Profumo di svolta, il progetto telematico avviato da un gruppo di studenti materani che fanno parte della Consulta provinciale studentesca, ha avviato sul proprio sito internet una serie di pagine dedicate alle “storie materane”. Si parte con quella dedicata alla mensa dei poveri di Piccianello, già intitolata al compianto “Don Giovanni Mele”, ideatore di questo grande progetto benefico e solidale portato avanti dai cittadini del quartiere.
Di seguito la notizia inviata alla redazione di SassiLive.
Ogni mattina un padre di famiglia si alza all’incirca verso le 7:00 per andare a lavorare.
Ogni mattina uno studente cerca disperatamente di buttarsi giù dal letto per andare a scuola.
Ogni mattina quattro anziane signore, con il viso segnato dall’età e dalla stanchezza, si alzano presto per offrire il loro aiuto al mondo.
Questa è la storia di donne che mettono da parte i loro impegni e il loro tempo libero, per dare una mano al prossimo.
Adiacente alla chiesa di Piccianello (Matera), c’è un piccolo locale dove, ogni giorno, vengono ospitati a pranzo i più bisognosi e viene dato loro un pasto caldo.
La giornata per le nostre quattro instancabili eroine inizia molto presto: si recano nella cucina del locale (di poco più di 75 mq) verso le 7:00 di mattina.
Con la forza di volontà di quattro leonesse, con tutti gli acciacchi dell’età e con la gioia nel cuore, preparano un pasto completo a base di primo, secondo, contorno e dolce. Naturalmente dolci e frutta sono donati spontaneamente da fruttivendoli e bar della zona.
Instancabilmente non si fermano mai per preparare ogni giorno un piatto diverso: non solo per le tante persone che si recano alla mensa, ma anche per le molte famiglie che dal retro vanno a ritirare il pasto in piccoli contenitori portatili. Anzi riescono a preparare anche piatti diversi per coloro che professano la religione musulmana. (Per chi non lo sapesse i musulmani non possono mangiare carne di maiale)
Ecco sono le 11:15 tra poco più di 15 minuti inizieranno ad entrare da quella porta tante persone. Forse troppe per loro, e ogni giorno il numero di quelle persone aumenta.
Italiani, slavi, marochini e tanti altri. Persone che non si conoscono e hanno poco in comune tra di loro. Forse molti di loro hanno fatto scelte sbagliate nella vita. Altri hanno solo avuto sfortuna. Altri si sono ritrovati in questo paese con la speranza di trovare lavoro, ma sono rimasti delusi.
Ognuno di loro ha una storia diversa da raccontare. Chissà quali pensieri annidano le loro menti. Quali speranze, sogni e rimpianti portano con loro. Ma per quanto possano essere diversi, si ritrovano tutti a quello stesso tavolo per cercare di avere ciò che c’è di più sacro al mondo: un pezzo di pane.
La tavola è ormai piena. Oggi [domenica 14 aprile] siamo 38. Pochi, rispetto al più alto numero di gente che di solito vedi arrivare. E se molte volte non vedi una faccia nota, per chi come me, domenica dopo domenica ha imparato a conoscerli, inizi a preoccuparti. Provi una sensazione di compassione e ti chiedi: “Chissà che fine ha fatto..! Spero stia bene…”.
Sono le 12:00, è ora di iniziare. Se ci sono volontari, cosa sporadica, è un bene per le nostre anziane amiche: così possono rilassarsi, dopo una gran fatica.
Mentre porgi loro il piatto, potrai sentire nel loro “grazie” una sottile nota di malinconia, ma quel grazie è detto davvero con il cuore. Poi nient’altro. Se sei fortunato e alcuni di loro sono di buon umore, avrai la fortuna di scambiare due chiacchere. Allora conoscerete un signore slavo, laureato in scienze-termonucleari. Oppure un marochino furbacchione che porta ogni giorno dei fiori alla responsabile della mensa. O anche un signore sulla cinquantina che ha raccontato, un giorno, di aver perso la sua azienda ed essersi ritrovato da un giorno all’altro in mezzo la strada.
Altrimenti passi il piatto ad un altro. E colui al quale hai dato il piatto precedentemente non alza più lo sguardo. Si chiude nel suo stesso silenzio.
Però vi invito a venire soltanto per un motivo: conoscere un bellissimo bambino di 3 anni! Ora mi sfugge il suo nome e non ricordo di che nazione sia, ma non dimentico il suo sorriso ogni volta che entra da quella porta: in una mano un giocattolo e con l’altra stringe forte la mano della sua mamma. Lui porta gioia, anche solo per un attimo, nei cuori di coloro che gli tirano un pizzicotto sulla guancia.
Ogni volta che lo vedo, ogni volta che gli sorrido penso che vorrei fare qualcosa per lui. E non solo offrirgli un piatto di pasta, ma un aiuto vero. Accudirlo, essergli accanto e cercare per lui un futuro migliore, rispetto al presente che sta vivendo. Per ora posso solo sperare per lui il meglio.
Sapete quale’è il mio sogno?
Il sogno più bello è quello che una domenica, da quella porta, non entri assolutamente nessuno. Forse è impossibile, forse è irrealizzabile. Ma è un sogno.
E lo sapete qual’è un altro sogno? (questo, però, E’ REALIZZABILE!)
Vorrei che la politica fosse più vicina al popolo.
Vorrei che la politica toccasse con mano la povertà, che non pensasse solo a manovre salva banche, ma a manovre salva famiglie. La nostra giurisprudenza descrive la famiglia come una IMPRESA NATURALE.
Il benessere di uno stato è relazionato al benessere del cittadino.
E anche se, ogni giorno, i dati dell’ISTAT sulla disoccupazione aumentano. E anche se i cassa-integrati aumentano. E anche se oggi dobbiamo stare attenti ad ogni piccola spesa in più che facciamo. E anche se il domani ci fa paura. Io non rinuncio al mio sogno.
Non rinuncerò mai al sogno che quel bambino dagli occhi azzurri, che oggi è meno fortunato di me e non può avere il giocattolo del suo eroe preferito, possa, da grande, avere un lavoro, una famiglia e dei figli a sua volta e dire, forse, GRAZIE ITALIA.
Tutto quello che si può fare è solo come una goccia d’acqua in un oceano. Ma rifiutando di mettere la mia goccia, l’oceano avrà una goccia in meno. Lo stesso vale per te, basta cominciare…
Alla fine della vita non saremo giudicati per le grandi opere che saremo riusciti a realizzare, ma saremo giudicati sull’amore.
Maria Teresa di Calcutta
Roberto Traetta (profumodisvolta.it)
Parole che fanno vedere… vedere con gli occhi del cuore. Auguri.
Sono uno dei nipoti di quel “pazzo” di Don Giovanni Mele…nonchè di una di quelle quattro altrettanto pazze che con il loro sacrificio ed il loro sudore portano avanti la mensa.
Grazie per l’articolo.
E grazie soprattutto perchè chi lo ha scritto ha fatto suoi gli stessi concetti che zio Giovanni avrebbe espresso, in primis la speranza che un giorno quella mensa possa essere vuota.
Un grazie sentito ad un prete illuminato come mio zio ha sfruttato appieno la sua vocazione per creare non senza ostacoli una opportunità per tanti poveri di sedersi una volta al giorno a tavola e mangiare un piatto preparato con amore dalla cuoca e da 4 persone non più giovani (tra cui zia Giulia, quasi 80 enne) ma con una forza di volontà immensa che non si assentano nemmeno per un giornoo. Un grazie immenso a chi riesce a dare senso alla propria vita anche aiutando gli altri. .