Placcare l’indifferenza, mischiando le differenze. Quando il rugby, sport ricco di valori centrati su rispetto dell’avversario, sulla generosità e fratellanza fuori e nel campo, diviene reale modello di partecipazione sociale costruttiva.
E’ questo lo spirito dell’allenamento congiunto, che si terrà all’Arena della Vittoria a Bari, lunedì 21 marzo alle 15, fra la Contabilo Murgia Rugby e gli Atipici Rugby di Bari. Atipici come i farmaci antipsicotici, quelli di seconda generazione, più efficaci.
A condurre l’allenamento di lunedì 21 marzo sarà Massimiliano Faraj, allenatore per il Rugby Colorno dei Bufali rossi. Una squadra speciale con ragazzi dai 18 ai 30 anni che hanno subito un break down psicologico.
La squadra degli Atipici Rugby, composta da trenta giocatori di età compresa fra i 20 e i 55 anni, è nata a Bari nel 2014 grazie al progetto di psichiatria sociale “Uniti alla meta” che utilizza il rugby integrato come strumento riabilitativo nel percorso terapeutico di persone con disagio psichico. Realizzato con il patrocinio del Comune di Bari e della F.I.R. Puglia, Uniti alla meta nasce dalla volontà di uno staff multidisciplinare. Attraverso la pratica sportiva del rugby integrato, si realizza un vero e proprio laboratorio sul campo: trasformando questa esperienza in un potente mezzo di ristrutturazione psico-cognitiva finalizzato a favorire il reinserimento e la reintegrazione psico-sociale. La squadra Atipici Rugby Bari è l’unica realtà di rugby integrato a Sud di Roma. Lo scorso anno ha vinto il Torneo italiano. Ogni lunedì è impegnata, dalle 15, in allenamenti all’Arena della Vittoria a Bari.
“Abbiamo accolto con grande entusiasmo l’invito a allenarci con gli Atipici – afferma Saverio Fiore, presidente della Contabilo Murgia Rugby – certi dell’arricchimento che ci porterà questa esperienza. Il rugby integrato è rugby vero, con passaggi e placcaggi veri. E’ aperto a tutti, ai “normodotati” e alle persone con disabilità intellettiva e relazionale. Si gioca tutti insieme, e non ci sono caschi o maglie di diverso colore per segnalare le categorie “protette”. Non servono. Tutto è affidato al buon senso dei giocatori. In campo si deve tener conto delle diversità: non per “proteggerle”, bensì per consentire che si realizzi a pieno il gioco di squadra”.
“Il rugby – spiega Mauro D’Alonzo, psichiatra e allenatore degli Atipici Rugby – è autentico gioco di squadra: in campo c’è contatto fisico e psicologico. Insegna a contare sul gruppo, quello stesso gruppo che ci protegge quando cadiamo; insegna ad andare avanti guardando all’indietro: è sul passato che si costruisce il futuro. Il placcaggio è metafora dei problemi, improvvisi ed inevitabili, che si devono affrontare senza aver paura dell’eventuale dolore. In campo si libera l’aggressività, ma solo secondo schemi. Il rugby è psico-educazione alle regole. Il rugby integrato, che “mischia le differenze” (giocano insieme normodotati, persone con disabilità intellettiva e relazionale, uomini e donne), abbatte il muro delle differenze e delle false convinzioni. Tutti i giocatori contribuiscono allo stesso modo al gioco e alla crescita reciproca. In campo abbiamo “facilitatori” (giocatori normodotati) e “facilitati”. I facilitatori devono saper modulare il gioco in base alle esigenze dei facilitati per realizzare il gioco di squadra. Un compito che, sul piano psicologico e relazionale, accresce i facilitatori”.