Basilicata 2019, Centro Studi Cisl: “Aumenta lo spread sociale”. Di seguito la nota integrale inviata da Enrico Gambardella, Segretario generale della CISL Basilicata e Luana Franchini, Centro Studi CISL Basilicata.
L’osservatorio economico e sociale della Cisl lucana fa un check-up di fine anno all’economia regionale. In evidenza il crescente divario sociale con il resto del paese, in particolare per i giovani, che fa della Basilicata una regione sempre più fragile e immersa in un preoccupante presente
La differente condizione tra i giovani del Nord e del Sud dell’Italia è l’indicatore, insieme al tasso di
invecchiamento, che più racconta come sarà il futuro della nostra regione. Dal rapporto 2019 della Fondazione Bruno Visentini emerge che lo spread sociale, ossia la differente condizione socio-economica dei giovani del Nord e di quelli del Sud, è passato da 145 del 2014 a 147 del 2018, fatto 100 il valore del Nord. Il mercato del lavoro è l’indicatore più critico: in dieci anni (2008-2018) l’occupazione al Nord è salita del 2,3%, al Sud è diminuita del 4%. Un dato ancora più interessante riguarda la tipologia dei contratti di lavoro che al Nord vede un aumento dei contratti a tempo indeterminato del 1,8% mentre a Sud i contratti a tempo indeterminato sono diminuiti del 7%, quindi lavoro sempre più precario che contribuisce alla sotto-occupazione e alla povertà reddituale dei giovani del Sud.
Ma a definire lo spread sociale concorrono altri indicatori: il rapporto infatti analizza anche le risposte ad un questionario somministrato ai giovani tra i 14 e i 19 anni di scuole superiori del Sud rispetto a dove immaginano il loro futuro: è emerso che solo il 28,7% immagina di restare nella propria città, il 43,4% è convinto che troverà lavoro in altra regione italiana. Questo segnala il progressivo depauperamento del capitale umano al Sud. La consistente perdita dei giovani, anche laureati, interessa tutte le regioni del Mezzogiorno e assume un rilevo maggiore in Basilicata e in Abruzzo, rispettivamente il 33,9% e il 35,0%.
Quindi il Mezzogiorno e la Basilicata si troverà inevitabilmente a vivere una crisi demografica profonda e strutturale che non ha pari in nessuna zona di Italia e d’Europa ed il contributo delle nuove nascite e delle immigrazioni sarà poco significativo; la realtà è che ci apprestiamo a vivere tutte le tragiche conseguenze e i costi sociali di un drastico e preoccupante ridimensionamento demografico del Sud, associato all’insostenibile invecchiamento della popolazione, infatti nel 2065 la Basilicata sarà la terza regione più vecchia di Italia.
Quindi la domanda interna della Basilicata sembra destinata ad abbandonare progressivamente i settori industriali, a ulteriore vantaggio dei settori dei servizi. La trasformazione del contesto socio-economico e, soprattutto, della struttura demografica, guida i cambiamenti nei modelli di consumo: la tendenza all’aumento dell’età media della popolazione modificherà nei prossimi anni la composizione della spesa delle famiglie, spostandola verso i servizi sanitari e di assistenza, a scapito dei consumi di beni più tradizionali. Ecco quindi che anche la struttura produttiva dovrà riadattarsi alle mutate condizioni di contesto. La capacità di sviluppo del sistema dipenderà sempre più dall’aumento della capacità di offrire servizi di qualità a prezzi competitivi.
A questo pesante quadro si aggiungono gli indicatori del Barometro Cisl del benessere che consente una valutazione dell’evoluzione del contesto socio-economico delle regioni italiane ed è composto da tre domini: Lavoro, Istruzione e Coesione sociale. L’Indicatore territoriale del Benessere/Disagio sociale, sia nella versione nazionale che in quella regionale, non è solo un’elaborazione statistica per segnalare l’andamento congiunturale con un’analisi sistemica e trasparente dei dati, ma vuole essere anche uno strumento che valuta la capacità delle politiche di rispondere ai bisogni delle famiglie, alla loro domanda di sicurezza esistenziale, e offre una lettura pluridimensionale del benessere, attenta a monitorare gli andamenti della diseguaglianza e della sostenibilità.
Su tutto il territorio nazionale la prolungata recessione degli anni passati, iniziata nel 2007, ha lasciato tracce durature, che peraltro risultano difficili da contrastare, vista la fase di nuova decelerazione che sta attraversando in questo momento l’economia italiana. La dipendenza delle regioni italiane dal ciclo dell’export non è uniforme, il Nord-ovest da solo realizza quasi il 40% delle esportazioni italiane, e il Nord-est un altro 33%. Il Centro e il Mezzogiorno realizzano quindi una quota modesta delle esportazioni.
