Case di riposo, Spi Cgil: “Servono linee guida stringenti e controlli. Occorre ripensare nel prossimo futuro i servizi residenziali e domiciliari per anziani. Imprescindibile superare la domiciliarità pesante. La casa deve tornare ad essere il primo luogo di vita e cura”. Di seguito la nota integrale.
Cosa sta accadendo nelle nostre case di riposo? Non passa giorno che non scopriamo nuovi focolai di covid nelle varie strutture per anziani sparse sul territorio, nonostante da mesi le abbiamo blindate, negando agli ospiti qualunque contatto con l’esterno che non sia quello con gli operatori che li accudiscono. E nonostante abbiamo negato loro qualsiasi incontro con i propri affetti, sebbene si fossero potute immaginare e realizzare soluzioni alternative quali le meravigliose stanze degli abbracci per mantenere le visite in sicurezza messe in piedi da alcune strutture nel nord, non siamo riusciti a preservarli.
In un paese in cui il 23% della popolazione ha superato i 65 anni con una aspettativa di vita di altri 20, il tema dell’invecchiamento dovrebbe essere al centro dell’agenda politica, perché se è vero che si vive di più, è pur vero che si invecchia male. La pandemia in atto ci sta palesando, con tutta la sua drammaticità, che gli anziani non sono stati né curati e né protetti abbastanza e il fallimento è sicuramente ascrivibile sia alla sanità pubblica, clamorosamente assente sul territorio, che alle rsa e alle case di riposo, dentro le cui mura decine di anziani anche nella nostra regione sono morti in solitudine.
Prima del covid il sistema delle rsa e delle case di riposo era un business in grande espansione. Questo nuovo virus, oggi, ci ha insegnato che una delle prime cose da ripensare nel nostro paese sarà quella della residenzialità per la terza e la quarta età, stante il fallimento sotto gli occhi di tutti dei sistemi di residenzialità pesante quali sono le strutture per anziani.
È da tempi non sospetti che come Cgil segnaliamo, denunciamo e sollecitiamo come non ci si possa limitare alla mera autorizzazione legata al rispetto di requisiti tecnici e strutturali per aprire una casa di riposo, ma servono linee guida stringenti per gli accreditamenti e una legge regionale che valorizzi la qualità del lavoro e stabilisca dotazioni organiche e figure professionali necessarie per l’assistenza, al di sotto delle quali non si può scendere, definendo standard di qualità sostanziali e non formali. I controlli sulle strutture fanno emergere in molti casi irregolarità riconducibili, ad esempio, all’assenza di piani preventivi, alla mancata individuazione di percorsi e aree dedicati, alla non attenta e scrupolosa programmazione delle fasi di pulizia e sanificazione. Indispensabile e vincolante sono, tra l’altro, la formazione degli operatori, il rispetto delle norme sulla salute e la sicurezza ed il rispetto dei contratti collettivi di lavoro sottoscritti dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, nonché l’attivazione di controlli periodici da parte degli enti locali e delle aziende sanitarie sulle strutture per il rispetto delle norme. I sindaci, da questo punto di vista, devono essere i primi controllori delle strutture sul loro territorio, avvalendosi sia della polizia municipale, ma anche, nel caso, della collaborazione dei Nas dei Carabinieri. Il sindaco, è bene ricordarlo, quale autorità sanitaria locale, primo responsabile della salute dei cittadini, ha il potere di chiedere l’intervento dell’Asp, di sospendere l’attività e di chiudere una struttura e farne trasferire gli ospiti.
Rimaniamo fermamente convinti e lo asseriamo da tempo, che serve una scelta politica chiara sul tema, che crei le condizioni favorevoli, dentro e fuori le mura domestiche, per allontanare il ricorso, quasi obbligato, alle residenze protette. Serve un ripensamento delle tipologie dei servizi residenziali e domiciliari, con adeguati supporti nel proprio alloggio e nel proprio quartiere. Serve spostare le risorse impegnate nei presidi residenziali verso i servizi sociali e sanitari di tipo domiciliare. Perché la casa, rifugio, luogo degli affetti, dei ricordi e delle abitudini, per tutti, anche per gli anziani, deve diventare e rimanere il primo e privilegiato luogo di cura, di assistenza e di vita.