Il consigliere regionale del gruppo misto Giannino Romaniello ha presentato in mattinata la proposta di legge per l’istituzione del registro regionale delle unioni civili. Di seguito la nota integrale.
“La Proposta di legge – ha subito precisato Romaniello – vuole essere un segnale politico forte, una sollecitazione affinché anche la nostra Regione vada avanti sulle problematiche inerenti i diritti civili e stia al passo con i tempi.Lo scopo della proposta di legge è quello di porre in essere politiche per il superamento di qualunque discriminazione legata all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il riconoscimento di ogni forma di convivenza. Ed è a tal fine che individua quale strumento imprescindibile quello della istituzione di un Registro regionale delle unioni civili”.
La Pdl si compone di 7 articoli. L’articolo 1 ne definisce le finalità, con particolare riferimento al superamento di qualunque discriminazione legata all’orientamento sessuale e all’identità di genere nonché al riconoscimento di ogni forma di convivenza. L’articolo 2 stabilisce l’istituzione del Registro regionale delle Unioni Civili, stabilendo che la regolamentazione delle modalità di iscrizione e di cancellazione saranno regolamentate dalla Giunta regionale tramite apposita deliberazione, adottata entro 90 giorni dalla entrata in vigore della Legge. Il sistema regionale della salute e dei servizi sociali destinati alla famiglia è esteso ai nuclei di persone legate da vincoli di parentela, affinità, adozione, tutela e da vincoli affettivi e che i Comuni dovranno adeguare i propri regolamenti in coerenza con i principi previsti dalla legge entro 6 mesi dalla sua entrata in vigore. L’articolo 3 garantisce ai componenti di un’unione civile registrata il diritto di accesso alle strutture di ricovero e cura per ogni esigenza assistenziale e psicologica per ciascuno dei componenti dell’unione civile, dando a ciascuno di essi il diritto di interfacciarsi con gli operatori per tutte le comunicazioni e disposizioni di legge relative allo stato di salute di ciascun componente. Viene stabilito, inoltre, che le strutture dovranno adeguare i propri regolamenti per conformarsi alle disposizioni della Legge e la stessa Regione è obbligata ad operare in materia di programmazione e gestione dei servizi sanitari in modo da attuare tali principi. L’articolo 4 amplia le competenze della Consigliera di parità estendendole alla possibilità di intervenire anche nei casi di discriminazioni dovute dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere. L’articolo 5 sancisce il principio di parità di accesso ai servizi pubblici e privati e ribadisce il principio secondo il quale le prestazioni erogate nell’ambito di tali servizi non possono essere negate nè somministrate in maniera deteriore per cause riconducibili a discriminazioni legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere. L’articolo introduce, inoltre, la tematica dell’edilizia residenziale sociale, impegnando la Regione ad attuare le finalità della legge anche in tale campo, in particolare per quanto concerne la rimozione delle cause che determinano disuguaglianze e disagio. L’articolo 7 riguarda l’invarianza finanziaria della legge, prevedendo, appunto, che dall’attuazione della legge non possono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio della Regione Basilicata.
“La proposta di legge – ha specificato Romaniello – si inserisce in un quadro legislativo nazionale al momento desolante in riferimento alla disciplina del riconoscimento giuridico delle coppie di fatto e omosessuali. Appare, infatti, evidente che questo tema è di competenza prevalentemente statale e che andrebbe regolamentato con legge ordinaria con una modifica del codice civile. Una proposta organica di riforma del diritto di famiglia in materia di ‘disciplina delle unioni civili e dei patti di convivenza’ è attualmente in discussione al Senato. La proposta di Legge, tuttavia – ha spiegato Romaniello – individua alcuni ambiti di competenza regionale, come ad esempio quello sanitario, su cui poter agire in attesa dell’ auspicata regolamentazione generale nazionale. Negli ultimi anni – ha ricordato il consigliere regionale – sono state introdotte nella maggior parte dei Paesi europei, modifiche legislative volte al riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali e delle coppie conviventi, in conseguenza di una evoluzione del diritto e in coerenza con una maggior secolarizzazione della società e il progresso della civiltà. A distanza di tanti anni, l’Italia è rimasta tra i pochissimi Stati europei, malgrado le numerose proposte di legge presentate in Parlamento, a non prevedere alcuna tutela delle convivenze, in modo particolare delle coppie omosessuali, e non sono state adottate misure effettive per garantire la parità dei diritti auspicata dal Parlamento europeo. C’è solo da registrare l’evoluzione positiva legata ad alcune legislazioni regionali, non ultima quella della Regione Sicilia, a dimostrazione che taluni problematiche non sono attenzionate solo nel Nord dell’Italia”.
