La società Fc Matera smentisce nella maniera più categorica quanto riportato dal quotidiano La Repubblica del 25/01/08 , in un articolo di Corrado Zunino. Nelle righe dell'articolo dal titolo “Coppa d'Africa – Il supermercato dei calciatori bambini”, si fa riferimento ad una presunta operazione di mercato del sodalizio materano con ad oggetto il trasferimento in biancazzurro di quattro atleti africani dello stato del Ghana. “Tale operazione – dichiara il vicepresidente dell'Fc Matera, Tommaso Perniola – “è assolutamente priva di fondamento. Smentisco personalmente quanto pubblicato da La Repubblica di qualche giorno fa. Non esiste alcun contatto con giocatori africani né la società ha intenzione di ovviare a precise regole sui trasferimenti andando contro ogni principio morale”. Puntuale l'intervento di Perniola a cui non va giù una dichiarazione del genere. “Ritengo assurdo – conclude – che vengano divulgate notizie infamanti la società Fc Matera”. E´ l´alba sulla spiaggia di Korle Gono, stretta e lunga e schiacciata
dai nuovi cantieri edili. La sabbia è fine e compatta e tra gli avanzi
lasciati dall´oceano quaranta ragazzi si allenano senza un sorriso.
Allunghi, scatti e ripetute. Bottiglie rotte e pneumatici. Le
ginocchia rimbalzano alte, poi il passo dei marines: si cammina gambe
piegate e mani sulla testa, serve a rinforzare adduttori e addominali.
Sembrano già professionisti, hanno quindici anni. Da un tubo largo
come un obice esce liquido nero. Gli avanzi della città di Accra,
capitale del Ghana: finisce tutto sulla battigia. Si reclutano qui i
ragazzi per i provini del pomeriggio. Adolescenti africani, aspiranti
calciatori universali. Come Michael Essien e Stephen Appiah, che ora
hanno ville a Legon, il quartiere residenziale, e regalano salotti e
macchine americane alla famiglia. Entro un mese qualche ragazzo
partirà per il Nord Europa, qualcuno per l´Italia. In aereo, certo. Ma
lo scorso maggio alle Canarie si è arenato un cargo abbandonato dal
capitano. C´erano centotrenta ragazzi africani e quindici di loro
cercavano un provino con il Real Madrid e il Marsiglia.
Non c´è un filo di grasso sotto le maglie del Chelsea che vestono tre
dei ragazzi che saltano sulla spiaggia, a colpire di testa la palla.
C´è un adolescente con la vecchia divisa del Milan, lo sponsor Opel
davanti. Quello che corre con il 7 di Figo ha un allungo straordinario
e il vapore degli spruzzi dell´oceano lo inghiotte che non si è ancora
fermato. Irwin, 37 anni, è il punto di riferimento per i procuratori
italiani che lavorano in Africa. Ha organizzato per noi una giornata
di trials, i provini. Abbiamo un mandato ufficiale di Claudio
Pasqualin, l´agente storico di Del Piero: «Talent scout a titolo
gratuito per la Coppa d´Africa» dice la carta. E una rete di rapporti
garantita dall´ufficio di Dario Canovi, decano dei procuratori
italiani con un´antica consuetudine con il calcio dell´Africa
centro-occidentale.
Ecco l'articolo del 25 gennaio scorso di Repubblica di Valter Polo.
Sulla spiaggia Mohammed Tijiani ha le scarpe da calcio ai piedi, con itacchetti. Le calza per non ferirsi e perché ama sentirle addosso. Ilselezionatore Irwin si complimenta per la serietà e lo convoca per iltrial: «Alle 3, non fare tardi», gli dice in ga, il dialetto dellacapitale. Selezione in spiaggia, poi due campi di scouting nella zona
a ridosso del mare, Sukura. Uno è in terra rossa, l´altro in terra
smossa. Il selezionatore Irwin, venti ragazzi sotto contratto, porta
in taxi un tredicenne che vuole valorizzare: «E´ il mio favorito ma
deve crescere piano piano». Invece Bright, il «luminoso» Addae, è
pronto per l´espatrio. Maglia gialla con il 18, pantaloncini con il
23, ora è su un campaccio dissestato e odorante d´urina. Il Losso
Park. Ne hanno stimati cinquecento solo ad Accra così. E´ senza misure
né geometria, contenuto tutto tra le baracche, il cesso pubblico e
l´estetista del quartiere Losso: capelli e pedicure mentre si segue il
test. In questa arena è cresciuto Ahmed Barusso, oggi alla Roma e alla
Coppa d´Africa. Ventidue ragazzi giocano una partita in cui non si
deve mai tirare in porta: dribblano galline e cani randagi e donne con
ceste di avocado sulla testa, usano il chiosco d´estetista come
rimbalzo valido e non protestano mai.
Il più bello a vedersi è proprio Bright, il numero 18. E´ il faro e il
terminale di ogni azione e a fine «torello» si presenta: «Ho quindici
anni, ma non i documenti per dimostrarlo. Gioco con il Boca in prima
squadra e con il club del presidente della Football Association, le Wa
All Stars. Mi alleno dal lunedì al venerdì, faccio due gare nel
week-end e provini ogni volta che posso. Non sono mai stanco, il
calcio è la mia vita». Bright abita qui dietro, quartiere Russia.
