“Quale futuro stiamo riprogettando se non ci occupiamo dell’infanzia? Questo pensiero torni al centro del dibattito sulla Fase 2, perché la questione va ben oltre la ripresa, pure essenziale, della produttività. Ed è svilente pensare che il bonus baby-sitting possa rispondere ad un mero problema di “conciliazione famiglia-lavoro”, dichiara Giuseppe Bruno Presidente di CGM (Consorzio Gino Mattarelli), la più importante rete di imprese sociali e cooperative italiane.
“Da qualsiasi punto di vista, la toppa è peggio del buco. Perchè il bonus baby-sitting non solo non è la soluzione, ma alimenta lo stato di precarietà di molto operatori del settore socio-educativo, ne svilisce la professionalità vanificando il traguardo faticosamente conquistato dai nidi e scuole dell’infanzia paritarie: ovvero di essere luoghi di educazione dove è preso sul serio il futuro del nostro Paese”, continua Bruno.
“E’ questa l’occasione per progettare modelli di ripresa efficaci e capaci di tutelare il tanto proclamato “superiore interesse dei bambini”, il nostro sistema educativo e di istruzione non difetta certo di competenze e modelli pedagogici di qualità. Occorre tenere in giusto conto, da un lato, un adeguato sostegno economico a tutta l’offerta 0/6 anni, dagli asili nido alle parità scolastiche, particolarmente danneggiati dalle chiusure e con prospettive di ripresa lontane, rallentate, o peggio, mortificate dall’asfissia debitoria delle strutture. Dall’altro, vi è l’assoluto bisogno di tutelare i bambini e le famiglie rispetto ai rischi che si corrono per la sicurezza, la qualità e la continuità dell’impegno di cura con interventi disallineati e parcellizzati”, sottolinea il Presidente di CGM.
“Questo è un tema che appartiene a tutti, strutture sia private che pubbliche, dalle grandi metropoli ai piccoli centri delle aree interne. Si può archiviare l’idea del bonus baby-sitting e mettersi a lavorare per soluzioni flessibili in convenzione con il privato sociale autorizzato, che può reimpostare l’offerta educativa in servizi ibridi che si muovono in un continuum: dalla casa ai luoghi comunitari come i nidi, abitandoli magari in piccoli numeri, fasce orarie differenziate o altre scelte pratiche che incontrino gli standard di sicurezza che tutti abbiamo ben presenti. Bisogna ricordare che sono i servizi che vanno adattati alla vita e non viceversa.
Mi chiedo se non sia anche il momento di completare il pensiero di riforma del sistema 0/6 – aggiunge Giuseppe Bruno – ad esempio convogliando in un plafond dedicato le risorse attualmente parcellizzate tra asili nido, sezioni primavera, scuole paritarie, risorse rovinosamente “diffuse” che hanno solo l’effetto di rimarcare la differenza di trattamento e di responsabilità tra le diverse fasce d’età. Altrimenti mandiamo il progetto di riforma una volta per tutte in soffitta. Non è più credibile.
Penso che una riorganizzazione di queste risorse in favore di una ben più proficua continuità educativa non solo rafforzerebbe la presenza dei servizi, tanto nelle aree metropolitane che nelle aree interne, ma li renderebbero più accessibili e sostenibili, omogeneizzando l’offerta, la qualità e le possibilità di investimento delle famiglie in quello che è l’investimento più prezioso per il nostro futuro”,
e prima di concludere Bruno aggiunge alcune direttrici di lavoro:
· Mantenere la dimensione collettiva del servizio come valore educativo irrinunciabile. Va accettata la sfida del distanziamento spaziale preservando la relazione tra coetanei. Bambini e ragazzi hanno bisogno di uno scambio fra pari, il solo mondo degli adulti va loro stretto. I bambini hanno bisogno di nuove competente spaziali e relazionali
· Garantire la possibilità di uno scambio intergenerazionale immaginando luoghi come spazi di incontro dove nonni e bambini possano, in un ambiente educante, “imparare” a stare di nuovi vicini anche senza toccarsi;
· Alimentare un continuum fra il progetto educativo del servizio e quello che avviene in famiglia con una co–costruzione e co–attuazione del percorso;
· Sostenere la capacità anche animativa delle risorse parentali attribuendo loro la stessa valenza valoriale di quella educativa;
· Assicurare la presenza di risorse professionali in grado di mantenere un approccio pedagogico–educativo anche all’interno di proposte temporalmente più brevi ed “estemporanee” rispetto a quelle “tradizionali”;
· Sfruttare le risorse outdoor disponibili, cercando di tracciare una mappa territoriali di luoghi sicuri per i bambini e gli adolescenti.