L’appello di Don Mazzi al Presidente Bardi: le rette sono basse e i costi aumentano, così le Comunità Terapeutiche in Basilicata rischiano di chiudere. Di seguito la nota rilanciata da Piera Vitelli, presidente C.E.A.R.B. Coordinamento Enti Ausiliari della Basilicata.
Nei giorni scorsi le Comunità Terapeutiche lucane aderenti al CEARB (Coordinamento Enti Ausiliari della Basilicata) hanno incontrato il Presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, per evidenziare l’impossibilità nel proseguire i servizi resi a favore di soggetti affetti da Dipendenza Patologica per l’esiguità delle tariffe riconosciute dal Sistema Sanitario Regionale.
“Le rette giornaliere delle comunità terapeutiche accreditate in Basilicata sono ferme da venti anni, ma i costi di gestione continuano ad aumentare, – afferma don Antonio Mazzi, Presidente di Fondazione Exodus, che dal 1991 ha una sede a Tursi, nel materano – Faccio un nuovo appello alla Regione Basilicata perché finalmente intervenga sull’equipararle alla media nazionale. Il rischio è la chiusura di presidi educativi, luoghi in cui i ragazzi possono ritrovare uno spazio di ascolto, accoglienza e ritrovare sè stessi. Voglio essere fiducioso: il Presidente Bardi mi ha promesso che nel giro di pochi giorni avrebbe convocato un Tavolo di lavoro per discutere con le parti interessate. Ad oggi, siamo ancora in attesa di essere convocati”.
Le rette in Basilicata sono ferme dal 2003: cosa succede nelle altre Regioni del sud
Le tariffe attuali della Regione Basilicata sono pari a 35,16 per le Comunità Pedagogico-Riabilitativa Residenziali e a 56,71 per la Terapeutico – Riabilitative Residenziali
Anche il semplice confronto con le tariffe in vigore nelle sole regioni confinanti con la Basilicata, fa emergere dati sconfortanti:
Le Comunità aderenti al CEARB hanno evidenziato al Presidente che le tariffe attuali sono state definite nel 2003 e che ormai non sono più sostenibili soprattutto a causa degli incrementi dei costi di gestione intervenuti negli ultimi 20 anni per vari fattori:
normative più onerose, in materia di sicurezza sui posti di lavoro, sicurezza alimentare (Hccp), abbattimento barriere architettoniche, privacy
rinnovo dei CCNL di settore con aggravi del costo del personale
da ultimo la pandemia prima e l’inflazione determinata dal quadro geopolitico internazionale.
Per questo, oggi tutte le strutture per le dipendenze patologiche lucane, dopo aver chiuso i bilanci del 2020 e 2021 con enormi perdite nel conto economico, subiranno deficit ancora maggiori nel rendiconto del 2022 e, perdurando la situazione, saranno presto costrette alla chiusura.
“Abbiamo sollevato la questione più volte in questi anni – afferma Piera Vitelli, Presdente di C.E.A.R.B – Continuare in questa situazione, significherebbe la perdita di decine di posti di lavoro, la dispersione delle competenze e, inevitabilmente, con un impatto sociale significativo/una ricaduta importante sul tessuto sociale del territorio. Inoltre ciò costringerebbe per il futuro a rivolgersi a strutture extra-regionali per la cura e la riabilitazione dei soggetti affetti da dipendenza, il che determinerebbe un immediato aggravio dei costi per le ASL lucane e per il bilancio della sanità regionale. Come detto in precedenza, le tariffe che il sistema sanitario regionale dovrebbe riconoscere a strutture extraregionali sono di molto superiori a quelle oggi in vigore in Basilicata. In sostanza si rischia di far chiudere le strutture lucane e di compromettere decine di posti di lavoro, ma generando una situazione per cui, da domani, i costi per la regione aumenterebbero in maniera vertiginosa”.
La richiesta delle Comunità lucane accreditate
Si richiede un provvedimento immediato che disponga l’aumento delle tariffe pro-die pro-capite a far data dal 1° marzo 2020 come nella seguente tabella:
Tipologie di strutture
Residenziali
Pedagogico-riabilitative
€ 62,00
Terapeutico-riabilitative
€ 75,00
Le Comunità del C.E.A.R.B. hanno infine prospettato cosa potrebbe succedere se non arrivasse in tempo un provvedimento di aumento delle tariffe:
1) molte se non tutte le strutture lucane sarebbero costrette alla chiusura;
2) decine di posti di lavoro andrebbero in fumo e sarebbe necessario attivare un tavolo di crisi per ricollocare il personale rimasto disoccupato;
3) oltre alla dispersione dei saperi consolidati nel tempo, verrebbero a mancare servizi e interventi calibrati sulla specificità dell’utenza e dei territori di appartenenza e si riproporrebbe una profonda scollatura tra intervento di cura e reinserimento nel proprio contesto;
4) molti degli utenti accolti in tali strutture o ritornerebbero in strada (con le prevedibili conseguenze di tipo epidemiologico) o dovrebbero essere inviati in strutture extra-regionali con un notevole incremento dei costi a carico del nostro bilancio regionale;
5) i cittadini e le famiglie della Basilicata con problemi di dipendenza patologica sarebbero privati di servizi rientranti nei Livelli Essenziali di Assistenza.