“La forte avversione nei confronti della modernità di fatto e del giusto riconoscimento dei diritti di ciascun cittadino – ha sostenuto Romaniello –è dovuta principalmente alla forte resistenza della parte più conservatrice della Chiesa cattolica e delle forze politiche conservatrici, che non tengono conto delle evoluzioni sociali,ma non è condivisa dalla maggioranza dei cittadini, come dimostrano molti sondaggi, ultimo in ordine di tempo quello effettuato dall’Istituto Piepoli per il quotidiano ‘La Stampa’ lo scorso maggio, secondo cui due italiani su tre (67 per cento) ritengono giusto modificare la legislazione vigente per introdurre le unioni civili e uno su due (51 per cento) vorrebbe addirittura seguire Paesi come Irlanda, Spagna, Portogallo, Francia, Belgio, Olanda, Svezia, Norvegia, Islanda, Danimarca, Gran Bretagna, Lussemburgo e Finlandia, dove i matrimoni tra persone dello stesso sesso sono legali”.
“L’auspicio – ha concluso Romaniello – è che venga meno il malvezzo istituzionalizzato in base al quale sono gli altri a decidere della propria vita e che l’accelerazione data in Parlamento alla legislazione sulla parità di genere venga al più presto fatta propria anche dalla Regione Basilicata”.
Torna d’attualità il tema delle unioni civili e in proposito si registra una nota di Franco Vespe.
Orami si è aperta una vera e propria offensiva mediatico-culturale nel nostro paese per il riconoscimento dei diritti (?) degli omosessuali. Non ci sono fiction televisive dove non ci sia una storia d’amore omosessuale da celebrare o difendere. Addirittura nella fiction di RAI1 del Giovedì c’è una coppia di donne in dolce attesa di un figlio quasi a sancire un diritto mai esistito e mai fino ad oggi riconosciuto da alcuna legislazione: il diritto ad avere un bambino! Ma andiamo con ordine. Per iniziare a ragionare sul tema non ricorreremo al corpus dottrinale del Diritto Naturale del quale lo status di famiglia “tradizionale” è parte integrante. Ormai la stessa Chiesa deve farsene una ragione: il diritto naturale non può più essere un terreno comune dove si può incontrare e dialogare con l’uomo di oggi. Questo non vuol dire che non ci siano più ambiti nei quali il dialogo è possibile. Questo terreno oggi è quella della natura dura e nuda (Francesco lo chiama creato), dell’ambiente, dell’ecologia. In natura, per quanto ci si sforzi di coniare nuove creative forme di sessualità, ci sono solo due generi: maschio e femmina. Generi che sono il risultato, il distillato di una evoluzione naturale che è giunta ad affinare sempre più strategie efficaci per la preservazione della specie e per garantirne la più ampia varietà genetica possibile. L’unica alternativa praticata è la riproduzione a-sessuata mono-genere. Queste sono le verità assolutamente inconfutabili (checché ne dica il prof. Veronesi) che ci porgono le scienze naturali. Senza la presenza di maschio e femmina non ci può essere riproduzione e, di conseguenza, continuità della specie. Relazioni mono-genere non riproduttive non sono pertanto naturali. Fin qui arrivano le scienze naturali. Poi l’uomo, ma anche il mondo animale, ha mescolato ed intrecciato questi elementi naturali con aspetti culturali altrettanto decisivi!. Così nello stesso innammoramento non c’è più soltanto pulsione chimica ma intervengono fattori culturali altrettanto determinanti come l’affettività, il rispetto, il dialogo, la stima, il completamento reciproco, la condivisione di un progetto di vita comune. Ovvero tutto quel bagaglio di relazioni intense e coinvolgenti che chiamiamo amore. E’ quindi culturale e non naturale (perché non finalizzato alla continuità della specie) anche il rapporto d’amore mono-genere, praticato dall’uomo così come anche nel mondo animale (spesso per risolvere problemi di “colonie” in sovraffollamento!) che ha la stessissima dignità di quello eterosessuale. A ben vedere si deve essere disposti a cambiare le geometrie della stessa famiglia in quanto luogo dove i legami d’amore e dell’accoglienza sono dominanti e si evolvono nel tempo. Proprio per questo la famiglia è una struttura prevalentemente di natura storico-culturale e va sottratta al diritto naturale (sempre ammesso e non concesso che abbia ancora senso oggi parlare di esso). Ecco perché, sulla base delle pressanti
e cocenti sollecitazioni culturali del movimento per i diritti degli omossessuali, occorre pensare e riconoscere nuove forme di famiglia (altro che le fredde convivenze civili!) rispetto a quelle tradizionali fondate sul matrimonio. Il matrimonio invece è bene che rimanga una unione fra maschio e femmina dove si dovrebbero sperimentare altrettanto straordinarie forme di amore informate da quella imprescindibile e decisiva urgenza “Darwiniana” di garantire la continuità della specie umana. Un ultimo pensiero va poi alla questione delle adozioni. Non tutti i desideri si possono trasformare in diritti! Come dicevamo all’inizio il diritto ad avere bambini ancora non lo hanno sancito. Ci sono piuttosto i diritti dei bambini! Fra questi c’è il diritto a vivere con i propri genitori biologici (art. 7 dei diritti universali dei bambini) o, se ciò non è proprio possibile, ad affidarli a figure genitoriali che si richiamino ad essi. Un bambino poi non può essere trattato come una merce (art. 35-36) o, quel che è peggio, come un oggetto del desiderio onnipotente (il caso Elton John docet) . A buon intenditor poche parole.