Sono stati gli ex compagni del Mondiale di Spagna ‘82 a portare in spalla questa mattina il feretro di Paolo Rossi nel Duomo di Vicenza. In testa Marco Tardelli e Antonio Cabrini, poi il materano Franco Selvaggi, Giancarlo Antognoni, Fulvio Collovati, Alessandro Altobelli e Franco Causio, Lele Oriali, Beppe Dossena, Daniele Massaro, Beppe Bergomi, Franco Baresi e Giovanni Galli. Con loro anche il figlio di Paolo Rossi, Alessandro.
Dopo l’omaggio di migliaia di persone che sono sfilate nella camera ardente allo stadio Menti, nel Duomo di Vicenza, in cui sono potute entrare solamente 300 persone per le norme anticovid, è arrivato il giorno dell’ultimo saluto al campione prematuramente scomparso all’età di 64 anni, a seguito di una terribile malattia che lo ha colpito 5 mesi fa. Preenti oltre ai parenti e i compagni di squadra dell’Italia che conquistò in Spagna il titol mondiale, tra gli altri, il sindaco di Vicenza Francesco Rucco e Roberto Baggio.
Il saluto dei vicentini “Pablito, Pablito” e tanti applausi alla fine dei funerali di Paolo Rossi, quando il figlio Alessandro e i campioni del mondo di Spagna 1982 hanno portato la bara all’esterno del Duomo Santa Maria Annunciata di Vicenza.
Sulla bara di Paolo Rossi è stata posata anche la maglia azzurra: nel Duomo di Vicenza anche gli stendardi della Juventus e del Vicenza, le sue ex squadre. In apertura delle esequie sono intervenuti Matteo Martini, il giornalista Fabio Guadagnini e l’amico di sempre Luigi Pelaggi.
”Paolo ha vissuto la malattia con il garbo e la discrezione di sempre. La sua grandezza è stata di essere un fuoriclasse, ma mai un personaggio. Ora ti allenarsi nella Coverciano del cielo” ha detto don Pierangelo Ruaro, delegato dal vescovo, nell’omelia durante il funerale di Paolo Rossi. E ha raccontato Paolo come cristiano. “In una recente intervista diceva ‘appartengo ad una generazione per la quale i valori cristiani erano importanti’. È stato chierichetto. Ha iniziato a giocare nella squadra messa su del prete della parrocchia. Una settimana in seminario gli è bastata a fargli capire che quella non era la sua strada. Non sono un bigotto e credo fermamente che siamo di passaggio su questa terra, per preparare una vita futura. La sua fede era fatta di quotidianità, di gentilezza, rispetto, semplicità ed umiltà”. L’omelia si è conclusa con una citazione di una canzone di Renato Zero: “Benedici Signore attori, musicisti, fantasisti e il popolo del circo. Tutta questa gente che comunica felicità attiva, positiva e generosa”. E ha concluso il sacerdote: “Dentro questo elenco mettiamo anche te, Paolo, grazie per aver fatto sognare tanta gente e insegnato a vivere. E a te, Signore di avercelo donato”.
“Non ho perso solo un compagno di squadra, ma un amico e un fratello. Insieme abbiamo combattuto, vinto e a volte perso, sempre rialzandoci anche davanti alle delusioni. Siamo stati parte di un gruppo, quel gruppo, il nostro gruppo. Non pensavo ti saresti allontanato così presto, ma che avremmo camminato ancora tanto insieme”. E’ il saluto di Antonio Cabrini a Pablito prima dell’inizio dei funerali dell’ex compagno di nazionale e della Juve. “Già mi manchi, le tue parole di conforto, le tue battute e i tuoi stupidi scherzi. Le tue improvvisate e il tuo sorriso. Mi manca proprio tutto di te, oggi voglio ringraziarti perché se sono quello che sono lo devo anche al meraviglioso amico che sei stato. Io non ti lascerò mai, ma tu stai vicino a tutti noi, come io starò vicino a Federica e ai tuoi figli. Ma tu resta vicino a me”.
Federica Cappelletti, la moglie di Paolo Rossi, ha parlato al termine dei funerali: ”Pensavano fino a qualche giorno fa di andare avanti insieme, anche per le nostre figlie. In questi giorni abbiamo ricevuto attestati di affetto incredibili, commoventi. Mi auguro che Paolo possa aver visto tutto questo affetto. Era una persona semplice, generosa e per questo ho ritenuto opportuno aprire il mio dolore per raccontare la sua grandezza e i suoi sentimenti. Paolo era della gente, di tutti, ed è giusto che venga ricordato per la sua grandezza ma anche in questa fase di sofferenza. Io sono quello che lui ha creato, mi ha insegnato tanto ad avere coraggio e ad affrontare anche i problemi sempre con il sorriso”.
Al termine dei funerali la salma di Paolo Rossi sarà cremata per poi essere riportata a Bucine, in provincia di Arezzo, dove in Val d’Ambra riposerà vicino alla moglie e alle figlie.
Biografia di Paolo Rossi, l’eroe di Spagna 1982 e il ricordo del materano Franco Selvaggi
Nato a Prato il 23 settembre del 1956, Rossi conquistò il titolo di capocannoniere in quell’indimenticabile Mundial con l’Italia guidata da Enzo Bearzot. La punta azzurra entrò nell’immaginario collettivo con la memorabile tripletta al Brasile, con la doppietta in semifinale alla Polonia e il gol che aprì le marcature nella finalissima vinta contro la Germania Ovest.
Nello stesso anno Pablito vinse il Pallone d’oro, divenendo così il primo giocatore nella storia del calcio a vincere Mondiale, titolo di capocannoniere e il prestigioso premio individuale nello stesso anno: un record eguagliato solamente da Ronaldo il Fenomeno nel 2002.
Con la Juventus di Giovanni Trapattoni negli anni ’80 ha vinto due scudetti, una Coppa Italia, una Coppa delle coppe, una Supercoppa europea e la Coppa dei campioni nel 1985. Nella sua carriera ha militato anche nel Como, nel Vicenza, nel Perugia, nel Milan e nel Verona.
Al termine della carriera di calciatore, fu a lungo opinionista per Mediaset, Sky e Rai. Lascia la moglie Federica e i suoi tre figli Sofia Elena, Maria Vittoria e Alessandro.
L’ex calciatore Franco Selvaggi, oggi capo-delegazione dell’Italia under 16, il materano che ha condiviso con Paolo Rossi il successo ai campionati del mondo di Spagna 1982, raggiunto al telefono, ricorda così il suo amico Paolo Rossi: “Sono sconvolto, è morto il nostro alfiere, un fratello, era il simbolo di quella vittoria ai campionati del mondo del 1982. Ma al di là del calcio è morto un amico fraterno, sono veramente distrutto, così all’improvviso non me l’aspettavo”.
Michele Capolupo