Franco Sabatini si è spento oggi 26 novembre, dopo una lunga malattia, all’età di 83 anni. La cerimonia funebre si terrà sabato 28 novembre alle ore 15.00 nella Chiesa di San Martino in Colle, in forma ristretta, nel rispetto della normativa vigente.
Del fondatore della rievocazione storica della Milano-Taranto resterà davvero tanto, più di tutto resteranno l’amore e la passione che animavano la sua esistenza da sempre. Ad esserne testimone è la moglie Wilma, per lui un pilastro e una vera e propria metà con cui condividere ogni aspetto della vita, e poi le figlie Lina, Natalina e Claudia, i generi Nicola, Stefano e Gabriele e gli adorati nipoti, Francesca, Luigi, Alessandro, Giacomo e Giulia.
Ad avere la fortuna di conoscere il grande cuore e l’entusiasmo di Franco Sabatini sono stati anche i tanti, tantissimi amici, i soci del Moto Club Veteran “San Martino” e tanti tra i partecipanti e gli affezionati della Milano-Taranto.
Classe 1937, già da bambino inizia a fare esperienza nell’officina del padre, aperta dal 1933 a San Martino in Colle e oggi ancora lì a rappresentare un pezzo di storia della città e un pezzo di storia del ciclismo e del motociclismo. L’attività, iniziata puntando sulla riparazione delle macchine agricole, si evolve, grazie anche al contributo di Franco, arrivando a costruire biciclette e motociclette.
Qualche tempo dopo si sposa e diventa padre mentre sul lavoro una nuova sfida lo attende negli anni ’70. L’austerity dovuta alla crisi petrolifera del 1973 porta un’impennata nella richiesta di biciclette e Franco Sabatini decide di cogliere l’opportunità: inizia a produrle avvalendosi anche dell’aiuto della moglie che, come raccontava lui stesso, diventò bravissima a montare le ruote. In poco tempo le Sabatini diventano un cult. Bici da corsa, completamente fatte a mano e su misura, usando tra l’altro materiali di altissima qualità, furono le prime biciclette con tre rapporti dentati e divennero molto richieste dai ciclisti amatoriali e non solo: Sabatini rifornì infatti anche diverse squadre agonistiche.
Le Cicli Sabatini conquistarono anche Gino Bartali. Il campione di ciclismo ne vide una in mostra negli anni ’80, rimase colpito da quella creazione e chiamò Sabatini a lavorare per lui: una collaborazione che andò avanti per sei anni durante i quali si instaurò anche una relazione di profonda stima e amicizia. “Costruivo 100 bici all’anno, con queste mani, pezzo su pezzo e poi mettevo il marchio Cicli Bartali” ha raccontato in un’intervista al Giornale dell’Umbria a firma Claudio Sampaolo.
E in quella stessa intervista Sabatini racconta bene anche la parte della sua vita in cui inizia la grande avventura della Milano-Taranto. «Lasciato Bartali sono tornato ai motori, mettendo a punto la strategia per realizzare il mio sogno di ragazzo, fare la Milano-Taranto, ormai soppressa da decenni. Avevo 50 anni e mi sono detto “caro Franco, se non te la organizzi da solo, non riuscirai mai a correrla. L’ho fatto… Ho avuto il nullaosta e me la sono organizzata. La prima è stata nel 1987, partenza all’Idroscalo di Milano a mezzanotte, 55 al via. Caddi a Bologna rompendomi la clavicola, ma io ho una pellaccia e sono sempre ripartito, perché a cavallo della moto rinasco. Infatti oltre ad organizzarle ne ho corse 24, col record di 300 partecipanti tre anni fa, difendendo questa mia “creatura” contro tutto e contro tutti».
Quest’anno le edizioni della Mita sono arrivate a 34, contando l’ultima, quella 2020, la prima virtuale: la caparbietà di Sabatini e del suo staff ha fatto sì che neanche la pandemia riuscisse a fermare la manifestazione. E sono proprio questa determinazione e tutto il patrimonio di valori che ha professato e testimoniato nel corso della sua vita la più importante eredità che il patron lascia alla sua famiglia e ai suoi collaboratori.
Risoluto, concreto, schietto, appassionato, visionario. “Impossibile non è per sempre”, diceva. Con questa convinzione ha percorso ogni tappa davvero alla grande e sarà con noi della Milano-Taranto ad ogni nuovo traguardo.