Giancarlo Vainieri, presidente Centro Studi Sociali e del Lavoro – Uil: “Dovremo imparare a leggere con un nuovo alfabeto questo ‘sociale e personale’ così provato e ferito”. Di seguito la nota integarle.
È difficile descrivere sentimenti collettivi e personali in questi giorni cosi drammatici. Uno stato di sospensione,un tempo ‘del non più e non ancora’.
Il virus,in qualche modo sta segnando il cambio di un’epoca. Il ‘prima’ ora è veramente ‘prima’, un passato remoto di appena qualche settimana fa.
Una cosa sappiamo ed è importante:che usciremo da questo scuotimento sociale cambiati ‘dentro e fuori’,nella nostra dimensione personale e nelle relazioni con l’altro’, di cui,ora, siamo privi per difenderci dal contagio.
Proprio ora comprendi quanto conti l’altro,la prossimità,la ‘comunità responsabile’.Le domande di come usciremo dalla crisi sono tutte lì. Su come ci salveremo e salveremo gli altri.
Oggi è il tempo di riconoscere e riconoscersi nella comunità di cura.
Non solo per dare merito all’abnegazione ed al lavoro di infermieri, medici e personale delle ospedalità a cui ci affidiamo.
Ma per capire e sostenere la centralità della’ comunità di cura’. Che prima, fino a ‘ieri’, abbiamo delegato a ‘mondi separati’: una sanità scissa dal sociale, un sociale ‘affidato’ al volontariato o al terzo settore.
Ora è sotto i nostri sguardi l’effetto distruttivo del taglio dei numeri e delle funzioni nella sanità pubblica.
Deve contare il ‘sociale’, il farcela insieme, la trama fine delle relazioni da ricostruire ,nel segno di una modernità che si mescola di ‘bene e male’ e che dobbiamo affrontare con coraggio.
Dobbiamo fare società! La comunità di cura larga è fatta anche da un sindacato dei lavori, che dà voce alla comunità dei lavori,quello a distanza compreso, nelle imprese grandi e piccole, manifatturiere e terziarie.
In qualche modo quello che saremo dopo questo sconvolgimeno globale e locale già lo stiamo sperimentando.
Come sarà il nuovo lavoro?Un lavoro più protetto nelle grandi fabbriche, con una manovra di assicurazione delle postazioni e degli ambienti per battere le nuove nocività.
Una riscoperta del lavoro di casa. Senza di esso, senza la profondità di relazioni familiari paritarie non si intravede la luce. Senza lavoro e welfare familiare non c’è lo stile di vita italiano e meridionale.
Intanto c’è l’emergenza,la difesa sociale ‘oggi’.Il quadro è preoccupante!L’Organizzazione Mondiale del lavoro calcola una perdita di 25 milioni di posti di lavoro per gli effetti pandemici.Tra essi turismo, trasporti, manifatturiero.I comparti del nostro territorio.
Da qui la battaglia per misure poderose capaci di arginare i danni del virus.A cominciare dal livello europeo, anche con uno schema unico di assicurazione contro la disoccupazione e per la reimmissione al lavoro.
Certo, ora dovremo imparare a leggere con un nuovo alfabeto questo ‘sociale e personale’ così provato e ferito. È così decisiva la partita. Capire cosa succede, senza infingimenti ed illusioni, per intraprendere insieme un cammino, una risalita dagli ‘inferi’.
Ci dobbiamo mettere sotto torchio. Per dare ancora di più. E ‘mettere sotto torchio’, e chiedere di più alle istituzioni, alla politica, al sistema democratico, che deve dimostrare di non lasciare indietro le tante parti di società colpite dal contagio.
E poi è il caso finalmente di affrontare i nodi strutturali di una nervatura che ora è proprio dolorante. Per impostare un rilancio della crescita , della produttività e dei redditi su basi diverse. Una conversione profonda, una discontinuità che attraversi tutti i comparti organizzati e vitali del nostro Paese e della nostra regione. Con azioni e piani di cambiamento legati a nuove categorie.
Partiamo dalla vulnerabilità e dalla resilienza. Politiche che ‘proteggono, preparano, prevengono, promuovono e trasformano’. Insomma un ‘rimbalzare avanti’ con nuove mete, senza girarsi indietro.