Nella casa di legno e di due vani, senza corrente, c´è mamma e il più
piccolo di quattro fratelli. E´ un´intera famiglia che spinge per
farlo partire, anche se il suo inglese è stentato, la sua timidezza
preoccupante: «Ho smesso di studiare alle medie, voglio solo giocare».
Dimostra due anni in più dei quindici che dichiara, «ma ad Accra i
documenti li produciamo non appena ci arriva la lettera di
interessamento del club europeo», spiega Irwin. Li producono dopo,
certo.
Sul florido bacino di Accra, diventato centro internazionale del
reclutamento dei calciatori africani da quando il Ghana vinse i
mondiali Under 17, nel 1991, a ondate confluiscono osservatori degli
inglesi del Portsmouth e dei francesi del Paris Saint Germain, dei
belgi del Beveren e del Torino Calcio. Ajax e Feyenoord hanno società
direttamente affiliate. Guardano e scelgono. E invitano, pagando il
biglietto di classe economica. Per avvicinare i loro ragazzi agli
osservatori molte famiglie ghanesi hanno venduto la casa e ora vivono
negli slum dell´hinterland della capitale. Alcuni broker del calcio, i
peggiori, anticipano tremila dollari per garantire viaggio e prima
sopravvivenza in Europa, se il ragazzo non passa la dura selezione il
debito resta sulle spalle della sua famiglia, che impegnerà baracca,
anelli e bracciali per restituirlo. Spesso il figlio emigrante,
scioccato dal fallimento calcistico e incapace di deludere un clan
intero, non torna più.
L´associazione francese «Culture Football Solidaire» ha censito nelle
strade di Parigi 800 ragazzi africani diventati solo ex calciatori.
Vendono borse di Prada false a Montparnasse. In Italia la situazione è
ancora più complicata. La legge Bossi-Fini e la nostra Federcalcio
consentono l´importazione di un solo extracomunitario per i club di
serie A, nessuno per B e C. E allora le società di calcio si inventano
lavori fittizi per ottenere il visto e afferrare il talento. Il Matera
Calcio è in procinto di ospitare quattro ragazzi di Accra: entreranno
come imbianchini attraverso una cooperativa. Il Siena è in trattativa
per altri quattro ghanesi. Il Brescia ne ha presi due lo scorso
autunno utilizzando l´escamotage del «primo tesseramento». Significa
che i due ragazzi in Ghana hanno giocato solo in società non
riconosciute dalla federazione locale, vere e proprie accademie
abusive del calcio che nascono quotidianamente con nomi biblici –
«Sons of Moses», «Lovers of Christ» – sulla scorta dei successi dei
calciatori africani in Europa. Il Brescia, grazie al primo
tesseramento, paga nulla alla fonte e ha a disposizione «africani non
extracomunitari»: valgono tre volte tanto.
Molti talenti vengono fuori dai club ufficiali, il Liberty, i King
Faisal, i Goldfields al nord, e così salta la convenienza. «In quel
caso», spiega Irwin, «dobbiamo cambiare i connotati del ragazzo». Lo
si ribattezza sul posto. «Andiamo all´anagrafe, denunciamo un nuovo
nome, una nuova età e con 250 euro, 100 per la trattativa urgente con
l´ufficio comunale e la questura, costruiamo un nuovo passaporto». A
volte in Italia i falsi si scoprono, è accaduto con il brasiliano
Luciano-Eriberto. Come documenta il libro «La razza in campo», quasi
nessun giocatore africano arrivato in Italia ha avuto una storia
anagrafica ortodossa. «Anche sul visto facciamo miracoli». I buoni
rapporti di alcuni procuratori con l´ambasciata italiana ad Accra
consentono di avere documenti in 24 ore. «All´aeroporto non ci sono
mai problemi», chiude Irwin, «i poliziotti che conosco accompagnano il
ragazzo fino alla scaletta dell´aereo». Il servizio costa
l´equivalente di 12 euro. «Se non trovi il club italiano che può
fargli il contratto lo parcheggi in Spagna o in Svezia», spiega il
talent scout Domenico Ricci, «ma la verità è che in Ghana il calcio e
la musica sono l´unica alternativa di un giovane a una vita da 100
euro al mese». In questi giorni di Coppa d´Africa, la città di Accra è
un´unica bandiera rossa, gialla e verde. Le tivù sono cariche di
pubblicità di yogurt e scarpe sponsorizzate da Muntari e Asamah, star
ormai europee e guide spirituali della nazionale di casa. Gli altri
ghanesi diventati famosi – Abdì Pelè, già nel Torino – si sono messi a
fare traffici con l´Occidente, hanno sistemato i familiari e vengono
bollati dal popolo come «selfish», puri egoisti. In giro per il mondo
c´è Adu, stella del calcio nord americano, ma anche Adjey Agyemiang, a
quindici anni miglior portiere del torneo Nereo Rocco di Gradisca
d´Isonzo. Finito il torneo l´hanno trovato che dormiva in un casolare
del napoletano: era già un muratore clandestino.
Non importa tutto questo, nella capitale Accra. Le aspettative di
Bright il luminoso, quello abile sul campo brullo, il numero 18 dal
lancio naturale, e le aspettative della sua famiglia, dei suoi
molteplici coach, dei talent scout che lo hanno inquadrato sono
diventate un´ossessione. Il quarto provino davanti agli osservatori
dell´Inter e del Parma è andato male e lui chiede spaventato: «Mi ci
portate in Italia, vero?».
La Repubblica
Valter Polo