Giornata contro violenza sulle donne, assessore regionale Merra: una rivoluzione culturale silenziosamente negata. Di seguito la nota integrale.
“Nella Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne il nostro pensiero e la nostra solidarietà non possono che andare innanzitutto a tutte quelle donne che hanno pagato con la vita o con il dolore, fisico e morale, le loro idee, la loro ricerca di autonomia o l’ indipendenza conquistata a caro prezzo, perché le donne hanno sempre un loro modo di esistere, di essere e di stare nel mondo, di osservare e valutare i fatti e le situazioni della realtà che non è aprioristicamente migliore o peggiore di quello maschile, ma è solamente differente e questa diversità, la diversità di una visione di genere e di prospettiva, è una forma di ricchezza per tutta la collettività.
Lo sguardo femminile sul mondo è profondamente articolato e complesso, non riducibile agli slogan, alle frasi fatte o alle quote rosa, come purtroppo rivelano certe tendenze odierne, quand’anche questi aspetti finiscano per divenire, per una sorta di conformismo passivo, unici elementi di rivendicazione da parte delle stesse donne.
La violenza contro le donne, soprattutto, si declina in forme riconoscibili e meno riconoscibili. Sicuramente i maltrattamenti fisici o psicologici diretti sono i più più terribili e mortificanti ma anche quelli più facili da stigmatizzare, almeno pubblicamente. Ma oltre a questi perdurano prepotenze e sopraffazioni più subdole e sottotraccia, di non così agevole discernimento ed eradicazione, insite nei rapporti tra i sessi che si dipanano in vari ambiti sociali e istituzionali.
Gli orrori belli grossi e visibili non sfuggono dunque alla condanna generale e alle dichiarazioni di sdegno unanime, benché ciò non garantisca nulla in termini di diminuzione e non reiterazione dei delitti come dimostrano gli ultimi vili femminicidi.
Ai molti sfuggono però quelle forme oppressive e repressive verso le donne che si esercitano non con il pugno di ferro ma con il guanto di velluto, attraverso la neutralizzazione della stessa specificità femminile che viene erosa nei fatti, con condotte sgradevoli e sminuenti, pur quando esse ricoprono incarichi di livello e importanza. Per esempio, investendo le donne di ruoli e funzioni che subito dopo vengono svuotati di contenuto e autorevolezza, concedendo ad esse ciò che non è richiesto e frapponendosi a ciò che invece è legittimamente voluto e desiderato, rendendo faticosi compiti che potrebbero essere svolti con maggiore serenità, con l’intento portarle alla resa o alla sottomissione.
Le stesse donne finiscono in queste trappole messe sul loro cammino, non accorgendosi di essere state usate, le une contro le altre, per simili bassi scopi. Le donne si trovano ancora oggi a combattere contro non una ma tante violenze e c’è ancora molta strada da fare per raggiungere i giusti obiettivi di uguaglianza e pari opportunità. Occorre un sovvertimento culturale per modificare quel consolidato meccanismo sociale che ancora riproduce disparità e ineguaglianze, eclatanti o meno, tra i sessi, anche al di là della buona o cattiva volontà dei singoli, i quali a loro volta non sempre si rendono conto di intraprendere direzioni che non trasformano radicalmente le coscienze nel senso auspicato.
Non bastano le leggi per ottenere un tale cambiamento, non bastano nemmeno le commemorazioni e le manifestazioni pur doverose. Ciò che occorre, qui e ora, è invece una vera e propria rivoluzione nell’anima sociale collettiva attraverso la quale possa affermarsi, come sostiene Simone De Beauvoir, la femminilità in quanto sguardo, libero, creativo e incondizionato, delle donne sul mondo e sugli eventi.