L’assessore regionale ha concluso i lavori dell’assemblea di Legacoop sociali. I numeri e i dati del comparto, che nel territorio lucano dà lavoro a circa tre mila persone con un fatturato di 60 milioni di euro.
Il terzo settore in Basilicata dà lavoro a circa tre mila persone con un fatturato di 60 milioni di euro. “Il coraggio della cooperazione sociale nel nuovo welfare”, è lo slogan utilizzato da Legacoop sociali Basilicata nel corso dell’assemblea che si è tenuta stamane nella Sala A del Consiglio regionale in vista dell’imminente congresso. La riforma del terzo settore e la nuova impresa sociale sono stati al centro del dibattito.
“Le cooperative sociali sono coraggiose – ha evidenziato in apertura dei lavori Caterina Salvia responsabile Legacoop sociali Basilicata – perché hanno reso un buon servizio all’economia, all’occupazione e al lavoro, e soprattutto hanno migliorato le condizione di vita dei territori supportando quello che il sistema non riesce a garantire, in un contesto in profonda evoluzione. In Basilicata c’è un indice di vecchiaia troppo elevato, al quale si aggiunge quello dello spopolamento. Un ripensamento del modello di cooperazione nella guida dei processi di sviluppo dell’impresa sociale contemplata dalla riforma in atto”.
È poi intervenuto il consigliere regionale Luigi Bradascio che ha sottolineato le difficoltà del Piano sanitario e dei bisogni delle persone che negli ultimi 10 anni sono profondamente cambiati anche per effetto della crisi della politica.
Giuliana Scarano, segretario regionale Welfare e Sanità Cgil Basilicata, dal canto suo ha posto l’accento su alcune criticità presenti nella riforma del terzo settore. “Non è stata accompagnata – ha detto – da un disegno complessivo della programmazione al welfare, e le organizzazioni sindacali temono si possa dar vita ad una deriva commerciale”.
Le dimensioni terzo settore secondo gli ultimi dati: 4.800 volontari, 670 mila dipendenti, 270 mila lavoratori, il no profit incide per il 6 per cento ma rappresenta appena il 4 per cento del Pil. Il 75 per cento degli addetti opera nell’assistenza sociale e sanità. Beneficiari sono gli anziani e minori.
Con la riforma è stata introdotto una norma che consente di ripartire gli utili il rischio per gli addetti ai lavori, è quello di snaturare l’elemento che caratterizza i no profit. Il possibile arretramento delle funzioni pubbliche, da cui il termine welfare dipende, lo Stato che tiene conto dei bisogni.
Tra gli intervenuti Giuseppe Salluce, presidente cooperativa sociale Progetto Popolare, Giuseppe Bruno, coordinatore Aci Sociale e presidente di Confcooperative Basilicata, Michele Cataldi, presidente di Sanità Futura, e Eleonora Vanni vicepresidente Legacoop sociali.
Nonostante le critiche sui pericoli di un peggioramento lavorativo dovute alle clausole dei nuovi appalti, di buono è emerso che la riforma ha portato al riconoscimento della cooperazione sociale sul rinnovamento delle azioni di welfare, intesi come soggetti erogatori di servizio pubblico. A concludere i lavori è stata l’assessore regionale alle Politiche della Persona, Flavia Franconi.
“Sono contenta di questo confronto” – ha esordito, rivolgendosi all’assemblea dei partecipanti. “Rappresentare una platea di tre mila lavoratori in Basilicata, significa posizionarsi alle spalle della Fiat ma in quanto a capillarità sul territorio non siete secondi a nessuno”.
Franconi ha evidenziato il lavoro messo in campo dall’esecutivo per il Terzo settore.
“Con grande difficoltà e allo stesso tempo grande coesione per la prima volta dal 1999 – ha detto – si è avviata in Basilicata una riforma sul sociale. Abbiamo finalmente le linee guida di alcuni dei Piani sociali con i relativi aggiornamenti e abbiamo per la prima volta sovrapposto gli Ambiti con i Distretti socio-sanitari. Senza prima fare questi passaggi normativi non si sarebbe mai potuto parlare di integrazione socio sanitaria”.
L’assessore ha ricordato anche l’approvazione del Manuale socio assistenziale e sanitario, sottolineando l’impegno della giunta Pittella nel portare a compimento, entro giugno, i prossimi passaggi attraverso la concertazione con il terzo settore e le parti sindacali. “Ci rendiamo conto che l’assenza di un Manuale di accreditamento sta creando non poche difficoltà e per questo stiamo valutando di concedere una tempistica maggiore e di avviare corsi di formazione per evitare interpretazioni difformi sui manuali. La Giunta regionale si preoccupa del sociale, recuperando risorse per più di 100 milioni dai fondi strutturali. Se oggi i bisogni sono profondamente cambiati, c’è bisogno di un censimento. Abbiamo messo per questo in atto la predisposizione del Fascicolo sociale con la collaborazione di Comuni e Inps. La Regione – ha detto ancora l’assessore Franconi – è molto attenta al territorio: 10 milioni per la telemedicina è l’esempio tangibile, con l’innovazione intendiamo rispondere ai bisogni di tutti e 131 i paesi lucani.
Sui Lea (Livelli essenziali di assistenza) siamo sette punti indietro per il non rispetto dei tempi minimi del servizio 118 seppur migliorato di quattro minuti. Abbiamo investito cinque milioni per autoambulanze, abbiamo dotato il territorio dell’elisoccorso notturno. Il territorio lucano è molto grande e poco abitato e per questo l’emergenza urgenza incide in Basilicata più che nel resto di Italia costando circa 700 mila euro annui. Mantenere i conti in ordine per non perdere le premialità è stato difficile ma non dimentichiamo le esigenze delle aree interne il cui problema infrastrutturale resta prioritario.
I Punti unici di accesso, saranno infatti nelle prossime settimane oggetto di confronto – ha aggiunto Franconi – partendo dalle aree interne sulle quali ci sono finanziamenti appositi. Dobbiamo lavorare tutti insieme a un sistema flessibile altrimenti non saremo in grado di adeguarci ai bisogni che cambiano così velocemente. Ne è un esempio il tema dell’immigrazione. La flessibilità nel socio-sanitario è la strada da percorrere ancora di più che in altri settori, mantenendo l’equilibrio tra efficienza ed etica”.