso la struttura di Tinchi in quella di Policoro; un paziente rifiutava il trasferimento e rimaneva per diversi giorni senza cure, assistito dai soli infermieri rimasti.
Negare l’assistenza medica in Italia, purtroppo per i vertici della ASM, è reato in quanto l’art. 328 c.p. prevede l’omissione o rifiuto di atti di ufficio i cui colpevoli devono essere puniti con la reclusione da sei mesi a due anni; ma anche l’interruzione di servizio pubblico è un reato ( purtroppo previsto dall’art. 331 c.p.!) la cui pena è la reclusione da sei mesi ad un anno.
Ma i tanti “purtroppo” molte volte in Italia cambiano volto e si trasformano in “menomale” assumendo il volto di chi pensa a “fare ordine” e risolve questioni che stanno diventando sempre più incresciose all’interno del Palazzo.
Ed è così che il P.M. procedente, nonché capo della Procura di Matera, a distanza di poco più di un mese (e qui la lenta giustizia italiana diventa celere) richiedeva l’archiviazione per la denuncia – querela sporta senza compiere alcun atto di indagine, che sarebbero ben potute durare fino a sei mesi, limitandosi ad acquisire l’esposto e il documento incriminato che con due righe decretava la morte dell’Ospedale di Tinchi.
Ma il Comitato difesa per l’Ospedale di Tinchi come nella lunga battaglia intrapresa da mesi, non si arrendeva e faceva redigere dal suo legale un’opposizione all’archiviazione richiedendo al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Matera una integrazione di prove, suggerendo la strada per la ricerca della verità, ed in particolare che venissero ascoltati sui fatti il paziente ricoverato presso il nosocomio e rimasto senza assistenza medica con relativa acquisizione di cartella clinica, i medici e il personale infermieristico dell’Ospedale, che venissero acquisiti i turni dello stesso personale medico e che venisse acquisita l’informativa dei Carabinieri sopraggiunti sul posto nella giornata dal 15/06/2010; il tutto con esplicita richiesta che venisse fissata udienza in camera di consiglio, così come previsto dal nostro codice di procedura penale.
Con mera sorpresa, perché noi del Comitato difesa dell’Ospedale di Tinchi nonostante tutto crediamo ancora nella giustizia (quella vera), veniva notificato presso lo studio del nostro difensore un decreto di archiviazione senza che venisse compiuto alcun atto di indagine e, meraviglia delle meraviglie, senza che nemmeno fosse stata fissata udienza in camera di Consiglio.
Nonostante il G.I.P. ce l’abbia messa tutta a spiegare nel provvedimento il motivo della non fissazione dell’udienza in quanto “gli accertamenti prospettati risultano ictu oculi irrilevanti e non pertinenti” ingiustizia di fatti è stata compiuta!
Ma come possono gli accertamenti richiesti essere non pertinenti se riguardano proprio i fatti in querela?
In ogni caso non è solo un ingiustizia di fatto ma anche nella forma, infatti il nostro codice di procedura penale all’art. 410 precisa che solo se l’opposizione è inammissibile e la notizia di reato è infondata si può evitare l’udienza in camera di consiglio e la Suprema Corte di Cassazione a Sezioni Unite (il nostro massimo organo giudiziale) precisa che “l’opposizione è inammissibile solo se manchi dell’indicazione dell’oggetto delle indagini suppletive e dei relativi elementi di prova”. Ma come? Se è stato richiesto non uno, ma più di un accertamento?
E’ allora il dubbio che aleggiava già con la veloce richiesta di archiviazione diventa realtà per noi e tutto si fa più chiaro, i contorni diventano precisi e ancora una volta le logiche di Palazzo rimangono predominanti al cospetto di chi crede nei propri diritti, come noi.
Come se ciò non bastasse viene ingiunto da parte del Questore a tutti i pacifici manifestanti dell’Ospedale di Tinchi di abbandonare il presidio per le assurde motivazioni che ormai sono risapute e che tutti noi conosciamo: non c’è uno stato di pericolo perché lo stato di pericolo è stato rimosso dal pronto intervento dei Vigili del Fuoco chiamati proprio dai manifestanti dopo aver richiesto ripetutamente un intervento della Direzione Sanitaria; i manifestanti non hanno mai occupato e non occupano il terzo piano così come riportato nell’ingiunzione del Questore, ma occupano pacificamente il pianerottolo attiguo ai lastrici solari situato al 4° piano della struttura ospedaliera, sempre in modo pacifico e senza in alcun modo interferire con le funzioni (sia pure ormai limitate) che ancora si svolgono all’interno di quel che resta dell’ospedale di Tinchi.
Il prossimo passo sarà sicuramente un avviso di conclusione indagini per delle persone che lottano per tutti noi, perché in questo caso nessun Pubblico Ministero li salverà richiedendo un’archiviazione!
Insomma la storia è sempre la stessa: d’improvviso le pecore nere, fuggite dal gregge del Palazzo, si ritrovano lupi e i potenti continuano a rimanere impuniti!
Comitato Difesa Ospedale di Tinchi e Comitato Cittadini Attivi di Bernalda e Metaponto