La crescita del turismo riflette tanto gli arrivi degli stranieri quanto la maggiore spesa degli italiani, e ha registrato ritmi vivaci, mostrando tassi di incremento significativi soprattutto nelle regioni del
Mezzogiorno, dove peraltro lo sviluppo dell’industria turistica resta comunque su livelli parecchio inferiori a quelli delle altre macroaree. Un recente approfondimento su questo tema da parte della Banca d’Italia (Questioni di economia e finanza, n. 505) evidenzia come l’industria turistica del Mezzogiorno sia caratterizzata da una maggiore sensibilità alla competitività di prezzo. Questo deriverebbe dalla specializzazione nel comparto balneare, che la porrebbe in diretta concorrenza con le mete turistiche del Mediterraneo. Il turismo legato alle città d’arte sarebbe invece meno sensibile a questo tipo di concorrenza. Una maggiore valorizzazione delle potenzialità delle destinazioni artistiche e culturali del Mezzogiorno potrebbe quindi favorire una riduzione del divario con il resto del Paese.
I divari territoriali Nord-Sud risultano particolarmente allarmanti per il dominio del Lavoro e della Coesione sociale. L’unico dominio che pu essere descritto in termini più positivi è quello dell’Istruzione, anche se non possiamo dimenticare che i miglioramenti degli ultimi anni hanno solo ridimensionato le forti distanze rispetto all’Europa. Le variabili del sistema formativo comprese in quest’ambito sono meno esposte alle variazioni congiunturali e caratterizzate da andamenti più stabili e di lungo periodo; hanno, perci , mantenuto una tendenza al miglioramento.
Per quanto riguarda la nostra regione, fatto 100 il valore medio dell’indice di benessere Cisl, la Basilicata nel 2007 era a 90.3, nel 2014 a 79.5 e nel 2019 a 85.4. Tutte le regioni settentrionali superano ampiamente il valore 100. All’interno dell’indice sintetico del Benessere particolarmente sofferente in Basilicata è il dominio lavoro, che misura l’incidenza delle varie tipologie di lavoro precario sul lavoro a tempo pieno ed indeterminato. Tale indicatore è in discesa libera: infatti nel 2007 era 91.5 e nel 2019 si ferma a 73.7 nonostante la presenza di numerosi incentivi per l’occupazione a tempo indeterminato.
L’indicatore Coesione sociale misura il tasso di inclusione nel mercato del lavoro e nell’accesso al welfare. Tale indicatore segnala che soprattutto al Sud la situazione si mantiene sostanzialmente invariata rispetto ai minimi raggiunti in seguito alla seconda fase recessiva (quella che si colloca tra il 2012 e il 2013). Nel Mezzogiorno negli ultimi anni si è delineata in parte una rottura tra la dinamica economica che, seppur in rallentamento nel 2018, ha mostrato segni di ripresa dopo la crisi, e una dinamica sociale che, invece, tende ad escludere una quota crescente di cittadini dal mercato del lavoro e dal sistema tradizionale di welfare, ampliando le sacche di povertà e di disagio.
Nella prima metà del 2019 i disoccupati in Italia sono diminuiti di 190 mila unità rispetto allo stesso periodo del 2018 e il tasso di disoccupazione ha seguito lo stesso andamento portandosi dal 10.8 al 10.1%. Ma a livello territoriale la Basilicata è stata in controtendenza: il tasso di disoccupazione è aumentato portandosi al 12,9%, quindi su base annua è aumentata dell’1,1%. La crescita del lavoro a bassa retribuzione, dovuta alla crescita relativa delle occupazioni meno qualificate e alla debolezza del mercato del lavoro, è una delle ragioni per cui, specie nel Mezzogiorno, si delinea un quadro di emergenza sociale sempre più allarmante.
L’indice di coesione sociale in Basilicata, fatto 100 il valore medio, era 81.8 nel 2007, 78.1 nel 2014 e 85.2 nel 2019. Nel caso del dominio Istruzione, questo indicatore sintetico si concentra sugli elementi di partecipazione al sistema formativo, quindi sulla capacità del sistema istruzione e formazione di essere inclusivo, misura i livelli di istruzione, uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione continua, numero di laureati, numero di NEET. Con l’indicatore istruzione la Basilicata fa abbastanza bene al punto di superare il valore medio fatto 100, e per il 2007 era 104.7, per il 2014 era 101.0 per il 2019 era 109.1. Questo testimonia che c’è un capitale umano ben formato e che non a caso trova poi occupazione emigrando.
Scopo di questa analisi è di invitare ancora una volta la Regione Basilicata ad impegnarsi in un serio lavoro di programmazione pluriennale, insieme alle parti sociali, volto ad affrontare le gravi criticità strutturali che ci porteranno nei prossimi anni, da un lato ad una spesa pubblica insostenibile, dall’altro ad una desertificazione sociale; mentre con attente e specifiche politiche si devono valorizzare i punti di forza che pure ci sono e potrebbero costituire nell’immediato un elemento di equilibrio delle debolezze, per poi arrivare ad essere fattore di crescita e sviluppo.